Cassazione penale, Sez. 5^, sentenza n. 23851/2025, udienza del 17 giugno 2025, deposito del 26 giugno 2025, ha chiarito l’interconnessione del potere cognitivo e di quello decisorio del giudice di appello.
Sotto la rubrica “cognizione del giudice di appello”, l’art. 597. cod. proc. pen., si occupa, in realtà, sia del potere cognitivo del giudice di secondo grado (richiamato in rubrica) che di quello decisorio.
Al potere di cognizione sono dedicati: il comma 1, che sancisce il principio (parzialmente) devolutivo dell’appello («L’appello attribuisce al giudice di secondo grado la cognizione del procedimento limitatamente ai punti della decisione ai quali si riferiscono i motivi proposti»); il comma 5, che prevede deroghe, di natura eccezionale (cfr. Sez. U, n. 12872 del 19/01/2017, Punzo, Rv. 269125), a tale principio («Con la sentenza possono essere applicate anche di ufficio la sospensione condizionale della pena, la non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale e una o più circostanze attenuanti; può essere altresì effettuato, quando occorre, il giudizio di comparazione a norma dell’articolo 69 del codice penale»), cui si aggiungono i numerosi casi di intervento di ufficio disciplinati dal codice di rito (tra cui, ad esempio, le questioni processuali di giurisdizione, competenza per materia, nullità, inutilizzabilità; la dichiarazione immediata di cause di non punibilità ex art. 129 cod. proc. pen., cfr. sul punto ampiamente Sez. U, n. 22533 del 25/10/2018, dep. 2019, Salerno).
Il potere decisorio è regolato dai commi 2, 3 e 4 dell’art. 597 codice di rito: l’appello del PM attribuisce al giudice ad quem gli ampi poteri delineati nel comma 2 cod. proc. pen.; a norma del comma 3, invece, ove il gravame sia proposto solo dall’imputato, opera il divieto di reformatio in peius. In tal caso, infatti, il giudice non può irrogare una pena più grave per specie o quantità, né applicare una misura di sicurezza nuova o più grave, prosciogliere l’imputato con formula meno favorevole e revocare benefici, mentre può, in ossequio al tradizionale canone iura novit curia, dare al fatto una qualificazione giuridica diversa e più grave, purché non siano superati i limiti di competenza per materia del giudice di primo grado; il comma 4 stabilisce che se viene accolto l’appello dell’imputato, relativo a circostanze o a reati concorrenti, anche se unificati dalla continuazione, la pena complessiva irrogata deve essere “corrispondentemente” diminuita.
Il divieto di reformatio in peius opera anche nel giudizio di rinvio e con riferimento alla decisione del giudice di appello se il ricorso per cassazione è stato proposto dall’imputato, essendo irrilevante, per il verificarsi di questi effetti, che la sentenza di primo grado sia stata appellata dal pubblico ministero (Sez. U, n. 16208 del 27/03/2014, C., Rv. 258652 – 01).
L’art. 597, cod. proc. pen., traccia, dunque, i confini dei poteri cognitivi del giudice della impugnazione e, entro detti limiti, ne sagoma i poteri decisori.
Le Sezioni unite, in più occasioni, hanno avuto modo di ribadire che l’individuazione della cognizione del giudice di appello nell’ambito dei motivi proposti restringe il contenuto della decisione all’accoglimento o alla reiezione di tali motivi, non consentendo di operare su punti diversi da quelli toccati dall’impugnazione (Sez. U, n. 33752 del 18/04/2013, Papola; Sez. U, n. 40910 del 27/09/2005, Morales).
Il chiarimento offre un valido strumento per distinguere a monte, facilitandone la risoluzione, le questioni attinenti ai limiti cognitivi da quelle afferenti ai limiti decisori.
