Compenso avvocati: la cassazione stop ai protocolli al ribasso (Riccardo Radi)

La Cassazione civile sezione 2 con l’ordinanza numero 26347 depositata il 29 settembre 2025 torna ad occuparsi dei protocolli al ribasso “promossi da gruppi di magistrati, avvocati (quest’ultimi spesso colpiti dalla sindrome di essere più realisti del re, l’inciso non è della cassazione) e di funzionari amministrativi” che in conformità alla loro natura, non hanno efficacia vincolante, ma persuasiva.

In ogni caso essi non possono incidere nella determinazione legislativa dei minimi nei compensi professionali.

La Suprema Corte richiama i precedenti sul punto, cassazione civile sezione 6 164/2022 e cassazione civile sezione 2 ordinanza 29184/2023 che ha chiaramente enunciato: “Quanto ai protocolli stipulati presso molte sedi giudiziarie, essi hanno acquisito un rilievo spiccato negli ultimi decenni, quali forme di autoregolamentazione di prassi condivise.

Essi sono generalmente promossi da gruppi di magistrati, avvocati e di funzionari amministrativi che si assumono l’impegno di cooperare per migliorare l’amministrazione della giustizia in un determinato ambito territoriale.

Accanto alla responsabilità imputabile individualmente, sulla base delle norme che definiscono i loro ruoli professionali nell’organizzazione giudiziaria e nel processo, questi gruppi si fanno liberamente carico di una responsabi lità ulteriore, imputabile collettivamente alle persone che con la loro attività, secondo le proprie competenze, incidono sulla amministra zione della giustizia.

Tuttavia, i protocolli, in conformità alla loro natura, non hanno efficacia vincolante, ma persuasiva. In ogni caso essi non possono incidere nella determinazione legislativa dei minimi nei compensi professionali (a prescindere dal fatto che, nel caso di specie, si rivela debole l’interpretazione che il provvedimento impugnato ha dato alle citate disposizioni del protocollo)”.

Il provvedimento urta contro il d.m. n. 55/2014, sotto il profilo del disconoscimento delle fasi in cui l’attività defensionale si è effettiva mente sviluppata (le quali sono quelle ex art. 12 d.m. cit.: studio, introduzione, istruzione e decisione), nonché sotto il profilo della corrispondente remunerazione ex art. 13 dello stesso d.m. («se […] so pravvengono cause estintive del reato […], sono liquidati i compensi maturati per l’opera svolta fino alla […] pronunzia della causa estintiva»).

Tale disciplina è sicura espressione dei valori costituzionali dell’effettività retributiva dell’attività lavorativa (artt. 4, 35 e 36 Cost.).

Ricordiamo che anche la Cassazione penale sezione 4 con la sentenza numero 25568 depositata l’11 luglio 2025 ha sottolineato che le intese stipulate tra tribunali e Consigli dell’ordine degli avvocati, non hanno titolo ad introdurre, a livello locale, regole con effetto derogatorio rispetto alle disposizioni del codice di rito: Protocolli COA, Camere penali con Tribunali sono carta straccia: la cassazione ha ricordato che non si possono derogare le disposizioni del codice di rito (Riccardo Radi) – TERZULTIMA FERMATA