Può il giudice, in tema di sanzioni sostitutive di pene detentive brevi in riferimento alla pena pecuniaria, negare la conversione a seguito di prognosi negativa di adempimento basata sulle condizioni economiche disagiate dell’imputato?
La Cassazione penale sezione 5 con la sentenza numero 19039/2025 ha stabilito che in tema di pene sostitutive di pene detentive brevi, il giudice non può respingere la richiesta di sostituzione della pena detentiva con la pena pecuniaria sulla base delle disagiate condizioni economiche e patrimoniali dell’imputato, in quanto la prognosi di inadempimento ostativa si riferisce soltanto alle pene sostitutive accompagnate da prescrizioni.
In motivazione la Suprema Corte ha evidenziato che, peraltro, la nuova formulazione dell’art. 56-quater della legge 24 novembre 1981, n. 689, introdotta dall’art. 71, comma 1, lett. d), d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, consente di calibrare la misura della pena pecuniaria alla complessiva situazione economica dell’imputato.
Si intende invero al riguardo innanzitutto ribadire che, come ha già avuto modo di osservare, la sostituzione delle pene detentive brevi con pena pecuniaria è rimessa alla valutazione discrezionale del giudice ed è consentita anche nei confronti dell’imputato che versi in condizioni economiche disagiate, in quanto la prognosi di inadempimento ostativa si riferisce soltanto alle pene sostitutive accompagnate da prescrizioni (cfr. tra tante, Sez. 6, n. 29192 del 28/05/2024, Rv. 286771 – 01 che in motivazione ha precisato che il disposto dell’art. 56-quater della legge 24 novembre 1981, n. 689, introdotto dal d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, individuando un ampio intervallo tra il valore minimo ed il valore massimo di conversione giornaliero, permette al giudice di accedere ad una determinazione che, tenendo conto delle condizioni economiche del soggetto, al contempo garantisca il rispetto delle finalità rieducative e di prevenzione proprie della pena).
Non si condivide invero l’opposto orientamento – espresso da alcune pronunce tra le quali Sez. 2, n. 15927 del 20/02/2024, Rv. 286318 – 01 – che, partendo dal presupposto della fattibilità, da parte del giudice, del giudizio sulla solvibilità del reo in ragione delle sue condizioni economiche, ritiene che il giudice possa rigettare la richiesta di sostituzione della pena detentiva breve con la pena pecuniaria in caso di prognosi negativa di adempimento, laddove la prognosi di adempimento stabilita dal legislatore riguarda le prescrizioni, che sono stabilite solo per le pene sostitutive diverse dalla pena sostitutiva pecuniaria.
Sicché rispetto alla pena sostitutiva pecuniaria la valutazione del giudice si esaurisce piuttosto nella prognosi legata alla rieducazione e alla recidivanza, trattandosi di comprendere se la pena pecuniaria, determinata tenendo conto delle possibilità economiche del reo, possa comunque risolversi in un valido strumento rieducativo e preventivo. Il recupero del requisito della solvibilità dell’imputato nella valutazione, in termini ostativi, dei presupposti funzionali alla sostituzione della pena detentiva con la pena pecuniaria è in palese contrasto con le indicazioni di principio offerte da questa Corte sin dalla sentenza delle Sezioni unite Gagliardi (Sez. U n. 24476 del 22/04/2010, Rv. 247274, in forza delle quali “la sostituzione della pena detentiva con quella pecuniaria a norma dell’art. 58 della legge n. 689 del 1981 è consentita anche in relazione a condanna inflitta a persona in condizioni economiche disagiate, in quanto la presunzione di inadempimento, ostativa, in forza del secondo comma dell’articolo citato, si riferisce soltanto alle pene sostitutive di quella detentiva accompagnate da prescrizioni (semidetenzione o libertà controllata), e non alla pena pecuniaria sostitutiva, che non prevede alcuna prescrizione particolare“.
Principio, questo, ribadito da altre successive pronunce conformi (Sez. 4, n. 37533 del 09/06/2021, Rv.,281928; Sez. 3, n. 17103 del 08/03/2016„ Rv. 2666:39; Sez. 6, n. 36639 del 10/07/2014„ kv. 260333), tuttora valide a seguito della revisione della disciplina delle pene sostitutive ad opera del d.lgs. n. 150 del 2022 (in termini, Sezione 2, n. 9397 del 1/2/2024).
Anzi vieppiù evidente appare, ora, la validità dell’impostazione tradizionale se si considera il disposto normativo di cui all’art. 56-quater l.689/81, inserito dall’art. 71, comma 1, lett. d), d.lgs. n. 150/2022, che offre elementi specifici di valutazione al riguardo.
Innanzitutto si deve considerare che proprio l’importo ora previsto dall’art. 56-quater nel determinare il minimo tasso di conversione giornaliero consente all’interprete di declinare al meglio il proprio potere discrezionale e di accedere ad una determinazione della pena sostitutiva che, alla luce delle condizioni economiche dell’imputato, possa comunque garantire il rispetto delle prerogative rieducative e di prevenzione comunque connesse all’applicazione della pena, anche di quella pecuniaria.
D’altra parte, l’efficacia rieducativa e preventiva della pena pecuniaria – è il caso di precisare – non è collegata alla entità in sé della cifra, perché, dovendo questa essere rapportata alle condizioni economiche del reo, ciò che verrà imposto di pagare si risolverà pur sempre nel sacrificio proporzionato ed esigibile, che in quanto tale conserva la sua efficacia. Sicché non si può ragionare in astratto escludendo la efficacia della pena pecuniaria sulla base del fatto che per andare incontro alle esigenze economiche del reo, essa andrebbe determinata in misura modesta. Tale prospettiva non si avvede del fatto che adeguando l’entità della pena pecuniaria alle condizioni economiche del reo non si annulla il sacrificio e quindi l’efficacia della sanzione, ma si rende solo esigibile la sua sopportazione.
Diverso ed ulteriore rimane il piano della emenda e della prevenzione che andrà, in via preliminare, saggiato alla stregua di altri elementi e non in base alla capacità economica dell’imputato.
Ragionando nei termini tracciati dalla decisione impugnata, infatti, si neutralizzerebbe a monte il compito, ora assegnato al giudice della cognizione, di meglio adeguare al caso concreto il portato della pena pecuniaria da applicare in sostituzione, grazie all’ampia forbice valutativa prevista dall’attuale disciplina di riferimento, così da coniugare, nella maniera più opportuna, l’intervento punitivo da comminare alla luce delle complessive condizioni economiche, patrimoniali e di vita dell’imputato e del suo nucleo familiare.
Appare doveroso a tal punto soffermarsi sulla portata delle disposizioni di cui al novello art. 56-quater, richiamandone innanzitutto il contenuto testuale: «Per determinare l’ammontare della pena pecuniaria sostitutiva il giudice individua il valore giornaliero al quale può essere assoggettato l’imputato e lo moltiplica per i giorni di pena detentiva. Il valore giornaliero non può essere inferiore a 5 euro e superiore a 2.500 euro e corrisponde alla quota di reddito giornaliero che può essere impiegata per il pagamento della pena pecuniaria, tenendo conto delle complessive condizioni economiche, patrimoniali e di vita dell’imputato e del suo nucleo familiare. Alla sostituzione della pena detentiva con la pena pecuniaria si applica l’articolo 133-ter del codice penale.»;
Ebbene, balza evidente che è stato proprio il legislatore a prevedere l’importo minimo di 5 euro – ritenuto del tutto insoddisfacente nella sentenza impugnata – e ciò all’evidente fine di scongiurare la possibilità che le condizioni particolarmente disagiate dell’imputato – nelle quali l’art. 56-quater include quelle patrimoniali e di vita dell’imputato e del suo nucleo familiare – potessero precludergli l’accesso alla pena pecuniaria sostitutiva.
Complessive condizioni economiche, patrimoniali e di vita dell’imputato e del suo nucleo familiare che devono essere considerate dal giudice per individuare la quota di reddito giornaliero che può essere impiegata per il pagamento della pena pecuniaria – è a tale quota di reddito che deve corrispondere il valore giornaliero al quale l’imputato può essere assoggettato (che va poi moltiplico per i giorni di pena detentiva), affinché la pena imposta sia al contempo equa ed efficace, e per essere tale non deve essere né eccessivamente gravosa né per nulla afflittiva. In tale ottica il legislatore ha espressamente richiamato, al comma secondo dell’art. 56-quater, l’art. 133-ter cod. pen. che sempre allo scopo di evitare possibili discriminazioni in base alle condizioni economiche e patrimoniali e di consentire l’irrogazione di una pena che sia comunque tale, prevede la possibilità del pagamento rateale della multa o dell’ammenda.
Tutto ciò fermo restando che devono a monte ricorrere i preliminari presupposti valutativi in ordine alla fattibilità della sostituzione della pena detentiva che rimangono ancorati ai criteri di cui all’art. 133 cod. pen. di cui all’art. 58 d.lgs. n. 150/22, con esclusione di quello relativo all’adempimento delle prescrizioni che – come ribadito – non attiene alle pene pecuniarie.
Non vanno dunque confusi i piani.
Quello riguardante la misura della pena pecuniaria non può riflettersi sulla preliminare valutazione circa la sostituibilità della pena detentiva. Sicché si deve giungere ad affermare che il giudice non può rigettare la richiesta di sostituzione della pena detentiva breve con la pena pecuniaria sulla base delle condizioni economiche dell’imputato, formulando un giudizio sulla solvibilità del reo, che si fermi, cioè, alla capacità di adempimento dello stesso, potendo la misura della pena pecuniaria essere in concreto calibrata, proprio in ragione delle condizioni economiche e patrimoniali del reo, attraverso un equilibrato contemperamento delle esigenze in gioco, senza quindi per ciò solo far perdere alla stessa la sua efficacia.
È, infine, il caso di annotare che l’eventuale incertezza sulle condizioni economiche dell’imputato non può ritenersi di per sé ostativa, a monte, della sostituzione.
Piuttosto, proprio i poteri di indagine assegnati al giudice, oggi incanalati nel particolare ed eventuale percorso processuale di cui all’ultimo periodo del primo comma e al secondo comma dell’art. 545-bis cod. proc. pen., consentiranno di ovviare a tali possibili incertezze, garantendo un esercizio quanto più coerente e puntuale del relativo potere discrezionale, così da rapportare al meglio la pena da irrogare alle effettive connotazioni economiche e patrimoniali dell’imputato all’uopo accertate.
