L’art. 581, comma 1, lettera a), cod. proc. pen., include tra gli elementi da inserire a pena di inammissibilità negli atti di impugnazione i capi o i punti della decisione cui è riferita l’impugnazione medesima.
È utile allora avere piena consapevolezza del significato che la giurisprudenza di legittimità attribuisce ai due termini.
Vengono in soccorso i chiarimenti offerti dalle Sezioni unite penali con la sentenza n. 3423/2021, udienza del 29 ottobre 2020.
Nell’occasione l’organo nomofilattico fu chiamato a pronunciarsi su questioni attinenti al cosiddetto giudicato progressivo e ravvisò la necessità di definire alcuni concetti di base, come si vedrà immediatamente di seguito.
Nozione di parti della sentenza
Occorre allora, innanzitutto, chiarire, sulla scorta dell’indicata elaborazione giurisprudenziale, la portata dell’espressione “parti” della sentenza contenuta nell’art. 624 cod. proc. pen. e se con la stessa il legislatore abbia inteso riferirsi esclusivamente ai capi ovvero anche ai punti della sentenza.
Distinzione tra capi e punti della sentenza
Al riguardo, è opportuno richiamare la distinzione tra capo e punto della sentenza così come è stata messa a fuoco da Sez. U, n. 1 del 19/01/2000, Tuzzolino, Rv. 216239 (e poi valorizzata anche da Sez. U, n. 10251 del 17/10/2006, dep. 2007, Michaeler, Rv. 235700).
La nozione di capo della sentenza «è riferita soprattutto alla sentenza plurima o cumulativa, caratterizzata dalla confluenza nell’unico processo dell’esercizio di più azioni penali e dalla costituzione di una pluralità di rapporti processuali, ciascuno dei quali inerisce ad una singola imputazione, sicché per capo deve intendersi ciascuna decisione emessa relativamente ad uno dei reati attribuiti all’imputato».
Il concetto di punto della decisione, invece, ha una portata più ristretta, riguardando «tutte le statuizioni suscettibili di autonoma considerazione necessarie per ottenere una decisione completa su un capo, tenendo presente, però, che non costituiscono punti del provvedimento impugnato le argomentazioni svolte a sostegno di ciascuna statuizione».
Pertanto, «se ciascun capo è concretato da ogni singolo reato oggetto di imputazione, i punti della decisione, ai quali fa espresso riferimento l’art. 597, comma 1, cod. proc. pen., coincidono con le parti della sentenza relative alle statuizioni indispensabili per il giudizio su ciascun reato e dunque, in primo luogo, all’accertamento della responsabilità ed alla determinazione della pena, che rappresentano, appunto, due distinti punti della sentenza». Di conseguenza, «ad ogni capo corrisponde una pluralità di punti della decisione, ognuno dei quali segna un passaggio obbligato per la completa definizione di ciascuna imputazione, sulla quale il potere giurisdizionale del giudice non può considerarsi esaurito se non quando siano stati decisi tutti i punti, che costituiscono i presupposti della pronuncia finale su ogni reato, quali l’accertamento del fatto, l’attribuzione di esso all’imputato, la qualificazione giuridica, l’inesistenza di cause di giustificazione, la colpevolezza, e – nel caso di condanna – l’accertamento delle circostanze aggravanti ed attenuanti e la relativa comparazione, la determinazione della pena, la sospensione condizionale di essa, e le altre eventuali questioni dedotte dalle parti o rilevabili di ufficio».
Sez. U, Tuzzolino ha poi chiarito che il giudicato progressivo – così come delineato dal consolidato indirizzo delle Sezioni unite subito di seguito esaminato – va tenuto distinto dalla preclusione correlata al mero effetto devolutivo delle impugnazioni e al principio della disponibilità del processo nella fase delle impugnazioni stesse. In caso di condanna, dunque, la mancata impugnazione della ritenuta responsabilità dell’imputato fa sorgere la preclusione su tale punto, ma non basta a far acquistare alla relativa statuizione l’autorità di cosa giudicata, quando per quello stesso capo l’impugnante abbia devoluto al giudice l’indagine riguardante la sussistenza di circostanze e la quantificazione della pena; pertanto, l’eventuale causa di estinzione del reato deve essere rilevata finché il giudizio non sia esaurito integralmente in ordine al capo di sentenza concernente la definizione del reato al quale la causa stessa si riferisce.
La sentenza Tuzzolino sottolinea che tale conclusione non confligge con gli ulteriori approdi delle Sezioni unite secondo cui, in caso di annullamento parziale ex art. 624 cod. proc. pen., il giudicato formatosi sull’accertamento del reato e della responsabilità dell’imputato rende definitive tali parti della sentenza, con la conseguenza che il giudice di rinvio, investito della decisione sulla determinazione della pena, non può applicare le cause estintive del reato sopravvenute alla pronuncia di annullamento. Invero, il principio di diritto “centrale” nella definizione degli effetti del giudicato progressivo rinviene la propria ratio nella specialità della forza precettiva dell’art. 624, comma 1, cod. proc. pen., che riconosce l’autorità del giudicato sia ai capi che ai punti della sentenza, ma non rappresenta l’espressione di un principio applicabile al di fuori della specifica situazione dell’annullamento parziale, dato che la disposizione detta una regolamentazione particolare, attinente unicamente ai limiti obiettivi del giudizio di rinvio e, dunque, è legata indissolubilmente alle peculiari connotazioni delle sentenze della Corte di cassazione e alla intrinseca irrevocabilità connaturata alle statuizioni dell’organo posto al vertice del sistema delle impugnazioni, onde è da escludere che la disposizione stessa possa essere utilmente richiamata per sovvertire i principi generali desumibili dalle linee fondanti dell’ordinamento processuale relativo alle impugnazioni penali.
Si deve, dunque, a Sez. U, Tuzzolino la puntuale individuazione del discrimen tra giudicato progressivo o parziale e preclusione, correlata al mero effetto devolutivo delle impugnazioni e al principio della disponibilità del processo nella fase delle impugnazioni stesse.
In tale contesto, il tenore letterale dell’art. 624 cod. proc. pen. e la sua interpretazione logico-sistematica rendono evidente che la nozione di “parti” della sentenza non coincide con quella di capo e che la formazione del giudicato parziale ha ad oggetto anche i punti afferenti ad un capo. È questo uno dei profili salienti dell’elaborazione delle Sezioni unite in tema di giudicato progressivo.
