La Procura Generale presso la Corte di Appello impugna la decisione di archiviazione adottata dall’Assemblea plenaria del Consiglio di Disciplina e chiede che il Consiglio Nazionale Forense voglia procedere con l’annullamento della decisione di archiviazione per manifesta infondatezza della notizia di illecito disciplinare.
Segnaliamo la sentenza numero 9/2025 del CNF perché risulta del tutto evidente una visione di fondo contrapposta del ruolo del difensore e delle sue scelte difensive che non sono irrispettose nei confronti del magistrato e tantomeno possono definirsi inadempimento al mandato ma, al contrario, attengono all’osservanza del dovere di difesa.
Da una parte il magistrato che ritiene irrispettoso, quasi una sorta di lesa maestà, il comportamento dell’avvocato che sollecitato più volte a presentarsi in aula per “precisare se fosse ancora il difensore di fiducia dell’imputato” omette di rispondere e mantiene ferma la sua scelta del silenzio.
Ricordiamo che l’art. 46 CDF si assume che “Nell’attività giudiziale l’avvocato deve ispirare la propria condotta all’osservanza del dovere di difesa”.
Fatto:
Con il ricorso proposto dalla Procura Generale presso la Corte di Appello di Roma sottoscritto dal dott. [BBB], Sostituto Procuratore Generale, si chiede che il Consiglio Nazionale Forense voglia procedere con l’annullamento della decisione di archiviazione per manifesta infondatezza della notizia di illecito disciplinare a carico dell’Avv. [AAA] come adottata dall’Assemblea plenaria del Consiglio di Disciplina della Corte di Appello di Roma in data 27 giugno 2024
Con Il ricorso, si contesta la decisione assunta dalla sezione Plenaria per violazione dell’art. 26 del CDF deducendo l’errore in cui sarebbe caduto il CDD nell’escludere la rilevanza deontologica individuata nella reiterata assenza del difensore alle udienze del procedimento penale a carico del suo assistito, deducendo la carenza di motivazione del provvedimento assunto.
Più nel dettaglio, il ricorrente ha ricostruito la vicenda che ha originato la trasmissione al COA di Roma del verbale delle udienze tenute dal Tribunale di Cremona nell’ambito del procedimento penale n. [OMISSIS]/16.
L’Avv. [AAA], nominato il 27.2.2017 difensore di fiducia di [CCC] nell’ambito di un procedimento penale (n. [OMISSIS]/16 RGNR, maturava reiterate assenze nelle udienze dibattimentali avanti il Tribunale di Cremona.
A seguito di ciò il Giudice lo invitava a precisare se fosse ancora il difensore di fiducia dell’imputato per l’udienza dell’1.3.2021 e, non essendo intervenuta alcuna risposta, il Tribunale si vedeva costretto a rinviare più volte il processo, fino all’udienza del 10.05.2021, in cui, registrata nuovamente l’assenza del difensore, il Tribunale ne segnalava la condotta al COA competente.
Sul punto, contrariamente alla valutazione del CDD, che ha ricondotto il comportamento ad una ipotesi di “strategia difensiva”, la Procura Generale ricorrente osserva che la condotta dell’avvocato risulta contrastante con il dovere professionale di cui all’art. 26 CDF, specialmente in ragione della natura prolungata del contegno osservato, dell’omissione di qualsiasi comunicazione al Tribunale di impedimenti o giustificazioni e dell’omessa risposta all’esplicita richiesta di chiarimenti avanzata dallo stesso.
Alla luce di quanto sopra, il ricorrente osserva che l’assenza ingiustificata ha comportato un chiaro inadempimento agli obblighi deontologici, dacché, chiede al CNF di annullare il provvedimento e infliggere la sanzione della censura
Decisione:
Si deve osservare che la censura sottesa alla segnalazione del Tribunale di Cremona attiene la volontà del difensore di non presentarsi avanti il giudice per espletare il mandato difensivo.
Non si ipotizza la violazione del dovere professionale di corretto adempimento del mandato ricevuto dalla parte assistita.
Laddove dovesse ipotizzarsi un richiamo al disposto dell’art. 53 CDF, che disciplina la condotta dell’avvocato nei rapporti con i magistrati, non si potrebbe rinvenire alcun elemento fattuale di una condotta violativa del rispetto dovuto al giudice.
Nella valutazione complessiva della vicenda all’esame del Consiglio, non si può dimenticare che sussiste una condotta positiva dell’avv. [AAA], il quale ha ritenuto di non presentarsi più volte in udienza per sostenere le ragioni del proprio assistito e senza dare risposta alla richiesta del Giudice di conoscere della permanenza del mandato difensivo dell’imputato.
Non può, quindi, ritenersi che tale condotta, reiterata nel tempo, possa esser valutata come una negligenza ovvero connotata da contenuto colposo, in quanto si deve valutare se il comportamento del difensore rappresenti la volontà di non partecipare alle udienze fissate nell’interesse della parte assistita: ci si deve interrogare se tale condotta sia connotata da specifica dignità, che possa integrare una più articolata scelta processuale, rispetto una occasionale e negligente assenza.
Si vuole, in proposito, richiamare il contenuto di una recente decisione delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, presieduta dal Primo Presidente, secondo la quale L’illecito disciplinare si configura indipendentemente dalla produzione e dall’entità del danno subìto dal cliente a seguito della condotta illecita posto che il fine del procedimento disciplinare è quello di salvaguardare il decoro e la dignità dell’intera classe forense mediante la repressione di ogni condotta che sia contraria ai doveri imposti dalla legge (sentenza n. 20877 del 26 luglio 2024) ed il richiamo vuole sottolineare i doveri imposti all’avvocato il quale nell’ambito della propria attività difensiva deve e può esporre le ragioni del proprio assistito con ogni rigore utilizzando tutti gli strumenti processuali di cui dispone dalla legge.
Principio questo ribadito dal codice deontologico, laddove all’art. 46 CDF si assume che “Nell’attività giudiziale l’avvocato deve ispirare la propria condotta all’osservanza del dovere di difesa” Si deve pertanto concludere l’analisi della fattispecie, affermando che nella disamina della condotta del difensore non si ravvede alcuna violazione al dovere di assistenza della parte, in quanto la reiterata assenza deve far ipotizzare la sussistenza di una precisa scelta di non presentarsi avanti il Giudice, condotta questa che non può esser qualificata come assunta in inadempimento del mandato ricevuto dal cliente ovvero irrispettosa del magistrato, in quanto non è sindacabile in sede disciplinare la scelta compiuta dal difensore di avvalersi di tutti gli strumenti processuali a sua disposizione per la miglior esplicazione del mandato difensivo.
Si perviene quindi, con quanto esposto, ad integrare la motivazione della decisione impugnata, per ritenere manifestamente infondata la segnalazione a carico dell’avv. [AAA], con ciò ribadendo la necessità che ogni provvedimento di archiviazione debba essere disposto con delibera motivata, in qualunque fase del procedimento disciplinare essa intervenga.
Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Napoli, rel. Minervini), sentenza n. 9 del 29 gennaio 2025
