Cassazione penale, Sez. 4^, sentenza n. 32951/2024, udienza del 26 giugno 2024, ha chiarito il senso da attribuire all’espressione “disposizioni più favorevoli al reo” allorché si verifichi il fenomeno della successioni di leggi penali nel tempo.
Vicenda giudiziaria
Con la sentenza impugnata, la Corte territoriale ha confermato la pronuncia del giudice di primo grado del 27 ottobre 2022, che aveva condannato GDA alla pena di mesi due di arresto ed euro 3.500,00 di ammenda, oltre alla sanzione amministrativa della confisca dell’autovettura di cui all’imputazione, per il reato previsto dall’art. 116, comma 15, d.lgs. 30 aprile 1992, n.285.
Il Tribunale aveva esposto che il ricorrente era stato sottoposto a controllo alla data dell’11/01/2019, quando lo stesso si trovava a bordo quale conducente di una vettura. GDA era risultato essere sprovvisto della patente di guida, in quanto mai conseguita, e già era stato sanzionato per analoga contravvenzione il 3 settembre 2018, senza che tale contravvenzione fosse stata impugnata oppure estinta per intervenuta oblazione.
Il Tribunale aveva quindi ritenuto sussistente la penale responsabilità dell’imputato, attesa la recidiva nel biennio, non riconoscendo le attenuanti generiche, data la prognosi negativa sulla possibilità di recidiva.
La Corte di appello, preso atto che l’impugnazione era stata limitata al solo profilo sanzionatorio, ha rigettato l’impugnazione ritenendo corretta la quantificazione della pena.
Ricorso per cassazione
Il difensore di GDA ha presentato ricorso per cassazione, articolando due motivi di impugnazione.
Per ciò che qui interessa, ha denunciato violazione dell’art. 159, comma 1 n. 3, cod. pen., in ragione del fatto che era stata considerata una sospensione di giorni 119 della prescrizione per richiesta della difesa, mentre la sospensione non avrebbe potuto superare i sessanta giorni, con la conseguenza che il reato si era prescritto 1’11 marzo 2024 e che la Corte di appello non aveva dichiarato la prescrizione.
Decisione della Corte di cassazione
…Formazione progressiva del giudicato e principio devolutivo
La sentenza di primo grado è stata impugnata dal ricorrente solo quanto al trattamento sanzionatorio. Da ciò consegue che deve darsi attuazione al principio (Sez. 5, n. 29225 del 04/06/2018, Rv. 273370; Sez. 3, n. 43431 del 17/06/2014, Rv. 260976; Sez. 3, n. 2448 del 18/01/2000, Rv. 215419) secondo cui, attesa la distinzione che deve operarsi fra l’istituto del giudicato e quello della preclusione processuale legata al principio di devoluzione (di cui è principale espressione l’art. 597 c.p.p., comma 1), nel mentre deve riconoscersi il fenomeno della c.d. “formazione progressiva del giudicato” nel caso in cui si dia luogo ad annullamento parziale con rinvio della sentenza di condanna su punti diversi da quelli concernenti la responsabilità dell’imputato, deve invece escludersi che il suddetto fenomeno possa farsi derivare dal solo fatto che, proposta un’impugnazione, questa sia stata limitata unicamente a quei punti e non abbia quindi investito il giudizio di responsabilità.
Ne consegue che, verificandosi tale ipotesi, non possono non operare le eventuali cause di estinzione del reato riconosciute dal giudice dell’impugnazione, salvo che quest’ultima sia affetta da una causa originaria di inammissibilità.
Pertanto, il motivo attinente alla prescrizione, non operando alcuna preclusione in ipotesi di applicazione dell’art. 129 cod. proc. pen, deve essere esaminato.
Lo stesso è infondato.
…il reato non è prescritto
Non è maturata la prescrizione della contravvenzione per cui si procede, né prima della pronuncia impugnata, come preteso dal ricorrente, né dopo, per il decorso del tempo previsto successivamente alla pronuncia della sentenza di appello.
Ciò in ragione delle seguenti considerazioni, ripetutamente espresse da questa Sezione (vedi Sez. 4, del 28/06/2023 n. 39170; Sez.4. n. 24579 del 21 maggio 2024; Sez. 4 n. 24570 del 14 maggio 2024), nonché dalla Sez. 1 (Sez. 1. n. 23879 del 5 marzo 2024; Sez. 1.n. 23531 del 2 febbraio 2024).
…i diversi regimi normativi
Il reato per cui si procede è stato commesso l’11 gennaio 2019 (la sentenza di condanna di primo grado è datata 27 ottobre 2022) e, dunque, dopo l’entrata in vigore della legge 23 giugno 2017 n. 103, applicabile ai fatti commessi a decorrere dal 3 agosto 2017 (c.d. Legge Orlando). Tale Legge aveva modificato il previgente art. 159, comma 2, cod. proc. pen, e introdotto la sospensione del corso della prescrizione: a) dal termine previsto dall’art. 544 cod. proc. pen. per il deposito della sentenza di condanna di primo grado, sino alla pronuncia del dispositivo della sentenza che definisce il grado successivo per un tempo, comunque, non superiore a un anno e sei mesi; b) dal termine previsto dall’art. 544 cod. proc. pen. per il deposito della motivazione della sentenza di condanna di secondo grado, sino alla pronuncia del dispositivo della sentenza definitiva, per un tempo comunque non superiore a un anno e sei mesi.
L’art. 159, comma 2, cod. proc. pen., così come introdotto dalla Legge su indicata, era stato riformulato dall’art. 1, comma 1, lett. e) n. 1 della Legge 9 gennaio 2019 n. 3 (c.d. Legge Bonafede), che aveva introdotto, a decorrere dal 10 gennaio 2020, la previsione per cui il corso della prescrizione rimane sospeso dalla pronunzia della sentenza di primo grado, o dal decreto di condanna, fino alla data di esecutività della sentenza che definisce il giudizio o della irrevocabilità del decreto di condanna.
L’art. 159, comma 2, cod. pen. è stato, infine, definitivamente abrogato dall’art. 2, comma 1, lett. a) della legge 27 settembre 2021 n. 134, che ha contestualmente introdotto l’art. 161 bis cod. pen., a norma del quale il corso della prescrizione cessa definitivamente con la pronuncia della sentenza di primo grado. La stessa Legge ha introdotto, solo per i reati commessi a far data dal 10 gennaio 2020 (ai sensi dell’art.2 comma 3), all’art. 344 bis cod. proc. pen., l’improcedibilità dell’azione penale in caso di mancata definizione del giudizio di appello e di cassazione entro il termine, rispettivamente, di due anni e di un anno, decorrenti dal novantesimo giorno successivo alla scadenza del termine previsto dall’art. 544 cod. proc. pen. eventualmente prorogato ai sensi dell’art. 154 disp. att. cod. proc. pen., termini prorogabili con ordinanza nei casi previsti dall’art. 344 bis, comma 4, cod. proc. pen.
…non vi è stata successione di leggi tra Legge Orlando e Legge Bonafede
Con riferimento alla diversa disciplina della prescrizione dettata dalla Legge Orlando e dalla Legge Bonafede, non si è verificato il fenomeno della successione delle leggi penali nel tempo, regolamentato dall’art. 2 cod. pen., posto che le leggi che si sono succedute contengono la previsione della loro applicabilità ai reati commessi a decorrere da una certa data.
Con riferimento alla applicabilità dell’istituto della improcedibilità (istituto, peraltro, di carattere processuale), stata ritenuta manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 344 bis cod. proc. pen., introdotto dall’art. 2, comma 2, della Legge 27 settembre 2021, n. 134, per contrasto con gli artt. 3,25 e 111 Cost., nella parte in cui limita ai procedimenti relativi a reati commessi a far data dal primo gennaio 2020 l’improcedibilità delle impugnazioni per superamento del termine di durata massima del giudizio di legittimità: si è in tal senso ritenuto che la limitazione cronologica dell’applicazione di tale causa di improcedibilità, cui consegue la non punibilità ,delle condotte, sia frutto di una scelta discrezionale del legislatore, giustificata dalla diversità delle situazioni e risulti coerente con la riforma introdotta dalla Legge 9 gennaio 2019, n. 3, in materia di sospensione del termine di prescrizione nei giudizi di impugnazione, egualmente applicabile ai soli reati commessi a decorrere della suddetta data, essendo ragionevole la graduale introduzione dell’istituto per consentire un’adeguata organizzazione degli uffici giudiziari (Sez. 3, n. 1567 del 14/12/2021, dep. 2022, lana, Rv. 282408).
…vi è stata successione di leggi tra la Legge Orlando e le modifiche introdotte dalla riforma Cartabia
Un fenomeno di successioni di leggi penali nel tempo, regolato dall’art. 2, quarto comma, cod. pen., si è, invece, verificato con riferimento alla abrogazione da parte della Riforma Cartabia (art.2 comma 1 lett. a)) dell’art. 159, comma 2, cod. pen., così come introdotto dalla Legge Orlando, e alla speculare introduzione dell’art. 161 bis cod. pen. che fa cessare il corso della prescrizione definitivamente con la pronuncia della sentenza di primo grado.
…più favorevole la Legge Orlando
Più favorevole deve ritenersi la disciplina della Legge Orlando che, comunque, prevedeva, anche dopo la pronuncia della sentenza di primo grado e di grado di appello, il decorrere del termine di prescrizione, sia pure con periodi di sospensione.
…coesistenza di diversi regimi di prescrizione
Ne consegue la coesistenza di diversi regimi di prescrizione, applicabili in ragione della data del commesso reato e in particolare:
– per i reati commessi fino al 2 agosto 2017 si applica la disciplina della prescrizione dettata dagli artt. 157 e ss. cod. pen. così come riformulati dalla Legge 5 dicembre 2005 n. 251 (c.d. Legge ex Cirielli);
– per i reati commessi a far data dal 3 agosto 2017, fino al 31 dicembre 2020, si applica la disciplina della prescrizione come prevista dalla Legge 23 giugno 2017 n. 103 (c.d. Legge Orlando) con i periodi di sospensione previsti dall’art. 159, comma 2, cod. pen. nel testo introdotto da detta legge;
– per i reati commessi a far data dal 10 gennaio 2020 si applica in primo grado la disciplina della prescrizione come dettata dagli artt. 157 e ss. cod. proc. pen, senza conteggiare la sospensione della prescrizione di cui all’art. 159, comma 2, cod. pen., essendo stata tale norma abrogata dall’ art. 2, comma 1, lett. a) della legge 27 settembre 2021 n. 134 e sostituita con l’art. 161 bis cod. pen. (Riforma Cartabia), e nei gradi successivi la disciplina della improcedibilità, introdotta appunto da tale Legge.
Tale quadro ricostruttivo dell’avvicendarsi delle modifiche intervenute in materia di prescrizione del reato va qui ribadito, non potendo invece condividersi l’isolato precedente difforme costituito da Sez. 3 n. 8873 del 2 febbraio 2027 [sic], secondo il quale, in breve, per i reati commessi nella vigenza della legge Orlando, per effetto della abrogazione dell’art. 159, secondo comma, cod. pen. disposto dall’art. 2, comma 1, lett. a), della legge n. 124 del 2021, si verificherebbe la reviviscenza della disciplina sulla prescrizione della ex Cirielli.
Si tratta, secondo tale orientamento, di norma posteriore più favorevole e quindi applicabile a tutti i processi in corso per reati commessi dal 3 agosto 2017 al 31 dicembre 2019.
…tesi del collegio e confutazione di un indirizzo minoritario contrastante
Ritiene il collegio che, secondo i principi che si sono consolidati nel tempo, anche per effetto degli interventi della Corte costituzionale sul punto, vadano tenuti fermi i seguenti approdi:
a) il disposto dell’art. 2, quarto comma, del codice penale, secondo cui «se la legge del tempo in cui fu commesso il reato e le posteriori sono diverse, si applica quella le cui disposizioni sono più favorevoli al reo, salvo che sia stata pronunciata sentenza irrevocabile», impone la necessità, come da costante interpretazione della giurisprudenza costituzionale e di legittimità, di interpretare la locuzione «disposizioni più favorevoli al reo» nel senso di fare riferimento a tutte quelle norme che apportino modifiche in melius alla disciplina di una fattispecie criminosa, ivi comprese quelle che incidono sulla prescrizione del reato (sentenze Corte Cost. n. 393 del 2006; n. 455 e n. 85 del 1998; ordinanze n. 317 del 2000, n. 288 e n. 51 del 1999, n. 219 del 1997, n. 294 e n. 137 del 1996; sentenza n. 275 del 1990 e Sez. 1, 8 maggio 1998, n. 7442);
b) il regime giuridico riservato alla lex mitior, e segnatamente la sua retroattività, non riceve nell’ordinamento la tutela privilegiata di cui all’art. 25, secondo comma, della Costituzione, in quanto la garanzia costituzionale, prevista dalla citata disposizione, concerne soltanto il divieto di applicazione retroattiva della norma incriminatrice, nonché di quella altrimenti più sfavorevole per il reo;
c) da ciò discende che eventuali deroghe al principio di retroattività della lex mitior, ai sensi dell’art. 3 Cost., possono essere disposte dalla legge ordinaria quando ricorra una sufficiente ragione giustificativa;
d) ai fini dell’individuazione della normativa di favore per il reo, non si può procedere a una combinazione delle disposizioni più favorevoli della nuova legge con quelle più favorevoli della vecchia, in quanto ciò comporterebbe la creazione di una terza legge, diversa sia da quella abrogata, sia da quella in vigore, ma occorre applicare integralmente quella delle due che, nel suo complesso, risulti, in relazione alla vicenda concreta oggetto di giudizio, più vantaggiosa al reo (Sez. 3, n. 23274 del 10/02/2004, Rv. 228728 — 01; Sez. 4, n. 13207 del 27/01/2022, Rv. 282936 — 01);
e) la vicenda di successione rilevante è quella che si determina tra le norme esistenti al momento in cui la condotta è realizzata e quelle, successivamente emanate, che incidono sulla prescrizione dei reati, ove più favorevoli al reo, rispetto a quelle vigenti al momento della commissione del fatto; esula dal testo e dall’interpretazione consolidata dell’art. 2, comma quarto, cod. pen., la inclusione, ai fini della individuazione della lex mitior, delle eventuali disposizioni di legge vigenti precedentemente alla commissione del fatto ed ormai abrogate;
f) la tesi della reviviscenza di disposizioni oggetto di abrogazione (nel caso di specie referendaria, ma con evidente possibilità di estensione alla abrogazione legislativa) non è stata accolta dalla giurisprudenza costituzionale (Corte Cost. n. 13 del 2012), perché si fonda su una visione «stratificata» dell’ordine-giuridico, in cui le norme di ciascuno strato, pur quando abrogate, sarebbero da considerarsi quiescenti e sempre pronte a ridiventare vigenti. Ove fosse seguita tale tesi, l’abrogazione, non solo in questo casi, avrebbe come effetto il ritorno in vigore di disposizioni da tempo soppresse, con conseguenze imprevedibili per lo stesso legislatore e per le autorità chiamate a interpretare e applicare tali norme, con ricadute negative in termini di certezza del diritto (in senso analogo sentenza n. 422 del 1995);
g) in definitiva, la tesi difforme non può essere condivisa in quanto si pone in contrasto con il dato testuale contenuto nell’art. 2 cod. pen., che impone l’individuazione della lex mitior tra quella vigente al momento di commissione del reato e quella successiva, e con i principi generali in materia di effetti dell’abrogazione di leggi abrogative. Inoltre, l’orientamento qui criticato pare condizionato dalla lettura solo frammentaria dei contenuti della riforma cd. Cartabia, che ha accompagnato all’abrogazione dell’art. 159, secondo comma, cod. pen., l’introduzione dell’art. 161 bis cod. pen., in forza del quale la pronuncia della sentenza di primo grado, sia di condanna o di assoluzione, comporta, non la sospensione, ma la definitiva cessazione del corso della prescrizione.
La considerazione isolata dell’abrogazione del secondo comma dell’art. 159 cod.pen., oltre a condurre ad una forma di ‘”reviviscenza” delle fonti abrogate disallineata rispetto al quadro normativo di settore, ispirato al principio cronologico della successione in avanti delle leggi penali, con i noti divieti di retroattività, non pare coerente con il criterio di valutazione della lex mitior adottato dalla costante giurisprudenza di legittimità, che non consente valutazioni frammentarie delle discipline in successione temporale.
…Esito del ricorso
Il ricorso va dunque rigettato.
