WhatsApp in Tribunale: l’effimero che diventa definitivo (Margherita Kosa)

Basta un Whatsapp per…

Il Tribunale di Catanzaro (provvedimento n. 1620/2025) ha riconosciuto valore legale a un accordo a latere tra coniugi stipulato… via WhatsApp.

Lui si accollava il mutuo, lei rinunciava al mantenimento. Lo screenshot ha avuto la stessa forza di un contratto, fino a rovesciare un decreto ingiuntivo.
Non è un caso isolato:

• già nel 2019 il Tribunale di Gorizia aveva ammesso i messaggi come prova;
• la Cassazione aveva aperto agli MMS come elemento probatorio;
• oggi persino un licenziamento via chat può essere considerato valido.
Il vero punto non è più tecnico-giuridico, ma culturale: la solennità e la formalità sono evaporate.

Il messaggio effimero diventa titolo esecutivo, il like o il cuore rosso rischiano di valere come consenso.

Siamo entrati nell’epoca in cui tutto ciò che scriviamo può essere usato in giudizio.

E allora, da avvocato, il consiglio resta semplice (e gratuito):

Nel dubbio, meglio a voce… e con i telefoni in un’altra stanza.”

Tra l’altro come segnala Paolo Dal Checco (consulente informatico forense) si deve considerare “che nella mia attività di perizia informatica forense mi sono spesso imbattuto chat (ma anche email, pdf, etc…) create artificiosamente e dall’altra parte disconosciute, immagino che nel caso in questione (provvedimento del tribunale di Catanzaro) sia stata prodotta una copia forense dalla parte che ha fatto valere a suo favore la prova digitale

La riflessione di Margherita Kosa prende spunto dall’articolo di Ester Viola pubblicato da “Il Foglio” del 6 settembre 2025