L’avvocato che si oppone all’archiviazione richiesta dal pm e chiede l’imputazione coatta del proprio assistito (Redazione)

Alle volte accadono cose difficilmente spiegabili.

Nel caso esaminato dal Consiglio Nazionale Forense un avvocato si è premurato di “contrastare” la richiesta di archiviazione avanzata da un pubblico ministero, depositando una memoria ove “si opponeva alla richiesta di archiviazione esprimendo l’opinione per la quale il giudice ex art. 409 c.p.p. avrebbe dovuto “imporre la imputazione coattiva” non potendo essere accolta la richiesta dell’accusa”.

Si legge nella sentenza (allegata al post) che ha confermato la sospensione per mesi 2 che il P.M. aveva richiesto l’emissione di un provvedimento di archiviazione, a cui la difesa, nell’interesse del proprio assistito, avrebbe dovuto fare acquiescenza e non certamente, come accaduto, sollecitare poteri riservati al G.i.p. per una “imposizione coatta” in contrasto con l’interesse immediato del cliente

Il CNF sottolinea che ai fini del pieno espletamento dei relativi effetti, il mandato di difensore d’ufficio non abbisogna di alcuna conferma, peraltro insita nella mancata trasformazione dell’incarico in fiduciario, ovvero nella mancata comunicazione di nomina di altro difensore di fiducia.

In mancanza di tali atti, pertanto, il difensore è comunque soggetto a tutti gli obblighi gravanti su di esso in ragione della sua funzione, ivi compreso quello di lealtà e correttezza e fedeltà al mandato e, in particolare, di comunicare al cliente le iniziative difensive maturate, specie quando queste, contrastando con un interesse immediato del cliente, seppure per lui più garantiste, potrebbero, in linea teorica, contenere un potenziale elemento di danno da individuarsi anche in un prolungamento dei tempi di definizione.


Il difensore – sia esso d’ufficio o di fiducia – laddove abbia cognizione della responsabilità del proprio cliente e, pertanto, si renda conto della infondatezza delle richieste “assolutorie” provenienti dall’accusa, non è tenuto, se tanto sia di nocumento al proprio cliente, ad opporsi a queste, e, qualora non si senta in condizione di avallare una richiesta infondata, non ha altra alternativa che rinunziare al mandato, astenendosi invece dal compiere attività contrarie all’interesse del proprio cliente.

Nella specie il P.M. aveva richiesto l’emissione di un provvedimento di archiviazione, a cui la difesa, nell’interesse del proprio assistito, avrebbe dovuto fare acquiescenza e non certamente, come accaduto, sollecitare poteri riservati al G.i.p. per una “imposizione coatta” in contrasto con l’interesse immediato del cliente.

Consiglio Nazionale Forense (pres. ALPA, rel. MORLINO), sentenza del 18 ottobre 2011, n. 165