La Cassazione penale sezione Feriale con la sentenza numero 42739/2025 ha ricordato che all’interno della giurisprudenza di legittimità si è affermato un orientamento, secondo cui in tema di ricusazione, l’avviso dell’udienza camerale necessaria per la deliberazione sul merito, secondo il disposto degli art. 41 comma terzo e 127, c.p.p., non deve essere notificato agli imputati diversi da quello che abbia proposto l’istanza, posto che la ricusazione è un atto personalissimo e che l’eventuale riconoscimento della fondatezza della domanda non implica effetti nei confronti dei coimputati che non l’abbiano proposta (cfr., ex plurimis, Sez. 6, n. 36339 del 08/07/2003, Rv. 228417).
Del pari sottolineamo l’orientamento di segno opposto, che sembra, allo stato, prevalere, alla luce del quale le parti processuali, che pure non hanno proposto dichiarazione di ricusazione, hanno diritto di intervenire alla relativa udienza camerale di discussione, fissata per iniziativa di altra parte, perché hanno comunque interesse alla verifica, in effettivo contraddittorio, della condizione di imparzialità e di effettiva terzietà del giudice ricusato (cfr., ex plurimis, Sez. 1, n. 8212 del 20/01/2010, Rv. 246625).
A tale ultimo orientamento si richiama un più recente arresto, della Quarta Sezione Penale della Cassazione, chiamata a decidere in ordine al ricorso presentato dalle parti civili avverso il provvedimento della Corte di Appello di Bari con cui venne accolta la richiesta di ricusazione del Tribunale di Trani, avanzata da altra parte processuale, deducendo, tra l’altro, l’omessa vocatio in iudicium nel procedimento camerale di ricusazione delle parti civili costituite nel processo.
Osservava sul punto il giudice di legittimità “che le parti processuali, che non hanno proposto dichiarazione di ricusazione, hanno diritto di intervenire alla relativa udienza camerale di discussione, fissata per iniziativa di altra parte, perché hanno comunque interesse alla verifica, in effettivo contraddittorio, della condizione di imparzialità e di effettiva terzietà del giudice ricusato .
Tale conclusione risulta del resto lo sviluppo coerente del principio affermato in sede penale da Sez. U, n. 13626 del 16/12/2010 ud. – dep.05/04/2011, Rv. 249300 – 01, secondo cui, in tema di astensione (e ricusazione), le questioni sollevate da una parte, inerenti all’incompatibilità per precedenti funzioni svolte, hanno natura oggettiva e sono estensibili a tutti i coimputati, poiché le relative norme attuano i principi costituzionali di imparzialità e terzietà del giudice, a garanzia del giusto processo.
La ricusazione, pur nascendo da motivi ed iniziativa di una parte, si ripercuote sulle altre parti e sull’intero svolgimento del processo.
La natura personalissima della ricusazione, invero, è attributo della sua origine ed iniziativa, ma processualmente scolora e degrada, una volta esaurita la sua funzione propositiva, rispetto all’interesse alla verifica della dubitata imparzialità del giudice, argomento sul quale sarebbe invero anomalo e contrario al sistema precludere l’interlocuzione alle altre parti del processo, interessate all’imparzialità del giudice, valore di rango costituzionale.
Tale quadro sistematico risulta confermato dal rinvio, fatto dall’art. 41, c.p.p., alla procedura ex art. 127, c.p.p., che impone avviso e consente partecipazione a tutte le parti, senza alcuna specificazione limitativa, non potendo considerarsi tale quella di cui all’art. 41, comma 4 (che impone la notificazione del provvedimento “alle parti private”), posto che si tratta di opportuna chiarificazione dì un obbligo generale, in ovvia aggiunta alla previsione di comunicazione al giudice interessato ed al pubblico ministero” (cfr. Sez. 4, n. 49785 del 2019, Ricco, non massimata).
