Cassazione penale, Sez. 2^, sentenza n. 23640/2025, udienza del 18 giugno 2025, deposito del 24 giugno 2025, ha ricordato che, ai fini della corretta applicazione del principio del contraddittorio e dell’esercizio del diritto di difesa, è essenziale che la discussione delle parti sia svolta dinanzi al giudice chiamato ad emettere la decisione, non potendo nel sistema del giusto processo fondato sul contraddittorio delle parti, ammettersi che il giudice pronunci sentenza senza avere in alcun modo assistito alle conclusioni del pubblico ministero e della difesa, senza che sia possibile individuare una differenza sostanziale tra rito ordinario e rito abbreviato, in quanto le conclusioni delle parti dinanzi al giudice chiamato ad emettere la decisione costituiscono momento essenziale anche del processo che si svolga con le forme previste dagli artt. 438 e segg. cod. proc. pen.
In particolare, si è affermato come il principio dell’immutabilità del giudice previsto dall’art. 525 cod. proc. pen., trova applicazione anche nel giudizio di appello celebrato in camera di consiglio a seguito dell’impugnazione di una sentenza emessa all’esito di rito abbreviato; ed in applicazione del principio la Corte ha annullato la sentenza emessa da un collegio composto diversamente da quello davanti al quale alcune delle parti avevano rassegnato le proprie conclusioni (Sez. 5, n. 48510 del 21/11/2013, Rv. 257717 – 01); successivamente si è ribadito come il principio di immutabilità del giudice, sancito dall’art. 525, comma 2, cod. proc. pen., si applica anche nel caso in cui l’attività dibattimentale consista nella sola discussione, senza che vi sia l’acquisizione di prove; in tale ultima fattispecie la S. C. ha dichiarato la nullità della sentenza d’appello in quanto le parti avevano discusso e concluso dinanzi ad un collegio che aveva rinviato per repliche ad altra udienza e questa era stata tenuta da un collegio in diversa composizione che aveva deciso senza procedere alla rinnovazione della discussione (Sez. 6, n. 17982 del 21/11/2017, dep. 2018, Rv. 273006 – 01).
Tale ultima pronuncia in particolare sottolinea che la questione attiene alla esatta individuazione dell’ambito applicativo del principio di immutabilità del giudice e, in particolare, al se esso operi anche nel caso in cui la sola discussione si svolga davanti ad un giudice la cui composizione sia diversa da quella che poi deliberi la sentenza.
Ai sensi dell’art. 525, comma 2 cod. proc. pen., alla deliberazione della sentenza concorrono, a pena di nullità assoluta, gli stessi giudici che hanno partecipato al dibattimento.
La regola è codificata anche nel processo civile e in quello amministrativo; tuttavia, solo il legislatore del processo penale del 1988 ha stabilito, a presidio della regola in questione, la sanzione della nullità assoluta per l’eventuale inosservanza. Il principio di immutabilità è rispettato quando l’organo giudicante che procede alla deliberazione sia lo stesso che abbia partecipato interamente al dibattimento, svolgendo la relativa attività di formazione della prova e ascoltando le parti nelle rispettive discussioni, al cui esito, solo, il presidente del collegio, ai sensi dell’art. 526 cod. proc. pen., dichiara chiuso il dibattimento.
Peraltro, come già sottolineato, anche se si escludesse l’applicazione della disciplina dettata dall’art. 525 cod. proc. pen., al giudizio abbreviato, in esso è applicabile il principio di immediatezza – che impone che il giudice che ha assistito alla discussione proceda alla deliberazione (Sez. 2, n. 32367 del 17/07/2013 cit.); la suddetta pronuncia afferma espressamente in motivazione l’essenzialità della discussione quale attuazione del principio del contraddittorio sottolineandone l’inderogabilità, affermando, infatti, l’esigenza che sia lo stesso giudice, che ha assistito alla discussione, ad assumere la responsabilità della decisione: e l’esigenza si immedesima nel principio generale, assoluto, di carattere logico, immanente al sistema per il quale, posta la necessità ed opportunità della discussione orale, di per sé, un volta svolta hic et nunc, irripetibile, debba essere lo stesso soggetto, a cui la discussione è diretta, a decidere su quello che ne costituisce l’oggetto. Ove così non fosse, dovrebbe ritenersi che la discussione abbia solo un valore di opzione, come tale eliminabile a piacere del giudice nel gioco dialettico delle parti.
Il principio della necessità che il giudice della deliberazione sia anche quello che abbia assistito alla discussione delle parti, risultava già affermato dalla giurisprudenza di legittimità con quelle affermazioni secondo cui costituisce un’ipotesi di nullità assoluta per violazione del principio dell’immutabilità del giudice il frazionamento degli interventi conclusivi delle parti svolti dinanzi a due collegi diversamente composti (Sez. 5, n. 45649 del 25/09/2012, Rv. 254004 – 01); e l’affermazione della suddetta regola è stata estesa anche ai procedimenti camerali posto che con più pronunce si è affermato che l’immutabilità del giudice, sancita dall’art. 525, comma 2, cod. proc. pen., in quanto espressione di un principio generale, è estensibile anche alle decisioni assunte all’udienza camerale celebrata ai sensi dell’art. 127 cod. proc. pen. (Sez. 2, n. 15702 del 01/04/2021, Rv. 281121 – 01)
