Sequestro di smartphone e l’acquisizione dei contenuti senza l’autorizzazione del Giudice: le linee guida della Procura di Roma arrivano in Parlamento (Riccardo Radi)

Segnaliamo che oggi il Ministro Nordio ha risposto ad una interrogazione dell’Onorevole Enrico Costa in merito alla sentenza Corte di giustizia dell’Unione europea (Grande Camera) del 4 ottobre 2024 (C-548/218/21) ha esaminato le condizioni necessarie per accedere ai dati conservati nel cellulare o in altri device dell’indagato, estendendo al trattamento dei dati personali conseguenti al sequestro le disposizioni della direttiva 2016/680 – recepita con il decreto legislativo n. 51 del 2018 – sulla protezione delle persone fisiche, con riguardo al trattamento dei dati personali da parte delle autorità a fini di prevenzione, indagine, accertamento e perseguimento di reati.

In particolare nell’interrogazione si chiedevano chiarimenti sulle linee guida diramate dalla Procura di Roma per l’esecuzione dei sequestri di smartphone ed acquisizione dei contenuti, in forza delle quali non si ritiene necessaria l’autorizzazione del giudice.

Ricordiamo che la Corte di cassazione (sentenza n. 413 del 2025) ha escluso che il pubblico ministero possa considerarsi giudice o organo amministrativo indipendente, “per la sua natura di parte processuale”.

“L’accesso ai dati contenuti in un dispositivo informatico a fini di indagine penale richiede il controllo di un giudice o di un organo amministrativo indipendente”: la cassazione in tema di sequestro di dispositivi (Riccardo Radi) – TERZULTIMA FERMATA

Ecco l’interrogazione e la risposta del Ministro

ENRICO COSTA. —Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   la sentenza Corte di giustizia dell’Unione europea (Grande Camera) del 4 ottobre 2024 (C-548/218/21) ha esaminato le condizioni necessarie per accedere ai dati conservati nel cellulare o in altri device dell’indagato, estendendo al trattamento dei dati personali conseguenti al sequestro le disposizioni della direttiva 2016/680 – recepita con il decreto legislativo n. 51 del 2018 – sulla protezione delle persone fisiche, con riguardo al trattamento dei dati personali da parte delle autorità a fini di prevenzione, indagine, accertamento e perseguimento di reati;

   la decisione della Corte di giustizia dell’Unione europea si snoda attraverso l’analisi della nozione di «trattamento» dei dati, attribuendo una portata ampia, nel cui ambito rientra anche «un tentativo di accesso ai dati contenuti in un telefono cellulare, da parte dell’autorità di polizia ai fini di un’indagine in materia penale»;

   la Corte precisa che per trattamento si intende «qualsiasi operazione o insieme di operazioni, compiute con o senza l’ausilio di processi automatizzati e applicate a dati personali o insieme di dati personali, come l’estrazione, la consultazione» o ancora «la diffusione o qualsiasi altra forma di messa a disposizione»;

   fra i principi sanciti in materia di acquisizione di dati di carattere personale (la necessarietà del trattamento, la proporzionalità e il principio di «minimizzazione») la Corte di giustizia dell’Unione europea sancisce che per il trattamento dei dati è necessario che l’accesso «sia subordinato a un controllo preventivo effettuato da un giudice o da un organo amministrativo indipendente»;

   la Corte di cassazione (sentenza n. 413 del 2025) ha escluso che il pubblico ministero possa considerarsi giudice o organo amministrativo indipendente, «per la sua natura di parte processuale»;

   ciò nonostante, la procura di Roma ha diffuso delle linee guida per l’esecuzione dei sequestri di smartphone ed acquisizione dei contenuti, in forza delle quali non si ritiene necessaria l’autorizzazione del giudice.

L’attuale assetto normativo domestico espone seriamente il nostro Paese al rischio di una procedura d’infrazione;

   a ciò si aggiunga che i dati estratti dal sequestro di dispositivi, in assenza di vaglio giurisdizionale, sono posti a fondamento di richieste di custodia cautelare, ovvero di richieste di perquisizione, e sempre più spesso sono pubblicate letteralmente sui media, in violazione dell’articolo 114 del codice di procedura penale:

   se non ritenga necessario provvedere con urgenza, nelle more della modifica pendente in Parlamento, ad adeguare la normativa nazionale a quella Unione europea, quantomeno sotto il profilo dell’autorizzazione da parte del giudice in tema di sequestro di smartphone e di acquisizione dei dati, per scongiurare il rischio di procedure d’infrazione.

(3-02111)

CARLO NORDIO, Ministro della Giustizia. Grazie, Presidente. Grazie, collega. Per quanto riguarda la sentenza della Corte di giustizia europea, la Grande Chambre del 4 ottobre 2024, ha concluso che – leggo testualmente: “una normativa nazionale che concede alle autorità competenti la possibilità di accedere ai dati contenuti in un telefono cellulare” non è contraria alla direttiva 2016, quando “definisce in modo sufficientemente preciso la natura o le categorie dei reati in questione, garantisce il rispetto del principio di proporzionalità, e subordina l’esercizio di tale possibilità, salvo in casi di urgenza debitamente comprovati, ad un controllo preventivo di un giudice o di un organo amministrativo indipendente”.

Detto questo, sono perfettamente d’accordo con le osservazioni di massima che lei fa. In effetti, vi è una fortissima contraddizione proprio nel codice di procedura penale, perché per ottenere l’autorizzazione alle intercettazioni è necessario il provvedimento di un giudice, per sequestrare uno smartphone, dove c’è molto di più di queste intercettazioni, è sufficiente per ora l’autorizzazione del pubblico ministero. Lei ha detto, giustamente, un concetto già ripetuto qui più volte: dentro uno smartphone c’è la vita, ma non c’è soltanto la vita del proprietario dello smartphone, c’è anche quella altrui, perché attraverso il sistema dell’inoltro, in uno smartphone ci sono tutti i messaggi che Tizio manda a Caio, che Caio manda a Sempronio, che Sempronio manda Martino e che, alla fine, sempre Caio recepisce.

Detto questo, le assicuro che stiamo lavorando intensamente per una congrua risoluzione rapida del problema, evitando però delle contraddizioni: quando si tocca questa materia, si rischia sempre – se lo si fa in modo disorganico e disomogeneo – di entrare in contraddizione con altre normative.

È un problema squisitamente tecnico: da un punto di vista giuridico, sistematico e anche politico, le assicuro che su questo stiamo lavorando con la massima intensità in quella direzione.