La Cassazione penale sezione 6 con la sentenza numero 29475/2025 ha esaminato la questione relativa alla configurabilità della fattispecie aggravata della c.d. “violenza assistita”.
E’ necessario che gli atti di violenza posti in essere alla presenza del minore rivestano il carattere dell’abitualità, o è sufficiente che egli assista ad uno dei fatti che si inseriscono nella condotta costituente reato?
La Suprema Corte ha premesso che la circostanza aggravante di cui all’art. 572, comma secondo, cod. pen., inizialmente prevista con riferimento alla condotta commessa in danno di persona minore degli anni quattordici, è stata abrogata dal d.l. 14 agosto 2013, n. 93, convertito con modificazioni dalla legge 15 ottobre 2013, n. 119 (art. 1, comma 1-bis) che, contestualmente, ha introdotto la circostanza aggravante comune di cui al n. 11-quinquíes dell’art. 61 cod. pen. con riferimento alla condotta commessa in presenza o in danno di un minore degli anni diciotto (ovvero di persona in stato di gravidanza) in relazione ai delitti non colposi contro la vita e l’incolumità individuale, contro la libertà personale ed al delitto di cui all’art. 572 cod. pen.
La legge 19 luglio 2019, n. 69 (in vigore dal 9 agosto 2019) ha nuovamente introdotto al secondo comma dell’art. 572 cod. pen. la previsione di una circostanza aggravante, non più comune, ma ad effetto speciale, ampliando le ipotesi previste dal testo originario della norma, abrogato nel 2013. La norma, infatti, prevede l’aumento della pena fino alla metà se il fatto è commesso in presenza o in danno di persona minore, di persona in stato di gravidanza o di persona con disabilità.
Con la medesima legge è stato, inoltre, espunto dall’art. 61, n.11-quinquies, cod. pen. il riferimento all’art. 572 cod. pen., cosicché dall’entrata in vigore della legge n. 69 del 2019, allorché la condotta di maltrattamenti sia stata commessa in presenza o in danno di un minore, l’unica circostanza applicabile è quella prevista dal secondo comma dell’art. 572.
La Cassazione pronunciandosi in relazione all’aggravante comune di cui all’art. 61, n. 11-quinquies, cod. pen., ha già affermato che ai fini della sua configurabilità, non è necessario che gli atti di violenza posti in essere alla presenza del minore rivestano il carattere dell’abitualità, essendo sufficiente che egli assista ad uno dei fatti che si inseriscono nella condotta costituente reato (Sez. 6, n. 8323 del 09/02/2021, G., Rv. 281051; Sez. 6, n. 2003 del 25/10/2018, dep. 2019, Z., Rv. 274924). Si è, infatti, distinto tra la struttura abituale della fattispecie incriminatrice e la struttura della circostanza aggravante per la cui sussistenza si è ritenuto sufficiente che anche una sola condotta sia stata commessa in presenza del minore.
Tale principio è stato sostanzialmente ribadito anche in relazione all’aggravante ad effetto speciale prevista dall’art. 572, comma secondo, cod. pen. (Sez. 6, n. 21998 del 05/05/2023, G., Rv. 285118; Sez. 6, n. 19832 del 06/04/2022, S., Rv. 283162).
Una recente pronuncia, discostandosi da tale soluzione, ha, invece, affermato che, ai fini della configurabilità della fattispecie aggravata della c.d. “violenza assistita”, è necessario che il numero, la qualità e la ricorrenza degli episodi cui questi assiste siano tali da lasciare inferire il rischio della compromissione del suo normale sviluppo psico-fisico (Sez. 6, n. 47121 del 05/10/2023, M., Rv. 285479). La Corte è pervenuta a tale soluzione sulla base di una interpretazione strutturale della fattispecie aggravata quale reato di pericolo astratto, in quanto fondata sull’elevata probabilità di produzione del danno in ragione della semplice realizzazione della condotta tipica, ovvero i maltrattamenti, alla presenza del minore (così discostandosi da altro indirizzo espresso da Sez. 6, n. 21087 del 10/05/2022, C., Rv. 283271 – 02 e da Sez. 6, n. 27901 del 22/09/2020, S., Rv. 279620 che ha, invece, ritenuto necessaria la verifica della concreta idoneità delle condotte ad incidere sull’equilibrio psicofisico del minore).
In particolare, la Suprema Corte, affrontando il tema relativo alla soglia minima di condotte rilevante ai fini della configurabilità dei «maltrattamenti assistiti», ha ritenuto necessario, sul piano della offensività in concreto e, dunque, della “tipicità” della condotta, che il minore, qualunque ne sia l’età, abbia presenziato ad un numero di episodi che, per la loro gravità (non dovendo peraltro consistere nell’uso della violenza fisica) e per la loro ricorrenza nel tempo (abitualità), possano compromettere il sano sviluppo psico-fisico.
Nel caso esaminato la cassazione ha ritenuto di aderire a tale secondo indirizzo ermeneutico, non potendosi ritenere sufficiente, per le ragioni sopra indicate, ai fini dell’integrazione della circostanza aggravante in esame, che il minore assista ad una sola condotta.
La Corte d’appello si è correttamente conformata al principio di diritto sopra richiamato motivando puntualmente in ordine al fatto che, dalle dichiarazioni del fratello dell’imputato, emergeva, pacificamente che i minori avevano assistito all’inizio di plurime discussioni tra lui e l’imputato e, in alcune circostanze, avevano sentito lo zio urlare e inveire nei suoi confronti, subendo in quei casi uno stato di shock psicologico.
Nessuna rilevanza può essere attribuita al fatto che non è stata espressamente indicata la data nella quale i minori avrebbero assistito a tali episodi: il reato risulta, infatti, essersi perfezionato successivamente all’entrata in vigore della l. 69/2019 e la difesa non ha dedotto alcun elemento a sostegno del fatto che gli episodi di violenza assistita si siano verificati in data antecedente
