Cassazione penale, Sez. 4^, sentenza n. 28157/2025, 11/31 luglio 2025, ha ricordato che, in sede di appello avverso la ordinanza di rigetto della richiesta di revoca – o sostituzione – di misura cautelare personale, il Tribunale deve verificare che l’ordinanza gravata sia giuridicamente corretta e adeguatamente motivata in ordine ad eventuali allegati nuovi fatti, preesistenti o sopravvenuti, idonei a modificare apprezzabilmente il quadro probatorio o a escludere la sussistenza di esigenze cautelari, ciò in ragione dell’effetto devolutivo dell’impugnazione e della natura autonoma del provvedimento impugnato (Sez. 5, n. 39749 del 09/10/2024, non mass.; Sez. 6, n. 45826 del 27/10/2021, Rv. 282292 – 01; Sez. 2, n. 18130 del 13/04/2016, Rv. 266676 – 01; Sez. 3, n. 43112 del 07/04/2015, Rv. 265569 – 01).
La necessità di allegare fatti nuovi, preesistenti o sopravvenuti, è connessa alla formazione del c.d. giudicato cautelare, la cui conformazione è stata oggetto di una lunga elaborazione giurisprudenziale, anche attraverso l’autorevole intervento delle Sezioni unite: esaurite le impugnazioni previste dalla legge, vi è una preclusione endoprocessuale la cui portata è più contenuta rispetto alla cosa giudicata, poiché riguarda solo le questioni esplicitamente o implicitamente dedotte, con la conseguenza che una stessa questione, di fatto o di diritto, una volta decisa, non può essere riproposta, neppure adducendo argomenti diversi da quelli già presi in esame (Sez. U, n. 14535 del 19/12/2006, Librato, Rv. 235908 – 01; Sez. U, n. 18339 del 31/03/2004, Donelli, Rv. 227359 – 01; Sez. U, n. 11 del 8/7/1994, Buffa, Rv. 198213 – 01; Sez. 2, n. 20030 del 20/03/2025, non mass.; Sez. 5, n. 12745 del 06/12/2023, dep. 2024, Rv. 286199 – 01; Sez. 5, n. 27710 del 04/05/2018, Rv. 273648 – 01).
Il “fatto nuovo” non può consistere nella mera decisione cautelare favorevole assunta nei confronti di un coindagato (Sez. 2, n. 23699 del 14/07/2020, non mass.; Sez. 2, n. 54298 del 16/09/2016, Rv. 268634 – 01; Sez. 2, n. 39785 del 26/09/2007, Rv. 238763 – 01). Questo perché la posizione processuale di ciascuno dei coindagati o coimputati è autonoma, dal momento che la valutazione da esprimere ai sensi dell’art. 274 cod. proc. pen., ed in particolare quella di cui alla lett. c) di tale norma, si fonda, oltre che sulla diversa entità del contributo materiale e/o morale assicurato da ciascuno dei correi alla realizzazione dell’illecito, anche su profili strettamente attinenti alla personalità del singolo, di tal che del tutto giustificata può essere l’adozione di regimi difformi pur a fronte della contestazione di un medesimo fatto reato (Sez. 4, n. 13404 del 14/02/2024, Rv. 286363 – 01; Sez. 3, n. 7784 del 28/01/2020, Rv. 278258 – 02; Sez. 6, n. 39346 del 03/07/2017, Rv. 271056 – 01).
Quanto poi al decorso del tempo dall’inizio dell’esecuzione della misura, il mero decorso di un pur lungo periodo di carcerazione non assume rilievo come fattore di attenuazione ai fini dell’eventuale sostituzione della misura, esaurendo la sua valenza nel solo ambito della disciplina dei termini di durata massima della custodia (Sez. 4, n. 17470 del 22/03/2024, Rv. 286207 – 01; Sez. 1, n. 19818 del 23/03/2018, Rv. 273139 – 01; Sez. 1, n. 24897 del 10/05/2013, Rv. 255832 – 01).
