Imputazioni di tortura nel carcere di Foggia: all’udienza preliminare l’assenza dei Garanti conferma il totale disinteresse istituzionale (Vito Daniele Cimiotta)

Oggi, durante l’udienza preliminare del processo per le ipotizzate torture che sarebbero avvenute nel carcere di Foggia, si è consumata l’ennesima, clamorosa dimostrazione di ciò che molti già sospettavano: il Garante nazionale e quello regionale per i detenuti hanno scelto di non partecipare. Non si sono costituiti parte civile, non si sono presentati in aula. Un silenzio eloquente che conferma un dato tristemente noto, ma sempre difficile da accettare: l’assoluto e sconcertante disinteresse delle istituzioni per le condizioni del sistema carcerario.

L’udienza, un momento cruciale in cui la giustizia tenta di fare luce su accuse gravissime di torture, violenze fisiche e morali ai danni di persone private della libertà, avrebbe dovuto vedere la partecipazione attiva di chi, per mandato istituzionale, dovrebbe vegliare sulla tutela dei diritti dei detenuti. Invece, i garanti hanno garantito solo la loro assenza, offrendo al pubblico e alle vittime un’amara conferma di quanto lontane e distanti siano le istituzioni da questo dramma umano.

Questa latitanza non è un dettaglio da poco, ma un segnale di un problema strutturale: un disinteresse istituzionale che non può più essere ignorato.

Di fronte a un processo che potrebbe segnare una svolta nella lotta alle violenze carcerarie, chi dovrebbe vigilare ha preferito il silenzio, quasi a voler dire che il carcere è un territorio da lasciare fuori dai radar.

L’ironia di questa situazione non sfugge a nessuno: coloro che dovrebbero essere i custodi dei diritti umani all’interno delle mura carcerarie hanno scelto di scomparire proprio nel momento in cui quei diritti venivano messi drammaticamente in discussione. È come se, in un incendio, i vigili del fuoco decidessero di non intervenire perché “non è il loro turno”.

Questa assenza pesa enormemente, soprattutto perché rende ancora più evidente la distanza siderale tra la realtà vissuta dai detenuti e l’indifferenza delle istituzioni che dovrebbero proteggerli.

Il carcere, già luogo di sofferenza e privazione, si conferma così come un mondo a parte, dove la tutela dei diritti rimane spesso una promessa non mantenuta.

Oggi, con questa udienza preliminare, il processo di Foggia continua, portando alla luce verità scomode che le istituzioni sembrano voler ignorare. Resta il dovere di chi guarda da fuori di non lasciar cadere nel vuoto questo segnale di latitanza, di insensibilità e di disinteresse. Perché se le istituzioni si sottraggono, chi deve davvero proteggere i diritti umani?

Il rammarico è tanto e l’ironia amara: i Garanti, invece di garantire diritti e giustizia, hanno garantito soltanto la loro scomparsa, lasciando soli i detenuti e la società intera a confrontarsi con una realtà difficile da accettare.