Giudici e pubblici ministeri: due specializzazioni differenti (Massimo Rossi)

Sappiamo di essere forse “molesti” per alcuni ed insistenti per altri, ma ci piace riflettere su questioni attuali.

Abbiamo, però, la piena consapevolezza che senza una riforma sistemica e culturale dei ruoli che oggi genericamente vengono indicati come magistrati non si otterrà molto nonostante la modifica in costituzione già prevista e che sarà approvata dal Parlamento entro il 2025 e poi sottoposta al referendum confermativo del popolo italiano.

La modifica costituzionale degli articoli che riguardano la separazione delle carriere tra magistrati requirenti e magistrati giudicanti non ha vera e concreta efficacia senza delle modifiche da apportare con legge ordinaria all’ordinamento giudiziario.

La riforma che deve seguire (ed essere il precipitato tecnico) alla modifica costituzionale è quella sull’accesso alla professione.

Occorre che i magistrati giudicanti abbiano un loro percorso di accesso e, quindi, un loro concorso ad hoc e così i magistrati requirenti.

Quindi, due percorsi di formazione post laurea ed un concorso pubblico distinto, al quale possono accedervi solo i più meritevoli dei corsi di formazione (di almeno due anni).

Quindi, concorsi distinti perché i ruoli sono distinti e non devono, come oggi, “sentirsi” colleghi.

Non sono colleghi e devono avere ruoli distinti tra loro.

Una distinzione che deve esserci per poter svolgere le funzioni requirenti e giudicanti con il pieno valore e vigore.

L’accesso alla professione di magistrato della pubblica accusa o del giudizio deve segnare la carriera del singolo che non può, a suo piacimento, andare a far parte dell’altra funzione.

Non deve essere possibile perché quello a cui si deve tendere è una “specializzazione” e formazione culturale specifica, senza la quale in un mondo iper specializzato i magistrati non risultino gli unici che non lo siano.

L’esame di accesso deve essere non solo distinto con due bandi di concorso diversi, ma le materie sulle quali i candidati devono misurarsi devono essere specifiche del ruolo e della funzione che il soggetto intende ricoprire.

Siccome non abbiamo timore di tracciare vie e strade possiamo anche accennare a quali potrebbero essere.

Per il concorso per pubblici ministeri dovrebbero esserci materie come la medicina legale, la psicologia e le tecniche di investigazione nelle varie tipologie dei reati.

Tutto questo per dare effettività e corpo ad un processo penale che pone sul capo del PM l’incombenza, non da poco, della direzione delle indagini.

La direzione delle indagini data nelle mani di chi è digiuno di certe conoscenze può avere due esiti:

  1. si affida totalmente alla polizia giudiziaria;
  2. può correre il rischio di commettere errori imperdonabili ed impossibili da correggere.

Non vi è chi non veda come non possa essere considerato e visto che la fase delle indagini preliminari (in particolare nei crimini violenti) è la fase principale.

Come sono essenziali le attività di rinvenimento, ispezione, analisi e conservazione degli elementi di prova.

Nelle indagini preliminari si possono compromettere totalmente i processi dando la possibilità ai reali colpevoli di farla franca ed agli innocenti di finire nelle maglie della giustizia.

Ecco perché è essenziale che il bando di accesso alla professione di magistrato requirente sia supportato da condizioni soggettive che devono essere valutate nel tempo (e verificate!).

Nulla può essere lasciato al caso e nulla può essere solo accennato.

La necessità di magistrati requirenti preparati nel coordinare le indagini è condizione necessaria ed essenziale per interfacciarsi con la polizia giudiziaria senza il venire meno da parte del PM di quel ruolo di garante e controllo degli atti compiuti dalla polizia giudiziaria.

Si deve passare dalla anacronistica e non attuale idea del PM come “organo di giustizia” a quella più concreta di garante della applicazione delle leggi in modo corretto da parte della polizia giudiziaria.

Senza contare che ogni attività del PM deve sempre essere soggetta ad un controllo giurisdizionale.

Riguardo all’accesso al ruolo di magistrato giudicante è essenziale il periodo di formazione post-laurea di almeno due anni e poi la possibilità di fare il concorso.

Il ruolo giudicante necessità oltre che di una conoscenza in diritto ed in giurisprudenza anche (in questo caso) di una cognizione della psicologia forense e psichiatria forense.

Una preparazione culturale anche in materie quali la psicologia consente al giudicante un approccio, soprattutto, ai soggetti deboli nelle forme adeguate.

Abbiamo, purtroppo, molteplici esempi da un lato di vittime vittimizzate e dall’altro di colossali errori giudiziari che con una dose di approccio psicologico, forse, non si sarebbero verificati.

La distinta via di accesso deve essere unita ad un’altra “accortezza” normativa: la limitazione della permanenza di un PM o di un giudice nella medesima sede giudiziaria.

Si deve, inoltre, prevedere che il termine minimo sia di tre anni e massimo di sei.

Il magistrato non può spostarsi prima, ma non può restare oltre sei anni nella medesima sede (cosa che accade sovente e che crea rapporti talvolta dubbi).

Questo evita che il magistrato possa avere quei contatti che lo “inquinano” sotto il profilo della naturale indole dell’essere umano in quanto “essere sociale”.

Solo i PM che si occupano di reati quali le organizzazioni criminali ed i giudici che stiano trattando processi del genere possono restare sino al termini delle indagini o del processo.

Questo per il motivo ovvio che una loro dipartita per altra sede possa compromettere le indagini o creare problemi al processo in corso (tutto sommato una questione di logica e buon senso).

Non vi è, altresì, dubbio che in ragione del loro ruolo e delle loro funzioni essi devono essere valutati sempre sotto il profilo psicologico, al fine di percepire il loro livello di stabilità e salute.

Altra valutazione che non può e non deve sfuggire è quella che i magistrati requirenti ed i giudicanti devono essere privi di conflitti d’interesse rispetto al territorio dove vadano a svolgere le loro funzioni; quindi, non potranno mai svolgerlo nella sede del Tribunale di nascita (come, invece, avviene molto spesso).

Questa deve esser una regola etica ancor prima che legislativa.

La materia è, sicuramente, delicata, ma è necessario prima di tutto dare ordine nel sistema giudiziario per creare quelle condizioni che possono fare della Giustizia un faro di civiltà, legalità e certezza del diritto nel rispetto dei valori costituzionali e dei diritti di ogni essere umano (Convenzione dei diritti dell’Uomo).