Sequestro probatorio di un telefono cellulare: contenuto dell’obbligo di motivazione del PM e limiti della motivazione integrativa del  tribunale del riesame (Vincenzo Giglio)

Cassazione penale, Sez. 4^, sentenza n. 25012/2025, udienza del 24 giugno 2025, deposito dell’8 luglio 2025, ha ricordato che, in ragione dei limiti dettati all’intervento penale sul terreno delle libertà fondamentali e dei diritti costituzionalmente garantiti dell’individuo, il decreto di sequestro probatorio – così come il decreto di convalida – anche qualora abbia ad oggetto cose costituenti corpo di reato, deve contenere una motivazione che, per quanto concisa, dia conto specificatamente della finalità perseguita per l’accertamento dei fatti (Sez. U, n. 36072 del 19/04/2018, Botticelli, Rv. 273548; Sez. U, n. 5876 del 28/01/2004, Bevilacqua, Rv. 226711; in conformità, tra le altre, Sez. 6, n. 11817 del 26/01/2017, Rv. 269664; Sez. 2, n. 44416 del 16/09/2016, Rv. 268724; Sez. 3, n. 1145 del 27/04/2016, dep. 2017, Rv. 268736; Sez. 3, n. 45034 del 24/09/2015, Rv. 265391).

Un rafforzamento dell’obbligo di motivazione del decreto di sequestro probatorio deriva dall’entrata in vigore della legge 47/2015 e dalle modifiche apportate ai poteri del Tribunale del riesame, applicabili anche al sequestro probatorio, come stabilito dalla sentenza delle Sezioni unite n. 18954 del 31/03/2016, Capasso, Rv. 266789, che ha stabilito il seguente principio di diritto: «Nel procedimento di riesame avverso i provvedimenti di sequestro, le disposizioni concernenti il potere di annullamento del tribunale, introdotte dalla legge 8 aprile 2015, n. 47 al comma nono dell’art. 309 cod. proc. pen., sono applicabili – in virtù del rinvio operato dall’art. 324, comma settimo dello stesso codice – in quanto compatibili con la struttura e la funzione del provvedimento applicativo della misura cautelare reale e del sequestro probatorio, nel senso che il tribunale del riesame annulla il provvedimento impugnato se la motivazione manca o non contiene la autonoma valutazione degli elementi che ne costituiscono il necessario fondamento, nonché degli elementi forniti dalla difesa».

L’obbligo di motivazione del decreto di sequestro probatorio deve riguardare il reato di cui l’accusa assume l’esistenza del fumus; le ragioni per le quali la cosa sequestrata sia configurabile come corpo di reato o cosa pertinente al reato; la concreta finalità probatoria perseguita, con l’apposizione del vincolo reale.

Quanto al primo profilo, si è affermato che il decreto di sequestro probatorio di cose costituenti corpo del reato deve essere necessariamente sorretto da idonea motivazione che non si deve limitare ad indicare le disposizioni di legge violate, ma deve comprendere anche l’individuazione della relazione tra la cosa sequestrata ed il delitto ipotizzato, descrivendo gli estremi essenziali di tempo, di luogo e di azione del fatto (Sez. 3, n. 3604 del 16/01/2019, Rv. 275688 -01).

In tal senso si sono richiamate sia la sentenza Capasso, secondo cui il giudice deve verificare la «… compatibilità e congruità degli elementi addotti dalla accusa (e della parte privata ove esistenti) con la fattispecie penale oggetto di contestazione …» (così in motivazione), sia la sentenza Botticelli, secondo cui «esigere che il decreto dia conto del reato per cui si procede, sia pure attraverso estremi essenziali di tempo, luogo e fatto, è evidentemente elemento-presupposto richiesto proprio in funzione della valutazione del collegamento tra bene e accertamento del fatto stesso» (così in motivazione).

Le sentenze delle Sezioni unite Bevilacqua e Botticelli, con riferimento al sequestro probatorio, hanno anche affermato l’obbligo di necessaria osservanza del principio di proporzionalità, ribadendo l’«ineludibile necessità di un’interpretazione della norma [l’art. 253 cod. proc. pen.] che tenga conto del requisito della proporzionalità della misura adottata rispetto all’esigenza perseguita, in un corretto bilanciamento dei diversi interessi coinvolti.

Ogni misura, per dirsi proporzionata all’obiettivo da perseguire, dovrebbe richiedere che ogni interferenza con il pacifico godimento dei beni trovi un giusto equilibrio tra i divergenti interessi in gioco (Corte Edu 13 ottobre 2015, Unsped Paket Servisi SaN. Ve TiC. A. S. c. Bulgaria). Il requisito della proporzionalità della misura, che, nell’ambito dei valori costituzionali, è espressione del principio di ragionevolezza, contiene in sé, inoltre, quello della “residualità” della misura, per cui al sequestro può farsi ricorso solo quando allo stesso risultato (nella specie l’accertamento dei fatti appunto) non possa pervenirsi con modalità meno afflittive.

La Suprema Corte, peraltro, ha più volte affermato che, nel caso di sequestro probatorio di dispositivi informatici o telematici, tra cui rientrano certamente anche i telefoni cellulari capaci di conservare un’enorme mole di dati riservati, il decreto del PM, ove intenda accedere al vaglio del suo contenuto e non limitarsi alla mera acquisizione dell’apparecchio telefonico quale strumento di comunicazione, al fine di consentire una adeguata valutazione della proporzionalità della misura sia nella fase genetica che in quella esecutiva, deve illustrare le ragioni per cui è necessario disporre un sequestro esteso e onnicomprensivo o, in alternativa, le specifiche informazioni oggetto di ricerca, indicando i criteri di selezione del materiale informatico archiviato nel dispositivo, la giustificazione della perimetrazione temporale dei dati di interesse e i tempi entro cui verrà effettuata tale selezione, con conseguente restituzione anche della copia informatica dei dati non rilevanti (Sez. 6, n. 17312 del 15/02/2024, Rv. 286358; Sez. 6, n. 6623 del 09/12/2020, dep. 2021, Rv. 280838).

Ciò premesso in ordine all’obbligo di motivazione sul fumus, sulle ragioni per le quali la cosa sequestrata sia configurabile come corpo di reato o cosa pertinente al reato e sulla concreta finalità probatoria perseguita, la giurisprudenza ha anche chiarito che al mancato assolvimento di tale onere non può sopperire il Tribunale del Riesame, trattandosi di prerogativa esclusiva del PM quale titolare del potere di condurre le indagini preliminari e di assumere le determinazioni sull’esercizio dell’azione penale. Qualora il PM non abbia indicato, nel decreto di sequestro a fini di prova, le ragioni che, in funzione dell’accertamento dei fatti storici enunciati, siano idonee a giustificare in concreto l’applicazione della misura e abbia persistito nell’inerzia pure nel contraddittorio del procedimento di riesame, il giudice di quest’ultimo non è legittimato a disegnare, di propria iniziativa, il perimetro delle specifiche finalità del sequestro, così integrando il titolo cautelare mediante un’arbitraria opera di supplenza delle scelte discrezionali che, pur doverose da parte dell’organo dell’accusa, siano state da questo radicalmente e illegittimamente pretermesse (Sez. 2, n. 39187 del 17/09/2021, Rv. 282200; Sez. 2, n. 49536 del 22/11/2019, Rv. 277989; Sez. 4, n. 54827 del 19/09/2017, Rv. 271579; sez. 3 n. 30993 del 05/04/2016, Rv. 267329 nella quale si afferma la possibilità di integrazione da parte del giudice del riesame in sede di conferma del provvedimento con la specificazione delle esigenze probatorie che ne stanno a fondamento, sempre che le stesse siano state indicate, seppure in maniera generica, nel provvedimento impugnato).

Il potere di integrazione della motivazione da parte del tribunale è, dunque, consentito solo nel caso in cui il PM abbia indicato, anche se in maniera generica, il fumus e le ragioni che giustificano il provvedimento.