Quando un tribunale del riesame riesamina davvero: la sconfessione totale dei provvedimenti cautelari del GIP nell’inchiesta milanese sulla gestione dell’urbanistica comunale (Vincenzo Giglio)

Si apprendono dalla stampa di oggi alcuni passaggi della motivazione con la quale il Tribunale del riesame di Milano ha giustificato l’annullamento per difetto dei gravi indizi di colpevolezza del provvedimento cautelare emesso nei confronti dell’architetto Alessandro Scandurra nell’ambito dell’inchiesta sulla gestione dell’Ufficio Urbanistica del Comune di Milano (a questo link per l’articolo di Luigi Ferrarella sul Corriere della Sera, edizione di oggi, dal quale sono tratti tutti i riferimenti testuali citati di seguito, evidenziati tra virgolette).

Contrariamente alle abitudini di questo blog, il nome dell’indagato coinvolto sarà lasciato in chiaro data l’ampia diffusione della vicenda giudiziaria milanese e dei nomi delle persone che vi sono state coinvolte e la conseguente inutilità dell’anonimizzazione.

Il collegio di garanzia non pecca certo di reticenza e non indora la pillola.

È svilente la semplificazione argomentativa” della tesi secondo la quale “sarebbe sufficiente l’esistenza di un pagamento e lo svolgimento della funzione pubblica in presunto conflitto di interessi per poter ritenere sussistente un accordo corruttivo”. 

Non si comprende sulla scorta di quali evidenze il gip abbia ritenuto che gli incarichi di progettazione siano stati affidati a Scandurra in ragione della sua funzione pubblica” – quella di componente della Commissione Paesaggio del Comune di Milano – “e non dell’attività di libero professionista. A diverse conclusioni potrebbe giungersi laddove fosse stato dimostrato il patto corruttivo con Catella, ma ciò non è avvenuto”.

emerge in definitiva un quadro fattuale confuso” “che non permette di apprezzare se Scandurra avesse concretamente polarizzato attorno a sé una cerchia di imprenditori risoluti a pagarlo per ottenere l’aggiudicazione di pareri favorevoli dalla Commissione per il Paesaggio”.

Il TDR sconfessa anche la proposizione della fattura di 22.000 € ritenuta falsa dal GIP: non è affatto falsa ma riferita all’attività svolta da Scandurra per Coima, per l’importo esattamente concordato”.

Dunque, se queste sono le evidenze, non vi è alcuna prova del patto corruttivo. Scandurra ha partecipato alla “decisiva” seduta del 5.10.2023 della Commissione Paesaggio prima che il rapporto con Coima fosse formalizzato e in aderenza a quella che era la nuova disciplina del conflitto di interessi”.

Alle stesse conclusioni perviene riguardo alla contestazione di falso in relazione – scrive Ferrarella – alle dichiarazioni delle qualità personali da parte dei professionisti che, nominati in Commissione Paesaggio del Comune di Milano, non si astenevano quando esaminavano progetti di costruttori con i quali avessero rapporti patrimoniali.

Il Regolamento Edilizio Comunale non può essere sminuito nella sua portata applicativa” ed è vero che “la disciplina del conflitto di interessi fosse connotata da indubbi profili di lacunosità e ambiguità a riprova della non immediatezza della portata precettiva della regolamentazione: circostanza del tutto trascurata dal gip che, anziché affrontare il tema con argomentazioni più ficcanti, ha biasimato gli indagati accusandoli di volersi “trincerare” dietro il Regolamento Edilizio. Ma se davvero fosse stato tutto così chiaro e lineare, perché l’intervento modificatore del 29.5.2023?”.

Comunque sia “non si evince da alcuna delle evidenze investigative che Scandurra fosse consapevole di un dovere di astensione di portata più ampia rispetto a quello previsto dal Regolamento Edilizio del Comune”.

C’è poi un rilievo di fondo che il Tribunale del riesame muove al GIP: quello di avere “omesso di considerare le risultanze probatorie nella loro dimensione dinamica, riproponendole acriticamente e connotandole di autoevidenza come dimostrano le chiose finali, comuni a tutti gli indagati ed ai rispettivi capi di incolpazione”.

Argomentazioni così demolitorie non potevano portare che all’annullamento per assenza dei gravi indizi di colpevolezza e così è stato.

Fin qui il provvedimento del TDR.

Non compete a chi scrive, né gli è possibile, esprimere alcuna opinione sulla qualità delle argomentazioni del Tribunale di Milano, né di per se stesse considerate né nel confronto con le tesi accusatorie e con quelle del GIP.

Un fatto è certo tuttavia.

Il collegio di garanzia ha annullato tutti e sei i provvedimenti cautelari emessi.

Si è dunque al momento in presenza di una sconfessione radicale della loro legittimità, che sia per difetto delle esigenze cautelari o dei gravi indizi di colpevolezza.

E si può quindi affermare, sempre e solo al momento, che un organo di garanzia ha agito davvero da garante ed ha stigmatizzato con fermezza e senza mezzi termini le manchevolezze dei provvedimenti impugnati.

Bisogna quindi compiacersi, sempre e solo al momento, perché è successo qualcosa che non sempre accade e proprio Milano ha nella sua storia giudiziaria i più eclatanti e duraturi esempi di violazione dello standard come si è visto nella stagione di Mani Pulite.

Viene spontaneo un pensiero: se i giudici delle indagini preliminari fossero sempre determinati e capaci di agire in autonomia rispetto alle proposizioni accusatorie, comprese quelle provenienti dalle Procure più potenti e coese e mediaticamente presenti del Paese, se i collegi del riesame scrutassero sempre con attenzione e cura maniacale gli argomenti (o, come talvolta capita, l’assenza di argomenti) delle ordinanze cautelari così che ogni istante si senta sicuro che le sue obiezioni verranno tenute nel debito conto e accolte o respinte con piena consapevolezza, si discuterebbe oggi nel nostro Paese di separazione delle carriere?

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