Cass. pen., Sez. 4^, sentenza n. 20953/2023, 3/17 maggio 2023, delinea il panorama giurisprudenziale riguardo alla decadenza dalla prova testimoniale.
La sentenza mette in luce l’esistenza di tre differenti orientamenti.
Il primo, più rigoroso, secondo cui la mancata citazione dei testimoni già ammessi dal giudice comporta la decadenza della parte dalla prova, poiché il termine per la citazione dei testimoni è inserito in una sequenza procedimentale che non ammette ritardi o rinvii dovuti alla mera negligenza delle parti ed ha, pertanto, natura perentoria (Sez. 4^, n. 31541 del 13/10/2020, Rv. 279758; conformi Sez. 6^, n. 594 del 21/11/2017, dep. 2018, Rv. 271939; Sez. 5^, n. 20502 del 14/01/2019, Rv. 275529).
In altre pronunce, si è invece affermato che la mancata citazione dei teste per l’udienza non comporta la decadenza della parte richiedente dalla prova, salvo che quest’ultima sia superflua o la nuova autorizzazione alla citazione per un’udienza, in successiva comporti il ritardo della decisione (Sez. 4^, n. 48303 del 27/09/2017, Rv. 271143; conf. Sez. 2^, n. 21788 del 4/10/2018, dep. 2019, Rv. 275593; Sez. 3^, n. 13507 dei 18/2/2010, Rv. 246604).
Più recentemente, si è anche affermato che la mancata citazione dei teste per l’udienza non comporta l’automatica decadenza della parte richiedente dalla prova ma consente al giudice di valutare se, per la superfluità della testimonianza, il ritardo che comporterebbe per la decisione, debba dichiararsi la decadenza della parte dalla prova, ovvero differire l’audizione del teste già ammesso ad un’udienza successiva (Sez. 6^, n. 33163 del 03/11/2020, Rv. 279922 che, in applicazione del principio, ha ritenuto legittima la decisione del giudice di merito il quale non aveva revocato l’ordinanza ammissiva della prova dei testi del pubblico ministero, non citati, sui rilievo che gli stessi avrebbero potuto essere escussi all’udienza successiva, già fissata per il giorno seguente).
Orbene, anche a voler aderire a tale ultimo e meno rigoroso orientamento permane comunque in capo al giudice un potere di valutazione discrezionale in ordine alla non superfluità della prova rispetto al momento processuale in cui ci si trova.
