È faticoso lavorare in Cassazione: udienze con ruoli stracarichi, pochissimo tempo per lo studio, camere di consiglio sovraffollate.
In una condizione così esasperata l’errore è sempre dietro l’angolo.
Se poi i ruoli sono ulteriormente appesantiti, se lo studio diventa solo una vaga aspirazione, se le camere di consiglio sono solo un posto di scambio di appunti frettolosi e pensieri smozzicati, ecco allora che l’errore è davanti l’angolo, non più soltanto dietro.
Nel senso che può capitare, e quindi capita, che all’errore conclamato, la cui esistenza sia già stata riconosciuta e la cui riparazione sia già stata programmata, segua un altro errore cui segue la necessità di un nuovo riconoscimento e di una nuova riparazione, mentre sullo sfondo si agita la speranza che la catena infernale non si spinga più oltre.
Un esempio di questa condizione traumatica ci è offerto da Cassazione penale, Sez. 2^, ordinanza n. 47536/2024, udienza del 19 dicembre 2024 (allegata a fine post in versione anonimizzata).
Se ne riporta comunque qui di seguito il testo integrale, anche in questo caso anonimizzato, per poi aggiungere poche note conclusive.
ORDINANZA
per la correzione dell’errore materiale contenuto nel dispositivo trascritto sul ruolo dell’udienza del 05/11/2024 relativo al procedimento R.G.N. xxxxx/2024
visti gli atti; udita la relazione svolta dal Consigliere xxx;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
L’odierna procedura camerale, ai sensi dell’art. 130 cod. proc. pen., è stata disposta d’ufficio perché il dispositivo trascritto sul ruolo dell’udienza del 05/11/2024 relativo al procedimento R.G.N. xxxxx/2024, nel correggere l’errore materiale (per omissione) che era contenuto nel dispositivo trascritto sul ruolo dell’udienza del 23/10/2024 in relazione al ricorso R.G.N. xxxxx/2024 proposto da SM e da BD, per un ulteriore errore materiale, anziché statuire, come si sarebbe dovuto fare, che in quest’ultimo dispositivo si prevedesse la correzione dell’impugnata sentenza della Corte d’appello di Roma anche nel senso che, dove era scritto «Revoca le pene accessorie applicate a SM» si dovesse leggere «Revoca le pene accessorie applicate a BD», ha operato la correzione come se la frase da correggere fosse contenuta non nel dispositivo della sentenza della Corte d’appello di Roma ma nel dispositivo (da integrare) della Corte di cassazione.
Considerato che ciò appare frutto di un mero errore materiale e che, pertanto, occorre procedere alla correzione dello stesso errore, contenuto nel ruolo di udienza relativo al procedimento, disponendo l’indicata correzione nel dispositivo della Corte d’appello di Roma.
P.Q.M.
Dispone la correzione dell’errore materiale contenuto nel dispositivo trascritto sul ruolo dell’udienza del 05/11/2024 relativo al procedimento R.G.N. xxxxx/2024 nel senso che, dove è scritto, «nel senso che, ove è scritto “revoca le pene accessorie applicate a SM” deve leggersi “revoca le pene accessorie applicate a BD”», deve leggersi: «nel senso che, dopo le parole “sostituendolo con il nominativo BD”, siano inserite le parole: “Corregge, altresì, il dispositivo della sentenza impugnata nel senso che, ove è scritto: “Revoca le pene accessorie applicate a SM” deve leggersi: “Revoca le pene accessorie applicate a BD”».
Manda alla Cancelleria per le annotazioni sugli originali.
Note di chiusura
Cerchiamo di capire un po’ meglio e per farlo dobbiamo partire dall’inizio.
In epoca imprecisata una Corte territoriale commette un errore nel dispositivo di una sentenza, disponendo la revoca di pene accessorie a favore di un imputato diverso da quello cui spettava.
Il 23 ottobre 2024 un collegio della Suprema Corte si riunisce in camera di consiglio e, deciso il ricorso contro la suddetta sentenza, ne trascrive il dispositivo sul ruolo di udienza ma commette un errore: corregge malamente il dispositivo della sentenza impugnata, prevedendo la revoca delle pene accessorie in favore del ricorrente sbagliato e ignorando il ricorrente giusto, cioè quello cui spettava la revoca stessa.
Il 5 novembre 2024 si tiene una nuova camera di consiglio finalizzata alla correzione dell’errore commesso in quella precedente. Sfortunatamente, le cose vanno male e si materializza un nuovo errore: la correzione viene disposta come se si trattasse di emendare un errore nel dispositivo della propria precedente camera di consiglio e non invece, come sarebbe stato appropriato, l’errore commesso dalla Corte territoriale nel provvedimento impugnato.
Il 19 dicembre 2024 si tiene la terza camera di consiglio e, almeno così pare, la vicenda si conclude senza necessità di ulteriori interventi.
Desta tuttavia qualche preoccupazione la formulazione letterale del dispositivo.
Ne riportiamo la parte basica: “Dispone la correzione dell’errore materiale contenuto nel dispositivo trascritto […] nel senso che, dove è scritto, «nel senso che, ove è scritto […] deve leggersi […]», deve leggersi: «nel senso che […], dopo le parole […] nel senso che, ove è scritto […] deve leggersi […]». Manda alla Cancelleria per le annotazioni sugli originali“.
Il collegio, come è sua prerogativa, manda alla cancelleria.
Ma, è questa la domanda, la cancelleria dove manderà il collegio?
