Cassazione penale, Sez. 2^, sentenza n. 26168/2025, 13 giugno/17 luglio 2025, ribadisce l’orientamento interpretativo di legittimità per il quale, premessa l’esistenza di un canone generale di “pregiudizio effettivo”, individuato come ragione ultima della disciplina delle nullità e, al tempo stesso, limite capace di perimetrarne i confini applicativi, ai fini del riconoscimento di una nullità non è sufficiente che sia stato posto in essere un atto non conforme al tipo, ma è necessario valutare se la violazione abbia effettivamente compromesso le garanzie che l’ipotesi di invalidità era destinata a presidiare.
Provvedimento impugnato
Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di appello ha confermato quella del Tribunale con la quale GP era stato condannato per due episodi di tentata estorsione aggravata posti in essere, in concorso con altri imputati non ricorrenti, nei confronti di VB.
Ricorso per cassazione
Il difensore dell’imputato ha proposto ricorso per cassazione, deducendo tra l’atro la nullità della sentenza ex art. 178, comma 1, lett. c), 179 e 185 cod. proc. pen., per l’omessa notifica, all’imputato, dell’ordinanza dibattimentale con la quale era stato disposto il trasferimento della sede del processo (da B. a M.).
La Corte di appello avrebbe errato nel ritenere che la notifica all’imputato non fosse dovuta e comunque che l’eccezione difensiva fosse tardiva perché non sollevata nell’udienza successiva a quella nella quale si era verificata la nullità in quanto, a parere della difesa, la natura del vizio dovuto all’omessa notifica del provvedimento che disponeva il trasferimento della sede del processo, all’imputato personalmente, integrava una nullità assoluta, non suscettibile di sanatoria.
Decisione della Suprema Corte
Il motivo è manifestamente infondato.
La Corte di appello, in merito all’eccezione difensiva riguardante l’omessa notifica all’imputato personalmente del provvedimento dibattimentale con il quale si disponeva il trasferimento della sede processuale, ha rigettato l’eccezione rimarcando, da un canto, che l’ordinanza era stata notificata, per l’imputato, al difensore fiduciario tramite PEC sicchè essa non poteva essere equiparata alla notifica del tutto omessa ed integrare un vizio di nullità assoluta, ma doveva ritenersi un vizio integrante una nullità a regime intermedio che in quanto non tempestivamente dedotta, doveva intendersi sanata.
Ha rilevato altresì la Corte di merito che, in concreto, il ricorrente non aveva lamentato alcuna lesione delle prerogative difensive.
La Corte di appello con tale decisione si è uniformata al principio più volte espresso dalla giurisprudenza di legittimità (cfr. Sez. U., n. 119 del 27/10/2004, Rv. 229541; Sez. 5, n. 48916 del 1/10/2018, Rv. 274183; Sez. 5, n. 27546 del 03/04/2023, Rv. 284810; Sez. 6, n. 1742 del 22/10/2013, Rv. 258131; Sez. 6, n. 42755 del 24/09/2014, Rv. 260434) secondo cui la nullità assoluta e insanabile prevista dall’art.179 cod. proc. pen. ricorre soltanto nel caso in cui la notificazione della citazione sia stata omessa o quando, essendo stata eseguita in forme diverse da quelle prescritte, risulti in concreto inidonea a determinare la conoscenza effettiva dell’atto da parte dell’imputato.
Qualora, dunque, il ricorso non indichi specificamente le ragioni di tale inidoneità assoluta in concreto della notifica irrituale a determinare la conoscenza effettiva del giudizio, ed in mancanza di elementi dai quali il collegio possa giungere autonomamente a tale conclusione, deve ritenersi la genericità della deduzione del vizio relativo alla sussistenza di un’ipotesi di nullità assoluta.
La decisione della Corte di appello è quindi corretta non avendo il ricorrente, nemmeno in questa sede, nulla argomentato sul perché la notifica sia stata in concreto inidonea a determinare la conoscenza effettiva dell’atto da parte sua, pur essendo stata diretta al difensore di fiducia, il quale ha presenziato all’udienza nella diversa sede indicata – come risulta dagli atti processuali – e, al darsi atto dell’assenza dell’imputato, nulla ha eccepito al riguardo. Tali conclusioni convergono anche nella logica di fondo che permea la decisione delle Sezioni unite Palumbo e la giurisprudenza di legittimità successiva dei massimo collegio nomofilattico.
Invero, declinando un orientamento che si muove sotto l’egida di un canone generale di “pregiudizio effettivo”, individuato come ragione ultima della disciplina delle nullità e, al tempo stesso, limite capace di perimetrarne i confini applicativi, la giurisprudenza di legittimità ricorre, ai fini di verificare l’esistenza effettiva di un error in procedendo, all’applicazione del principio di offensività processuale, secondo cui, perché sussista la nullità, non è sufficiente che sia stato posto in essere un atto non conforme al tipo, ma è necessario valutare se la violazione abbia effettivamente compromesso le garanzie che l’ipotesi di invalidità era destinata a presidiare (cfr. Sezioni unite, n. 7697 del 24/11/2016, Rv. 269027), oltre alla citata sentenza Sez. U, n. 119 del 2005, Palumbo (che, a sua volta, si ispira a Sez. U, n.17179 del 27/2/2002, Rv. 221403 ed a Sez. U, n. 35358 del 9/7/2003, Rv. 225361), e tra queste anche le sentenze Sez. U, n. 10251 del 17/10/2006, Rv. 235697; Sez. U, n. 19602 del 27/03/2008, Rv. 239396, Sez. U, n. 155 del 29/09/2011, Rv. 251497).
Tali pronunce pongono una linea interpretativa valida anche al confronto con la scelta del massimo collegio nomofilattico di perseguire l’obiettivo di assicurare la conoscenza effettiva degli atti e della stessa esistenza del processo da parte dell’imputato, effettuata con le sentenze Sez. U, n. 23948 del 28/11/2019, Rv. 279420 e Sez. U, n. 28912 del 28/2/2019, Rv. 275716; sentenze che leggono in un’ottica sostanzialistica la disciplina formale della regolare vocatio in iudicium.
Conclusivamente, quindi, la giurisprudenza di legittimità consente di ritenere che notifiche simili a quella effettuata nei confronti dell’odierno ricorrente, lungi dal poter essere ritenute inesistenti o assolutamente inidonee tout court – e quindi equiparabili ad una notificazione “omessa” – devono, piuttosto, reputarsi idonee a determinare la conoscenza dell’atto da parte dell’imputato, a meno che non vengano specificamente dedotte ragioni di inidoneità concrete.
Note di commento
Lo sviluppo argomentativo della decisione annotata, e delle altre che l’hanno preceduta e legittimata, può essere così riassunto:
- il pregiudizio effettivo è un canone generale ed insieme la ragione ultima della disciplina delle nullità;
- la sua adozione risponde all’esigenza di disporre di una prospettiva meno formalistica e più moderna;
- la sua applicazione concreta presuppone che l’atto processuale nullo non abbia dato luogo ad un danno misurabile e non abbia aggredito il nucleo essenziale della garanzia a presidio della quale è posta la sanzione della nullità;
- le forme processuali sono sì un valore ma solo in quanto funzionali alla celebrazione di un giusto processo;
- esiste un principio contrapposto, altrettanto generale, (ma, evidentemente, cedevole rispetto al primo) per il quale non occorre, di fronte ad un atto nullo, l’esistenza di un concreto pregiudizio all’interesse protetto, considerato che tale pregiudizio deve considerarsi immanente nella circostanza pura e semplice che lo schema legale non si sia realizzato.
…Un po’ di casistica
Chiarita la teoria, è utile adesso verificare che uso pratico se ne è fatto, citando pochi casi pratici scelti tra i tanti, che vanno ad aggiungersi a quello trattato con la decisione qui annotata.
…Omessa considerazione del legittimo impedimento del difensore
Cassazione penale, Sez. 1^, sentenza n. 12224/2022, udienza dell’8 febbraio 2022, ha dichiarato inammissibile il ricorso nell’interesse di un imputato il cui difensore aveva presentato un’istanza di differimento per legittimo impedimento dovuto ad un concomitante impegno professionale, senza che il giudice gli rispondesse.
Il collegio decidente ha rilevato che “l’impedimento del difensore, quand’anche esistente in astratto (o in precedenza), è risultato solo virtuale e del tutto privo di alcun effettivo pregiudizio sulla difesa dell’imputata, sicché nessuna nullità processuale può farsi discendere, nel caso di specie, dalla omessa pronuncia del giudice sull’istanza di differimento, trattandosi di istanza, in concreto, superata dalla successiva e conclusiva scelta del difensore di partecipare all’udienza da rinviare anziché a quella concomitante“.
Cassazione penale, Sez. 2^, sentenza n. 26027/2022, udienza del 23 giugno 2022, ha dichiarato anch’essa inammissibile un ricorso presentato per ragioni analoghe, sostenendo tra le varie argomentazioni che “nel corso dell’udienza istruttoria cui la difesa non ha presenziato, in ragione dei concomitanti impegni professionali, è stato solo escusso un teste, la cui deposizione non è stata ritenuta affatto rilevante ai fini del decidere, né il ricorrente deduce con i motivi di ricorso le ragioni della stimata rilevanza di tale testimonianza. Alcun vulnus è dunque in concreto dedotto quanto ad attività defensionale esperibile nel corso di tale udienza istruttoria”.
…Omessa traduzione di atti per l’imputato straniero che non parla la lingua italiana
Cassazione penale, Sez. 5^, sentenza n. 20610/2021, udienza del 9 marzo 2021, ha ricordato che “Un orientamento presente nella giurisprudenza di legittimità conferisce rilievo alla censura di mancata traduzione di atti processuali in una lingua comprensibile all’imputato alloglotta solo quando vi siano state concrete lesioni del diritto di difesa di quest’ultimo (per un’ipotesi, cfr. Sez. 5, n. 57740 del 06/11/2017, Rv. 271860; Sez. 2, n. 31643 del 16/3/2017, Rv. 270605).
Riecheggia, in tali opzioni, un’ottica di valorizzazione del “pregiudizio effettivo” nella valutazione di talune nullità, autorevolmente già affermata da alcune pronunce delle Sezioni Unite (cfr. Sez. U, n. 119 del 27/10/2005, dep. 2005, Palumbo, in motivazione; Sez. U, n. 7697 del 24/11/2016, dep. 2017, in motivazione).
E proprio nella ricerca di una effettiva e concreta lesione del diritto di difesa derivata dall’omessa traduzione di un provvedimento, si è, altresì, indicata l’esclusiva legittimazione dell’imputato alloglotta che non comprenda la lingua italiana, e non del suo difensore, ad eccepire la violazione dell’obbligo di traduzione della sentenza previsto dall’art. 143 cod. proc. pen., ricollegandola all’esercizio del suo autonomo potere di impugnazione ex art. 571 del codice di rito (Sez. 2, n. 32057 del 21/6/2017, Rv. 270327).
Orbene, proprio in linea con tale ermeneusi, il Collegio intende ribadire un approdo recente che, in considerazione dell’eliminazione del potere autonomo e personale dell’imputato di impugnare i provvedimenti giurisdizionali mediante ricorso per cassazione, ha affermato che, in tema di traduzione degli atti, in mancanza di elementi specifici indicativi di un pregiudizio in ordine alla completa esplicazione del diritto di difesa, l’omessa traduzione della sentenza di appello in lingua nota all’imputato alloglotta non integra di per sé causa di nullità della stessa, atteso che, dopo la modifica dell’art. 613 cod. proc. pen., ad opera della legge 23 giugno 2017, n. 103, l’imputato non ha più facoltà di proporre personalmente ricorso per cassazione (Sez. 5, n. 15056 del 11/3/2019, Rv. 275103; Sez. 5, n. 32878 del 5/2/2019, Rv. 277111).
Nel caso del ricorrente, non è stato dedotto quale sarebbe stata la specifica lesione del diritto di difesa, certamente a lui garantito, subita in seguito alla mancata traduzione della sentenza d’appello, tanto più che il difensore di fiducia lo ha assistito anche nel giudizio d’appello, tutelando con carattere di continuità la sua posizione giuridica di imputato, anche attraverso la successiva proposizione tempestiva del ricorso in cassazione”.
…Considerazioni finali
La casistica citata, sebbene più che sintetica, dà comunque l’idea degli effetti concreti del canone del pregiudizio effettivo: collegi di legittimità che disquisiscono sul peso in chiave difensiva della mancanza del difensore di fiducia in un’udienza istruttoria, che pretendono la dimostrazione del danno prodotto dalla mancata traduzione della sentenza di appello, che qualificano come “minima distonia” la notifica dell’avviso a comparire per l’udienza preliminare presso un domicilio diverso da quello eletto.
Questa varia fenomenologia evidenzia una tendenza doppiamente aberrante: segue a un principio generale di pura creazione giurisprudenziale e attenta gravemente alla disciplina legislativa degli effetti delle nullità (art. 185 cod. proc. pen.) negando rilievo al pregiudizio in re ipsa presupposto da ognuna di esse.
Il giudice si fa legislatore e, per farlo, ignora la legislazione formale: il mondo al contrario, verrebbe da dire.
