Cassazione penale, Sez. 2^, sentenza n. 27147/2025, 6 giugno/24 luglio 2025, ha ribadito che nel giudizio abbreviato le dichiarazioni spontanee rese alla polizia giudiziaria dalla persona sottoposta a indagini nell’immediatezza dei fatti sono pienamente utilizzabili purché siano verbalizzate in un atto sottoscritto dal dichiarante, onde consentire al giudicante di verificarne i contenuti ed evitare possibili abusi, o anche solo involontari malintesi, da parte dell’autorità di polizia.
Provvedimento impugnato
Con sentenza del 24 ottobre 2024 la Corte d’appello confermava la sentenza nella parte in cui il GUP del Tribunale, ad esito del giudizio abbreviato, aveva dichiarato AE colpevole del reato di riciclaggio; in parziale riforma della decisione di primo grado, la Corte territoriale, riconosciute le attenuanti generiche equivalenti alla recidiva, rideterminava la pena e dichiarava non doversi procedere per il delitto ex artt. 477 e 490 cod. pen. in quanto estinto per prescrizione.
Ricorso per cassazione
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, a mezzo del proprio difensore di fiducia.
Deduce violazione di legge con riferimento alla ritenuta utilizzabilità delle spontanee dichiarazioni rese dal ricorrente alla polizia giudiziaria nell’immediatezza del fatto.
Dette dichiarazioni, in realtà, non furono spontanee, essendo state trasfuse in un “verbale di sommarie informazioni” ex art. 351 cod. proc. pen.; AE, indiziato di avere commesso un reato, avrebbe dovuto essere ascoltato sin dall’inizio quale persona sottoposta alle indagini, con la conseguente inutilizzabilità patologica delle sue dichiarazioni, ai sensi dell’art. 63, comma 2, del codice di rito.
Decisione della Suprema Corte
Secondo l’orientamento giurisprudenziale più recente, condiviso dal collegio, in tema di giudizio abbreviato le dichiarazioni spontanee rese alla polizia giudiziaria dalla persona sottoposta a indagini nell’immediatezza dei fatti sono pienamente utilizzabili purché siano verbalizzate in un atto sottoscritto dal dichiarante, onde consentire al giudicante di verificarne i contenuti ed evitare possibili abusi, o anche solo involontari malintesi, da parte dell’autorità di polizia (Sez. 2, n. 41705 del 28/06/2023, Rv. 285110 – 01; Sez. 6, n. 10685 del 19/01/2023, Rv. 284466 – 02; Sez. 1, n. 37676 del 03/05/2022, Rv. 283740 – 01; Sez. 6, n. 14843 del 17/02/2021, Rv. 280860 – 01).
La difesa, mentre nell’atto di appello aveva censurato la “utilizzabilità delle spontanee dichiarazioni rese dall’imputato” nell’immediatezza del fatto ex art. 350, comma 7, cod. proc. pen., nel ricorso non ha contestato la correttezza del suddetto principio, richiamato dalla Corte territoriale, ma ha sostenuto che in realtà le dichiarazioni del ricorrente furono “trasfuse in un ‘verbale di sommarie informazioni’ ex art. 351 c.p.p.” e che gli operanti, “aperto un verbale di sommarie informazioni”, avevano “quindi formulato domande alle quali la persona sentita era tenuta a rispondere”.
Premesso che, avuto riguardo alle questioni di natura processuale, la Corte di cassazione è giudice anche del fatto e che, per risolvere la relativa questione, può accedere all’esame diretto degli atti processuali (cfr. Sez. U, n. 42792 del 31/10/2001, Policastro, Rv. 220092 – 01, nonché, più di recente, Sez. U, n. 24591 del 16/07/2020, Filardo, non mass. sul punto), si osserva che la circostanza dedotta nel ricorso (per la prima volta e senza allegazione dell’atto) è smentita dall’allegato n. 4 alla informativa di reato del 20 novembre 2015, costituito dal “verbale di spontanee dichiarazioni rese da AE” il giorno precedente, atto dallo stesso sottoscritto, nel quale egli “spontaneamente riferisce” esattamente quanto riportato nella nota a pagina tre della sentenza impugnata.
Il ricorso deve essere pertanto dichiarato inammissibile.
