Soprattutto nel periodo estivo circolano sul web elenchi numerati di ogni genere, tipo le 10 frasi da non dire mai alle mogli appena sveglie, i 12 consigli per favorire la motilità intestinale, roba così.
Girando oziosamente sulla rete, mi sono imbattuto in uno di questi elenchi, fatto apposta per stuzzicare l’ego dei navigatori: i 7 segnali silenziosi che rivelano un’intelligenza superiore alla media (lo si trova su studenti.it a questo link).
Tutti, me compreso, pensano di essere esattamente in questa condizione e quindi ho letto fino in fondo per la soddisfazione di vedere confermata questa ovvia verità.
Dato questo pregiudizio di partenza, ho ignorato, al pari di tutti, i segnali che avrebbero dovuto mettermi in guardia sull’attendibilità dell’elenco, perfino quello più evidente: il titolo accennava a 7 segnali, l’elenco ne metteva in fila 8 e questo non è bello.
Ma già che siamo arrivati fin qui, diamo un’occhiata.
1. L’intelligenza vera non è quella che pensiamo
Dice la psicologia (così, in generale, non si può pretendere di sapere chi ha detto cosa e perché) che “le menti più brillanti non sono quelle che parlano di più, ma quelle che in silenzio osservano, ascoltano e sanno cambiare idea”.
Non è detto espressamente ma si ricava logicamente che, se qualcuno fa il brillante in mezzo a un gruppo di persone e pretende di stupirle continuamente con frasi rivelatrici della sua genialità, quel qualcuno non dispone di un’intelligenza vera, è solo un fake.
2. Dicono “non lo so” senza paura
Conta moltissimo l’ammissione dell’ignoranza.
Pare (sempre a detta della psicologia) che, ogni volta che diciamo “non lo so”, si mette in moto il cingolato anteriore (e qui mi viene facilissimo manifestare la mia ignoranza, “io non ho assolutamente idea di cosa sia”) che governa l’autoconsapevolezza e la gestione dell’errore.
Chi invece dice “so tutto io”, ecco, abbandonatelo al suo destino.
3. Fanno tante domande
È intelligente chi preferisce le domande alle risposte, ancora meglio chi “interroga il mondo”.
Questa cosa si chiama “curiosità epistemica” ed ha come effetto una “iperattivazione del sistema dopaminergico”.
Come dire che ogni volta che facciamo domande e impariamo qualcosa che non sapevamo riceviamo in compenso una scarica di piacere.
Questa roba ha a che fare con l’ippocampo e le aree prefrontali e tanto ci basti.
4. Rimangono calmi anche sotto pressione
Afferma uno studio longitudinale (“io non lo so” cos’è) che gestire lo stress e restare calmi nelle crisi è un potente segnale di intelligenza emotiva e dipende dalla corteccia prefrontale che – è bene saperlo – è la nostra parte che fa il lavoro sporco e ci aiuta a tenere a bada gli impulsi violenti.
5. Cercano la solitudine (ma non per chiudersi al mondo)
Tutto ruota attorno al concetto di “default mode network”.
Ormai sappiamo che non dobbiamo vergognarci di ammettere che non ne sappiamo una minchia (ops, ho detto una parolaccia, mi si deve essere allentata un attimo la corteccia prefrontale).
Parliamo comunque della “solitudine riflessiva”: una condizione molto prossima alla beatitudine in cui diventiamo impermeabili agli stimoli esterni.
Una volta che l’abbiamo raggiunta, dovremmo essere capaci di concepire connessioni creative ma chi riesce solo a farsi una dormitina pomeridiana – questa è un’aggiunta mia – non deve sentirsi inferiore agli altri, dormire è la precondizione di ogni forma di intelligenza (“io non lo so” se ho detto una sciocchezza ma la mia ammissione di non sapere mi rende comunque intelligente).
6. Cambiano idea senza problemi
Riconoscere di essersi sbagliati, cambiare idea, uscire dalle gabbie mentali, questa è intelligenza allo stato puro.
Qualcuno lo riferisca al Ministro Nordio, gli farà senz’altro piacere.
7. Ascoltano davvero (e capiscono meglio degli altri)
L’aveva intuito e scritto Ivano Fossati: “qui tutti parlano e parlano o peggio scrivono e scrivono”.
Il silenzio e l’ascolto sono oro in una società avvelenata dal piombo delle parole a vanvera.
Qui – attenzione – entrano in gioco l’empatia cognitiva e la regione temporo-parietale – e spuntano come funghi l’abilità di leggere tra le righe e le connessioni autentiche.
8. Non credono a tutto subito (e verificano sempre)
Per farla breve, questo punto rivaluta la figura di San Tommaso che per credere volle prima toccare con mano.
Non molto apprezzato dall’ortodossia, fu sì fatto santo ma gli resterà in eterno la macchia di avere dubitato.
Un po’ la stessa storia di Galileo.
Chi dubita – questa è la tesi – è più intelligente di chi crede a bocca aperta all’ultimo che parla.
Per finire
Dovrei dire la mia a questo punto ma i sette segnali otto mi hanno insegnato che tacere è meglio che parlare e allora zitto sto.
PS: ho chiesto a Radi cosa fosse l’ippocampo e, dopo qualche istante di riflessione, mi ha detto che, secondo lui, è un posto dove corrono i cavalli, tipo Le Capannelle.
