Cassazione penale, Sez. 6^, sentenza n. 26190/2025, udienza del 16 giugno 2025, deposito del 17 luglio 2025, ha ricordato che è applicabile al procedimento di prevenzione il motivo di ricusazione previsto dall’art. 37, comma 1, cod. proc. pen. – come risultante a seguito dell’intervento additivo effettuato dalla Corte costituzionale con sent. n. 283 del 2000 – nel caso in cui il giudice abbia, in precedenza, espresso valutazioni di merito sullo stesso fatto nei confronti del medesimo soggetto in altro procedimento di prevenzione o in un giudizio penale (Sez. U, n. 25951 del 24/02/2022, Lapelosa, Rv. 283350).
Tale principio, tuttavia, non ha modificato né la qualificazione della nullità, quale nullità relativa, delle cause di incompatibilità di cui all’art. 34 cod. proc. pen., né le modalità del procedimento attraverso il quale la parte interessata può ottenerne, attraverso l’invito all’astensione e l’istanza di ricusazione, la rimozione.
Costituisce, infatti, ius receptum che l’esistenza di cause di incompatibilità ex art. 34 cod. proc. pen., non incidendo sulla capacità del giudice, non determina la nullità del provvedimento adottato dal giudice ritenuto incompatibile, ma costituisce esclusivamente motivo di astensione e di ricusazione, che deve essere fatto valere tempestivamente con la procedura di cui all’art. 37 cod. proc. pen. (così, Sez. 6, n. 12550 del 01/03/2016, Rv. 267419).
Dalla lettura dei verbali del giudizio di appello e degli atti trasmessi dalla Corte di appello non risulta né che le parti abbiano invitato i componenti del collegio all’astensione né che abbiano proposto formale invito all’astensione o dichiarazione di ricusazione, con la conseguenza che la dedotta nullità che costituisce una ipotesi di nullità relativa ai sensi dell’art. 181 cod. proc. pen., è sanata perché non tempestivamente rilevata.
Anche a seguito della richiamata sentenza delle Sezioni unite innanzi citata e delle pronunce additive che, nel tempo, hanno avuto ad oggetto la disposizione di cui all’art. 37 cod. proc. pen., in materia di ricusazione, l’incompatibilità continua a non essere una condizione di capacità del giudice, onde l’eventuale violazione delle norme che la disciplinano costituisce una ipotesi di nullità relativa, sanabile perché non tempestivamente rilevata, diversamente dalla nullità assoluta di cui all’art. 178 lett. a), cod. proc. pen., prevista solo in relazione al difetto di capacità del giudice determinato dalla mancanza dei requisiti necessari per l’esercizio delle funzioni giurisdizionali.
Va ricordato peraltro che nel procedimento di prevenzione il ricorso per cassazione è ammesso soltanto per violazione di legge, secondo il disposto dell’art. 4 legge 27 dicembre 1956, n. 1423, richiamato dall’art. 3-ter, secondo comma, legge 31 maggio 1965, n. 575; ne consegue che, in tema di sindacato sulla motivazione, è esclusa dal novero dei vizi deducibili in sede di legittimità l’ipotesi dell’illogicità manifesta di cui all’art. 606, lett. e), cod. proc. pen., potendosi esclusivamente denunciare con il ricorso, poiché qualificabile come violazione dell’obbligo di provvedere con decreto motivato imposto al giudice d’appello dal nono comma del predetto art. 4 legge n.1423 del 1956, il caso di motivazione inesistente o meramente apparente (Sez. U, n. 33451 del 29/05/2014, Repaci, Rv. 260246).
