Raccolgo il testimone da un interessante articolo della Cassa Forense (reperibile qui: https://www.cfnews.it/societ%C3%A0-e-impresa/gli-avvocati-nella-negoziazione-delle-crisi-militari-e-di-protezione-civile/) sulla prevenzione dei conflitti internazionali, su cui ho scritto qualche nota e tenuto qualche lezione negli anni, perché è uno dei temi cari ad ANGM (l’associazione forense degli esperti in diritto militare nata nel 1937).
La tematica dell’impiego dell’avvocatura per la prevenzione dei conflitti internazionali nasce nel 1907 quando quarantaquattro Stati si sono riuniti per integrare e migliorare gli strumenti della Convenzione di Ginevra nel 1865, che ha dato vita alla Croce Rossa Internazionale, dando concretezza alle idee espresse da Henry Dunant nel suo ‘Viaggio a Solferino’.
Dalla Conferenza dell’Aja del 1907, convocata dallo Zar di Tutte le Russie sono poi nate tredici convenzioni ed una dichiarazione, in gran parte non più attuali, un po’ perché mai entrate in vigore, un po’ perché superate da norme posteriori, come la Convenzione di Ginevra del 1929 e poi quelle del 1949, ma una ancora resiste, la IV Convenzione: conclusa il 18 Ottobre 1907 si occupa della risoluzione pacifica dei conflitti internazionali, ed alcuni suoi principi sono stati recepiti persino dalla Carta delle Nazioni Unite.
Eppure, non ha mai avuto una piena applicazione.
Perché gli Stati che potrebbero offrirsi come mediatori non hanno dei mediatori tecnici, ma politici, perché le Associazioni Internazionali hanno consulenti legali e politici, ma non mediatori.
Ma cosa prevede la Convenzione? Che le parti in conflitto possano avvalersi di strumenti di mediazione e di inchiesta con l’assistenza (non semplice consulenza) di avvocati.
Eppure non avviene: all’inchiesta ed alla mediazione partecipano le parti, per tramite di rappresentanti politici, a volte assistiti da consulenti legali, ai quali vengono demandati redazione di memorandum d’intesa, accordi di accesso o garanzie di sicurezza, redazione di accordi giuridicamente validi che consentano l’accesso alle aree oggetto di valutazione, interpretazione delle risoluzioni del Consiglio di Sicurezza e strutturazione di interazioni con attori non statali nel rispetto della normativa antiterrorismo.
Un po’ come a dire che, in una mediazione o in una negoziazione assistita le parti si rivolgano direttamente al mediatore o gestiscano direttamente la negoziazione assistita cercando più o meno di seguire i consigli dei rispettivi avvocati, che si limiteranno alla redazione di un memorandum sulle questioni giuridiche, della domanda di mediazione per poi starsene lontani, intervenendo solo a domanda, invece di far gestire le procedure al difensore nell’interesse delle parti e del raggiungimento di un accordo.
Possiamo ipotizzare che una ADR gestita in questo modo non funzionerebbe? E infatti anche nelle mediazioni internazionali non ha dato grandi risultati …
È dunque giunto il momento di dare piena attuazione ai titoli II e III della IV Convenzione dell’Aja tenuto conto delle evoluzioni delle pratiche di mediazione e negoziazione civilistiche per prevenire le guerre? Ricordando che, già nel 1937, l’Italia era molto avanti in questo (poi è andata come è andata).
