Prova: l’attività di accertamento svolta dalla compagnia di assicurazione non può essere considerata investigazione difensiva preventiva (Riccardo Radi)

La Cassazione penale sezione 6 con la sentenza numero 25749/2025 ha ricordato, in tema di prova, che l’accertamento svolto dalla compagnia di assicurazione, prima che abbia inizio il procedimento penale, al fine di verificare la fondatezza della richiesta risarcitoria, non può essere considerato quale attività di investigazione difensiva preventiva, ai sensi dell’art. 391-novies cod. proc. pen., trattandosi di mero approfondimento tecnico teso alla ricostruzione della dinamica del sinistro denunciato, in fase di esecuzione del contratto assicurativo, sicché i suoi esiti sono utilizzabili nel procedimento penale, nonostante la mancata osservanza della disciplina prevista per lo svolgimento delle indagini difensive.

Nel caso esaminato, il ricorrente ha censurato la sentenza impugnata per avere ritenuto utilizzabili gli esiti degli accertamenti svolti da R.P., investigatore privato nominato dalla compagnia di assicurazione costituitasi parte civile, in violazione delle norme che regolamentano le attività dell’investigazione difensiva preventiva (art. 327-bis e 391-nonies cod. proc. pen.).

Si tratta di una censura che parte da un errore di sistema in quanto le attività compiute dalla compagnia assicuratrice, prima che abbia inizio il procedimento penale, non sono qualificabili investigazioni difensive preventive, ex art. 391-nonies cod. proc. pen., ma costituiscono un mero approfondimento tecnico, teso alla ricostruzione della dinamica del sinistro denunciato, ai fini delle determinazioni di cui all’art. 148 del Testo Unico delle Assicurazioni.

Tale attività accertativa, svoltasi necessariamente prima dell’iscrizione della notizia di reato e fuori dal perimetro processuale penale, attiene al rapporto contrattuale assicurativo tra parti private e, dunque, esclude che quanto avviene in quella sede imponga modalità garantite o il consenso degli interessati.

Costituisce consolidato orientamento della Suprema Corte che l’attività di accertamento svolta dalla compagnia di assicurazione non può essere considerata investigazione difensiva preventiva, ai sensi dell’art. 391-nonies cod. proc. pen., ma un’attività da collocare nell’ambito dell’esecuzione del rapporto assicurativo, antecedente all’iscrizione della notizia di reato (Sez. 2, n. 4152 del 25/10/2019, P 3 dep. 2020, Nunziata, Rv. 278003; Sez. 2, n. 13110 dell’8/01/2019 Ghisalberti, Rv. 275286).

Nel caso in esame, come risulta dagli atti, la società assicuratrice non ha esercitato la facoltà, prevista dall’ordinamento, di rivolgersi direttamente ad un investigatore privato, nominato ai sensi dell’art. 327-bis, cod. proc. pen., al fine di verificare la fondatezza della falsità o meno della denuncia di furto sporta da G.Z., cosicché il tema dell’inutilizzabilità processuale posto dal ricorso è destituito di fondamento.

Sul punto la Corte territoriale, pur avendo ritenuto, come dovuto, utilizzabili ai fini della decisione gli esiti degli accertamenti svolti dall’investigatore privato nominato dalla compagnia di assicurazione, incaricato di analizzare la dinamica del sinistro denunciato per valutare la fondatezza della richiesta risarcitoria, li ha erroneamente inquadrati nell’ambito delle “indagini difensive” (pag. 4) sebbene siano sottratti a tale regime per assenza, nella specie e in concreto, dei relativi presupposti formali (Sez. 2, n. 53770 dell’ 8/06/2018, Capitale, non mass.).