Comune di Milano: all’opera, secondo il GIP, un vero e proprio sistema (Vincenzo Giglio)

Il GIP di Milano, ponendo temporaneamente fine al climax attorno all’inchiesta sulla gestione comunale dell’urbanistica, ha disposto gli arresti domiciliari per cinque indagati (l’ex assessore alla rigenerazione urbana, l’amministratore delegato di una società specializzata nella gestione immobiliare, l’ex presidente e un componente della Commissione Paesaggio, l’ex manager di una società specializzata in soluzioni architettoniche) e la custodia cautelare in carcere per un imprenditore di una società di “esperti dell’abitare”.

I mass media sono stati prodighi di dettagli letterali tratti dall’ordinanza cautelare.

La considerazione unanime è che il GIP abbia sostanzialmente avallato, fatta eccezione per talune imputazioni, il costrutto accusatorio.

Emerge un dato sopra ogni altro ed è espresso da una parola ricorrente, ‘sistema’ (e il suo aggettivo, sistemico) o da suoi sinonimi, quali ‘circuito’.

Così lo mettono in evidenza alcuni siti informativi di rilievo nazionale (il simbolo […] serve ad evidenziare le interruzioni del testo finalizzate ad eliminare ogni riferimento nominativo):

“[La commissione paesaggio è il- NDR] fulcro delle patologie della gestione urbanistica nel Comune di Milano, inquinata da una corruzione sistemica […]un vorticoso circuito di corruzione tuttora in corso, che colpisce le istituzioni e che ha disgregato ogni controllo pubblico sull’uso del territorio, svilito a merce da saccheggiare […] L’attività di […] (impegnato a disegnare la “rigenerazione” di parti della città) e dell’imprenditore […], impegnato a “rifare parti della città“ (secondo l’espressione usata dall’architetta  […], chattando con […]) reciprocamente hanno innescato un perverso circuito corruttivo, che li lega e non può interrompersi” (L’Avvenire, a questo link).

“Il sistema ha stravolto la pianificazione urbanistica meneghina concentrandola in capo a un ristretto gruppo di potere, assai permeabile alle pressioni delle lobby costruttrici” (Il Corriere della Sera, a questo link).

“Il “sistema” era “così rodato che il presidente della Commissione per il paesaggio non faceva mistero di aver concordato con l’assessore […]di inserire una ‘spolverata’ di edilizia sociale quale ingrediente per ravvisare un interesse pubblico” (Il Giorno, a questo link).

“Un “consolidato sistema di corruttela e commistione tra interessi pubblici e privati per la “spartizione del territorio edificabile” (Tgla7, a questo link).

L’elenco è molto più lungo ma l’idea è stata resa.

Va ribadita preliminarmente l’ovvia ma sempre opportuna premessa che le affermazioni sopra riportate, pur provenienti da un giudice, hanno un valore limitato al subprocedimento cautelare e provvisorio, in attesa della pronuncia del Tribunale del Riesame e, in ipotesi, della Suprema Corte di cassazione.

Tutti gli indagati dell’inchiesta milanese continuano quindi a godere con pienezza della presunzione di non colpevolezza e tale loro condizione non muterebbe quand’anche si formasse il cosiddetto giudicato cautelare.

Fatta questa doverosa premessa, quell’elenco cui si accennava pone comunque un interrogativo.

Se i ripetuti riferimenti ad un sistema – o circuito che dir si voglia – fossero sostenibili plausibilmente sulla base degli elementi conoscitivi acquisiti finora ed eventualmente arricchiti da acquisizioni successive, che nome avrebbe tale condizione nella legge penale?

Se fosse confermato che l’insieme degli indagati ha concorso deliberatamente a creare, mantenere e consolidare quel sistema, che qualificazione giuridica dovrebbe essere attribuita alle loro condotte convergenti?

Le risposte possibili sembrerebbero solo due: concorso di persone in reati continuati o associazione a delinquere.

Ai posteri l’ardua sentenza.