Spesso in aula gli animi si surriscaldano e qualche parola di troppo, anche provocatoria, scappa ai giudici e agli avvocati poi l’intelligenza dovrebbe portare gli attori a smorzare i toni e ritrovare la serenità senza ulteriori strascichi in sede disciplinare o peggio.
Oggi, raccontiamo di un diverbio, tra un pubblico ministero ed un avvocato, che è arrivato al Consiglio Nazionale Forense.
Fatto:
… perveniva al Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Milano una comunicazione – fax del Tribunale per i minorenni di Milano con cui veniva trasmessa la copia dei verbali relativi alle udienze celebrate innanzi al Giudice dell’Udienza Preliminare in un processo penale nei confronti di un minore.
Tale trasmissione veniva disposta, su richiesta del P.M., dal Tribunale per i Minorenni, che segnalava il comportamento tenuto nel corso dell’udienza dall’Avv. M. P., difensore di fiducia dell’imputato minorenne, che, in risposta alla frase pronunciata dal P.M. “Avvocato stia calmo” rispondeva “Stia calmo lo dico a sua sorella”.
Nel verbale dell’udienza è precisato l’andamento delle dichiarazioni dell’imputato e le osservazioni del Presidente che hanno immediatamente preceduto l’episodio descritto.
L’imputato dice: “Mi sembra assurdo che mia madre sia andata a comprare grammi… mi sembra ridicolo che mia madre abbia potuto fare una cosa del genere”.
Dopo tali dichiarazioni, il Presidente osserva: “Anche a noi sembra ridicola una cosa del genere”
Di seguito, nel verbale si legge: “A questo punto il difensore con voce alterata contesta al Presidente di fare delle valutazioni non opportune sulle dichiarazioni dell’imputato. Il P.M. dice con tono non concitato ‘Avvocato stia calmo’ e il difensore risponde ‘Questo lo dica a sua sorella’.
Il difensore dichiara:’Ho ripetuto più volte la frase di cui sopra in relazione a ripetuti inviti del P.M. di stare calmo in quanto non spetta al P.M. dirigere l’udienza’.
Il P.M. precisa che ha invitato una sola volta il difensore a mantenere la calma.
Il P.M., dopo aver invitato tutti i presenti a mantenere una maggiore serenità soprattutto nell’interesse dell’imputato, richiedeva la trasmissione del verbale al Consiglio dell’Ordine per quanto di competenza e la sospensione dell’udienza.
Di contrario avviso era il difensore dell’imputato, l’avv. P.; il Tribunale tuttavia riteneva opportuno rinviare l’udienza a causa della concitazione del difensore che ne aveva turbato la serenità, riservandosi circa la decisione della trasmissione degli atti al Consiglio, proposta dal P.M.
Alla successiva udienza il Tribunale disponeva la trasmissione di copia del verbale dell’udienza precedente, quella appunto del 7 maggio 2007, al Consiglio per le valutazioni disciplinari
Decisione:
Il difensore nelle sue deduzioni osservava di essere stat provocato dalle modalità e dalla frase del pubblico ministero.
Il Consiglio Nazionale Forense ha ritenuto che nel caso in cui il p.m., nel corso di un’udienza preliminare di un processo penale, inviti il ricorrente a mantenere la calma utilizzando una espressione del tutto fuori luogo quando l’avvocato intervenga per far presente al giudice gli errori in cui questo sia incorso, il professionista, pur a fronte di comportamenti senz’altro non corretti, deve dimostrare uno stile diverso e di grande dignità.
La “provocazione” subita, invero, non può costituire un esimente sul piano disciplinare, né giustificare e rendere neutra una reazione che travalichi i limiti della correttezza mediante l’utilizzo di un’espressione sconveniente (intesa come uso di un lessico rozzo) ed offensiva (intesa come intenzionale lesione dell’onore e decoro altrui). (Rigetta il ricorso avverso decisione C.d.O. di Milano).
Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. VERMIGLIO, rel. SICA), sentenza del 4 ottobre 2011, n. 153
