Si segnala che è stata presentata la proposta di legge di delega al Governo ad adottare un decreto legislativo recante norme per l’istituzione di una sezione specializzata per i reati ambientali presso i tribunali al fine di dare risposte forti per tutti i reati ambientali caratterizzati dalla presenza di interessi della criminalità comune e organizzata (allegata al post)
La proposta di legge, si pone, a livello politico, come alternativa ideologica alla tendenza alla depenalizzazione dei reati in materia ambientale.
Nel caso della criminalità organizzata, una sistematica azione giurisdizionale che persegue tali attività illecite non potrà che infliggere un colpo pesantissimo alle organizzazioni specializzate nel settore nonché a tutte quelle realtà criminali che, pur non potendo essere classificate come “ecomafie”, rappresentano una diffusa e non meno perniciosa realtà di criminalità o di microcriminalità diffuse a livello locale o regionale.
Gli effetti preventivi deterrenti saranno logicamente conseguenziali e di sicura efficacia.
È stato anche previsto, all’articolo 2, l’ampliamento della composizione delle sezioni di polizia giudiziaria inserendovi agenti e ufficiali del Corpo delle capitanerie di porto Guardia costiera, del Corpo della Guardia di finanza e dei corpi di polizia provinciale e forestale al fine di portare nelle sezioni specializzate il contributo di esperienze in tema di repressione dei reati ambientali acquisite da tali corpi e valorizzare una professionalità operativa spesso sottovalutata a livello di indagine di settore, anche se nei fatti, diffusa capillarmente sull’intero territorio nazionale.
L’articolo 3 introduce la legittimazione del pubblico ministero a esercitare in via sostitutiva l’azione civile in sede penale di danno pubblico ambientale.
Tale azione, introdotta nell’ordinamento nel lontano 1986, dovrebbe conseguire a ogni fatto illecito, non solo penale, che abbia determinato un danno ambientale.
Nei fatti questa, però, costituisce l’istituto maggiormente studiato, ma meno applicato nella pratica.
Al fine di stimolare l’esercizio di tale azione, che dovrebbe costituire la necessaria definizione di qualsivoglia procedimento sanzionatorio ambientale, accogliendo l’elaborazione della dottrina giu ridica, confortata da recenti studi di diritto comparato, viene proposto di estendere al pubblico ministero, seppure in via sostitu tiva, l’esercizio dell’azione civile di risarci mento del danno ambientale.
Da tali considerazioni discende la necessità di colmare l’evidente divario attualmente riscontrabile tra la normativa di settore, l’accresciuta sensibilità ai temi ambientali e l’azione della magistratura.
Ricordiamo che da giugno 2015 a dicembre 2024 sono stati effettuati 21.169 controlli che hanno portato all’accertamento di 6.979 reati, alla media di un illecito penale ogni 3 verifiche fatte.
Le persone denunciate sono state 12.510 e quelle arrestate 556.
Ad essere particolarmente significativo è anche il valore economico dei 1.996 sequestri effettuati: si tratta di ben 1,155 miliardi di euro.
L’analisi dei dati relativi al primo « asse » della legge n. 68 del 2015 ossia l’introduzione nel codice penale del titolo VI-bis, intitolato “Dei delitti contro l’ambiente”, vede al primo posto nelle diverse voci monitorate, tranne quella degli arresti, il delitto di inquinamento ambientale (articolo 452-bis del codice penale) che, vale la pena ricordarlo, prima di questa riforma di civiltà non era neppure contemplato nel nostro Paese, pur essendo una piaga pur troppo diffusa: 5.506 i controlli effettuati, con 1.426 reati, 2.768 persone denunciate, 136 ordinanze di custodia cautelare e 626 sequestri, per un valore di oltre 380 milioni di euro.
Il secondo delitto ambientale oggetto delle indagini svolte in questo decennio è quello di attività organizzata di traffico illecito di rifiuti (articolo 452-quater decies del codice penale) che, però, è stato recepito nel codice penale solo nel 2018, essendo già previsto dall’articolo 260 del decreto legislativo n. 152 del 2006 che aveva “ereditato” l’articolo 53-bis del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, cosiddetto “decreto Ronchi”, in vigore dal 2001.
