Lesione del diritto di difesa prodotta da atti procedimentali invalidi: da valutare secondo il criterio del pregiudizio effettivo (Vincenzo Giglio)

Cassazione penale, Sez. 3^, sentenza n. 24987/2025, udienza del 23 giugno 2025, deposito dell’8 luglio 2025, ha affermato che, nella decisione delle questioni di invalidità degli atti procedimentali, si applica il cd. «criterio di pregiudizio effettivo» il quale, ai fini della verifica degli errores in procedendo, fa leva sul principio di offensività processuale, declinato nel senso che, perché sussista la nullità, non è sufficiente che sia stato posto in essere un atto non conforme al tipo, ma è necessario valutare se la violazione abbia effettivamente compromesso le garanzie che l’ipotesi di invalidità era destinata a presidiare.

La giurisprudenza di legittimità, già a partire dalle Sezioni unite Palumbo del 2005 (Sez. U. n. 119 del 27/10/2004 dep. 2005, Palumbo, Rv. 229540) è andata ormai definitivamente abbandonando, in tema di notifiche, un criterio di valutazione meramente formalistico, abbracciandone uno che vuole dedotta e valutata l’effettività della lesione del diritto di difesa.

La sentenza precisò che chi intenda eccepire la nullità assoluta della citazione o della sua notificazione, non risultante dagli atti, non può limitarsi a denunciare la inosservanza della relativa norma processuale, ma deve rappresentare al giudice di non avere avuto cognizione dell’atto e indicare gli specifici elementi che consentano l’esercizio dei poteri officiosi di accertamento da parte del giudice (in tal senso anche Sez. 4, n. 1245 del 23/11/2017, dep. 2018, Rv. 271937 – 01).

Tale impostazione, come osservato dalla giurisprudenza successiva, è coerente con la linea interpretativa volta ad utilizzare, nella decisione delle questioni di invalidità degli atti procedimentali, il cd. «criterio di pregiudizio effettivo» che, ai fini della verifica degli errores in procedendo, fa leva sul principio di offensività processuale, declinato nel senso che, perché sussista la nullità, non è sufficiente che sia stato posto in essere un atto non conforme al tipo, ma è necessario valutare se la violazione abbia effettivamente compromesso le garanzie che l’ipotesi di invalidità era destinata a presidiare (Sez. U, n. 7697 del 24/11/2016 – dep. 17/02/2017, Amato, Rv. 269028; negli stessi termini: Sez. U, n. 155 del 29/09/2011, Rossi, dep. 2012, Rv. 251497; Sez. U, n. 19602 del 27/03/2008, Micciullo, Rv. 239396; Sez. U, n. 10251 del 17/10/2006, dep. 2007, Michaeler, Rv.235697): ciò perché le forme processuali sono un valore nella misura in cui servono a garantire la celebrazione di un giusto processo, i cui principi non vengono certamente compromessi da una nullità in sé irrilevante o inidonea a riverberarsi sull’effettivo esercizio del diritto alla difesa (Sez. 5, n. 49287 del 30/9/2019).