Il 19 giugno 2025 si è tenuta, alla presenza del Presidente della Repubblica, l’assemblea generale della Corte suprema di cassazione.
Lo scopo dell’iniziativa, nella presentazione fattane dalla Prima Presidente della Corte, è stato quello “di avviare una riflessione condivisa sul ruolo della Corte di cassazione quale garante dell’unità del diritto, costruttrice del diritto vivente e presidio della legalità sostanziale, in una stagione caratterizzata da rilevanti trasformazioni normative, culturali e tecnologiche che sollecitano nuove forme di responsabilità interpretativa”.
La Prima Presidente ha ulteriormente precisato che “La sede propria per tali approfondimenti e riflessioni è istituzionalmente l’Assemblea generale della Corte di cassazione prevista dall’art. 93, primo comma, n. 3 dell’Ordinamento giudiziario, che consente la partecipazione di tutti i magistrati della Corte al dibattito e alle conseguenti deliberazioni su materie che interessano l’intero organo giudiziario”.
Fortunatamente, a differenza di quanto è avvenuto dopo la pubblicazione della relazione del Massimario sul DL Sicurezza, nessuno ha messo in dubbio la legittimità dell’assemblea mettendosi a cavillare sul tenore letterale del citato art. 93, comma 1, n. 3, che consente l’assemblea generale “per deliberare su materie d’ordine e di servizio interno e che interessano l’intiero organo giudiziario” per poi trarne l’implacabile conclusione che una riflessione così universale sul ruolo della Suprema Corte è un atto di superbia e di sfida piuttosto che una riunione organizzativa.
L’assemblea si è potuta quindi tenere serenamente, senza alcun disturbo, e si possono consultare, senza temere accuse di connivenza o addirittura di apologia, i documenti che hanno sintetizzato i contenuti di rilievo dell’assemblea: le relazioni della Prima Presidente e del Procuratore e il documento assembleare finale (tutti allegati alla fine del post).
L’impressione generale stimolata dalla loro lettura complessiva è quella di un’acuta consapevolezza dei magistrati della Suprema Corte di operare in tempi di rapide e profonde trasformazioni della giurisdizione e della comunità in cui si riversa.
Gli è quindi richiesto di comprendere queste dinamiche e di offrire risposte adeguate al divenire.
Nell’impossibilità di rappresentare nel dettaglio la ricchezza della discussione assembleare e dei suoi risultati, ci si limita a riportare un passaggi particolarmente significativo dell’intervento della Prima Presidente:
“Il recupero di un’autentica dimensione nomofilattica […] richiede un rinnovato impegno di argomentazione e la disponibilità intellettuale a superare eventuali egoismi interpretativi anche nei rapporti con le altre giurisdizioni allo scopo di fornire ai difensori e ai loro assistiti linee di orientamento chiare in grado di indirizzare le loro scelte.
Una nuova sensibilità culturale deve esprimersi anche nell’attenzione al ragionamento probatorio e alla motivazione nella consapevolezza che l’assolvimento dell’obbligo sancito dall’art. 111, comma 6, Cost. è espressione del principio di soggezione esclusiva del giudice alla legge. Uno sviluppo argomentativo rispettoso dei canoni della logica deve essere accompagnato da un linguaggio comprensibile che consenta alla collettività, nel cui nome è amministrata la giustizia, di esercitare le diverse forme di controllo previste dall’ordinamento”.
Parole belle, alte e, soprattutto, impegnative.
La speranza è che si tramutino in solida realtà.
