La Cassazione penale sezione 4 con la sentenza numero 29480/2025 ha esaminato la questione relativa alla modifica (riqualificazione), in sede di discussione, del capo di imputazione e della mancata concessione di un termine a difesa ex articolo 519 comma 2 cpp
Fatto:
L’imputato ha dedotto che l’originario capo di imputazione (facente riferimento al reato previsto dall’art.590-bis cod.pen., aggravato ai sensi dell’art.590-ter cod.pen.), sarebbe stato oggetto di irrituale modifica da parte del p.m. in sede di discussione finale; con la conseguenza che la condanna per i diversi reati previsti dall’art.590 cod.pen. e dall’art.189, comma 7, C.d.s. avrebbe determinato un vizio di nullità della sentenza, in riferimento all’art.522 cod.pen., derivante dalla mancata correlazione con l’originario capo di imputazione.
Il tutto in complessiva violazione delle prerogative dell’imputato, impossibilitato a chiedere un termine a difesa.
Decisione:
La Cassazione premette che in ordine alla relativa problematica, le Sezioni Unite hanno affermato in più occasioni il principio in base al quale, in relazione al rispetto del combinato disposto degli artt. 521 e 522 cod.proc.pen., per aversi mutamento del fatto occorre una trasformazione radicale, nei suoi elementi essenziali, della fattispecie concreta nella quale si riassume la ipotesi astratta prevista dalla legge, cosicché si pervenga ad una incertezza sull’oggetto della imputazione da cui scaturisca, un reale pregiudizio dei diritti della difesa; conseguendone che l’indagine non va esaurita nel mero e pedissequo confronto puramente letterale tra contestazione e sentenza perché, vertendosi in materia di garanzie e di difesa, la violazione è del tutto insussistente quando l’imputato, attraverso l’iter del processo, sia venuto a trovarsi nella condizione concreta di difendersi in ordine all’oggetto della imputazione (Sez. U, n. 16 del 19/06/1996, Di Francesco, Rv. 205619; Sez. U, n. 36551 del 15/07/2010, Carelli, Rv. 248051).
Specificamente, sulla base di argomentazioni speculari, la Suprema Corte ha ritenuto violato il principio di correlazione – in materia di addebiti colposi, come quelli contestati nel caso di specie – solo nel caso di radicale mutamento, negli _ aspetti costitutivi essenziali, delle condotte contestate e delle regole cautelari che si ritengono violate, produttivo di un’incertezza sull’oggetto dell’imputazione da cui scaturisca un reale pregiudizio dei diritti della difesa (Sez. 4, n. 18366 del 17/01/2024, T., Rv. 286379).
Peraltro, nel caso in esame, non vi è stata una modifica dei termini fattuali dell’originaria imputazione da parte del giudice adito bensì soltanto una richiesta da parte del p.m. d’udienza, al termine della discussione e in sede di repliche, di riqualificazione dei fatti ascritti sotto la specie dell’art.590 cod.pen. e dell’art.189 C.d.s.; riqualificazione, incidentalmente, determinata dalla sopravvenuta modifica dell’art.590-bis cod.pen. intervenuta per effetto della I. 23 marzo 2016, n.41 e dall’inapplicabilità, in ordine alla condotta di fuga tenuta dopo l’incidente, dell’art.590-ter cod.pen., in quanto riferita alle sole ipotesi di lesioni gravi o gravissime di cui all’attuale testo dell’art.590-bis cod.pen..
Infatti, deve rilevarsi che il pubblico ministero d’udienza non ha effettuato alcuna immutazione in punto di elementi fattuali dell’imputazione, limitandosi a una mera riqualificazione del medesimo fatto sotto la specie di diverse fattispecie astratte.
D’altra parte, dalla lettura del verbale si evince che la difesa aveva rinunciato a ulteriori “repliche”; mentre, quanto alla mancata concessione del termine a difesa da parte del giudice, prevista dallo stesso art.519 cod.proc.pen., la giurisprudenza della Suprema Corte ha comunque chiarito che si verte in un ambito di nullità a regime intermedio che, in quanto tale, deve essere dedotta dal difensore presente prima di ogni altra difesa e, conseguentemente, da ritenersi sanata dall’omessa eccezione al momento della modifica del capo di imputazione ai sensi dell’art.182 cod.proc.pen. (Sez. 3, n. 16848 del 03/02/2010, Cucumazzo, Rv. 246975; cfr. anche Sez. 4, n. 33869 del 28/10/2020, Trombetta, Rv. 279947).
In conclusione, deve ritenersi che non si sia perfezionata alcuna lesione dei diritti di difesa suscettibili di essere posti alla base di ricorso per cassazione.
