Veste del dichiarante: la sua qualificazione spetta al giudice sulla base di una verifica sostanziale (Vincenzo Giglio)

Cassazione penale, Sez. 2^, sentenza n. 18993/2025, 13 febbraio/21 maggio 2025, ha ritenuto, nel solco delle Sezioni unite Mills del 2010, ha ritenuto che, in tema di prova dichiarativa, allorché venga in rilievo la veste che può assumere il dichiarante, spetta al giudice il potere di verificare in termini sostanziali, e quindi al di là del riscontro di indici formali, come l’eventuale già intervenuta iscrizione nominativa nel registro delle notizie di reato, l’attribuibilità allo stesso della qualità di indagato nel momento in cui le dichiarazioni stesse vengano rese, e il relativo accertamento si sottrae, se congruamente motivato, al sindacato di legittimità.

Deve osservarsi come, nel corso del giudizio di merito, non sia stato in alcun modo provato che la parte offesa fosse mai stata sottoposta ad indagine per il reato in materia di stupefacenti ipotizzato dal ricorrente né che potesse — al di là della mancata iscrizione – concretamente ipotizzarsi a carico della stessa l’assunzione della qualità di imputato di reato connesso o collegato, sicché la persona offesa del reato per cui si procede nel presente processo non poteva che assumere la veste di testimone puro (v., in argomento, Sez. U, n. 15208 del 25/02/2010, Mills, Rv. 246584 — 01, la quale ha statuito che, in tema di prova dichiarativa, allorché venga in rilievo la veste che può assumere il dichiarante, spetta al giudice il potere di verificare in termini sostanziali, e quindi al di là del riscontro di indici formali, come l’eventuale già intervenuta iscrizione nominativa nel registro delle notizie di reato, l’attribuibilità allo stesso della qualità di indagato nel momento in cui le dichiarazioni stesse vengano rese, e il relativo accertamento si sottrae, se congruamente motivato, al sindacato di legittimità; v., successivamente nello stesso senso, Sez. 2, n. 51840 del 16/10/2013, Rv. 258069; Sez. 2, n. 8402 del 17/02/2016, Rv. 267729; peraltro, con tesi più restrittiva, v., Sez. 5, n. 24300 del 19/03/2015, Rv. 263908 e Sez. 5, n. 29357 del 22/03/2019, Rv. 276856, secondo cui, a differenza del PM, il giudice non può attribuire ad alcuno, di propria iniziativa, la qualità di imputato o di persona sottoposta ad indagini, dovendo solo verificare che essa non sia già stata formalmente assunta, sussistendo in tal caso l’incompatibilità con l’ufficio di testimone: pertanto, il riferimento alla posizione sostanziale del dichiarante non esaurisce la verifica dei presupposti di applicabilità dell’art. 63 cod. proc. pen., verifica che si estende alla necessità della successiva formale instaurazione del procedimento a suo carico).