Blocco stradale e ferroviario: le critiche dal Massimario della Cassazione (Redazione)

Segnaliamo la pubblicazione della “Relazione su novità normativa Disposizioni urgenti in materia di sicurezza pubblica, di tutela del personale in servizio, nonché di vittime dell’usura e di ordinamento penitenziario (d.l. 11 aprile 2025, n. 48, convertito dalla legge 9 giugno 2025, n. 80)” dell’ufficio del Massimario della Cassazione

L’art. 14 reca «[m]odifiche all’articolo 1-bis del decreto legislativo 22 gennaio 1948, n. 66, relativo all’impedimento della libera circolazione su strada», riformulandolo nei seguenti termini: «Chiunque impedisce la libera circolazione su strada ordinaria o ferrata, ostruendo la stessa con il proprio corpo, è punito con la reclusione fino a un mese o la multa fino a 300 euro. La pena è della reclusione da sei mesi a due anni se il fatto è commesso da più persone riunite».

Preliminarmente, appare opportuno ricordare l’evoluzione normativa che le norme riguardanti il c.d. «blocco stradale e ferroviario» hanno subito nel tempo a livello di trattamento punitivo.

Con l’art. 1 d.lgs. 22 gennaio 1948, n. 66 (cd. decreto Scelba) venne prevista la punizione, a titolo di delittuoso, di «Chiunque, al fine di impedire ed ostacolare la libera circolazione, depone o abbandona congegni o altri oggetti di qualsiasi specie in una strada ferrata ed ordinaria o comunque ostruisce ed ingombra, allo stesso fine, la strada stessa».

Tale norma ha subito una prima modifica in virtù dell’art. 17 d.lgs. n. 507 del 1999, con il quale si confermava la punibilità del reato di blocco ferroviario, consistente nel deporre o nell’abbandonare congegni o altri oggetti di qualsiasi specie in una strada ferrata al fine di impedire od ostacolare la libera circolazione, ma allo stesso tempo, con l’introduzione dell’art. 1-bis, veniva prevista una sanzione amministrativa a carico di chi, al fine di impedire od ostacolare la libera circolazione, deponeva o abbandonava congegni o altri oggetti di qualsiasi specie in una strada ordinaria o comunque ostruiva o ingombrava una strada ordinaria o ferrata.

Questa disposizione ha subito poi una ulteriore modifica, più di recente, ad opera dell’art. 23 d.l. n. 113 del 2018, conv., con modif., legge n. 132 del 2018359, che ha ampliato la fattispecie di reato alle ipotesi in cui l’ostacolo alla libera circolazione (ma posta in essere non con il proprio corpo) riguardasse (anche) la strada ordinaria, mentre ha contestualmente annesso una sanzione amministrativa nei confronti di «Chiunque impedisce la libera circolazione su strada ordinaria, ostruendo la stessa con il proprio corpo».

Pertanto, se fino all’odierno decreto l’impedimento della libera circolazione su strada ordinaria realizzata mediante il mero uso del proprio corpo costituiva un illecito amministrativo punito con pena pecuniaria, con l’entrata in vigore delle nuove «disposizioni in materia di blocco stradale» si è restituita la rilevanza penale alle condotte di c.d. “blocco stradale” realizzate con il proprio corpo prevedendo la pena-base (alternativa) – fissata solo nella misura massima – della reclusione [da quindici giorni: art. 23, comma primo, cod. pen.] fino a un mese o la multa [da euro 50: art. 24, comma primo, cod. pen.] fino a 300 euro.

Dal contenuto Relazione illustrativa al decreto emerge la volontà di “eleva[vare] a delitto l’attuale illecito amministrativo per blocco stradale, con la pena della reclusione da sei mesi a due anni se il fatto è commesso da più persone riunite”.

A seguito della odierna modifica, quindi, assume rilevanza penale la condotta di colui che «impedisce la libera circolazione su strada ordinaria o ferrata, ostruendo la stessa con il proprio corpo», estendendosi l’applicazione della fattispecie incriminatrice anche ai casi di blocco di strada ferrata.

Appare evidente che scopo della introduzione della nuova fattispecie penale è il contrasto ai cd. “blocchi stradali”, utilizzati da più persone principalmente in occasione di scioperi o di manifestazioni di protesta, nonché dagli attivisti climatici, come strumento di “disobbedienza civile”.

Sotto il profilo della condotta materiale, come anticipato, la nuova fattispecie di reato prevede la punibilità di chiunque «impedisce la libera circolazione su strada ordinaria o ferrata, ostruendo la stessa con il proprio corpo»: il riferimento all’uso del «proprio corpo» rende evidente che la condotta può essere commessa anche da una sola persona, conclusione che è confermata dalla previsione di una aggravante nel caso in cui «il fatto è commesso da più persone riunite».

La condotta deve essere idonea ad impedire la circolazione su strada ordinaria o ferrata.

Ci si dovrà chiedere in sede di prima applicazione se, per realizzare la descritta fattispecie, debba essere necessaria una turbativa della circolazione tale da bloccare la stessa per un tempo apprezzabile, o possa essere sufficiente anche una condotta idonea a rendere solo più difficoltoso il passaggio degli automezzi o dei treni; si pensi, a tale ultimo proposito, ad una manifestazione di protesta che rallenti notevolmente il traffico, pur senza impedire il passaggio dei mezzi, creando rallentamenti significativi o incolonnamenti; oppure, ad una singola persona che si ponga al centro di una strada, costringendo gli utenti della stessa a rallentare o anche fermarsi e, quindi, ad operare delle manovre per superare l’ostacolo frapposto.

Sul punto, può essere interessante richiamare uno dei pochi interventi della Suprema Corte che hanno avuto ad oggetto il reato di blocco stradale o ferroviario previsto nel testo originario dell’art. 1 d.lgs. n. 66 del 1948, secondo cui ai fini della configurabilità del delitto di blocco stradale, è sufficiente anche il solo ingombro della sede viaria con qualsiasi ostacolo, che può anche essere costituito da un assembramento di persone idoneo a rendere la circolazione apprezzabilmente più difficoltosa rispetto alle condizioni normali e il cui dolo si concretizza e si esaurisce nel fine di impedire o anche soltanto di rendere più difficoltosa la circolazione, a nulla rilevando che l’obiettivo si sia realizzato, o non (così Sez. 1, n. 10151 del 14/10/1997, Carmina, Rv. 208738-01).

Ad ogni modo, anche al fine di rendere la fattispecie compatibile con il principio di offensività, si potrebbe ritenere che la condotta di chi “impedisce la libera circolazione” non si sia realizzata nel caso di turbative di minima rilevanza, quale quella di porsi davanti ad un’auto tenendo uno striscione per alcuni secondi, oppure quella di realizzare con il proprio corpo un ostacolo al traffico stradale, ma che sia in concreto facilmente superabile o aggirabile con una manovra non pericolosa.

Del resto, il riferimento contenuto nella norma ad una condotta di “ostruzione” della strada, idonea ad “impedire” la libera circolazione, impone di considerare rilevanti, ai fini della consumazione del reato, esclusivamente condotte tali da ostacolare in modo significativo la circolazione, così da cagionare una effettiva, rilevante e apprezzabile dal punto di vista temporale, turbativa al traffico stradale e ferroviario.

Per la definizione del concetto di «strada ordinaria» si ritiene si debba far riferimento alla corrispondente norma definitoria extrapenale di cui all’art. 2 («Definizioni e classificazione delle strade») del codice della strada (d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285 e succ. modif.).

Sotto il profilo dell’elemento soggettivo del reato, è necessario che la condotta sia diretta ad impedire la circolazione e, pertanto, è richiesto il dolo generico, consistente nella consapevolezza di ostacolare in modo significativo la viabilità, non potendo rilevare, comunque, che il fine della condotta possa essere stato quello di manifestare o protestare; in concreto, specie nel caso di manifestazioni di protesta alle quali partecipano moltissime persone, si potrebbe profilare la carenza dell’elemento soggettivo a carico di colui che partecipa ad un corteo con l’unica finalità di manifestare il proprio pensiero, senza avere la chiara consapevolezza di un eventuale “blocco stradale”, realizzatosi quale effetto della manifestazione.

A livello circostanziale, è prevista una circostanza aggravante ad effetto speciale per il caso in cui «il fatto è commesso da più persone riunite», la quale potrà essere integrata anche laddove la condotta sia realizzata da due persone.

Per quanto riguarda il rapporto con altri reati, va detto che, prima della introduzione del “blocco stradale con il proprio corpo”, la giurisprudenza della Suprema Corte aveva ritenuto integrato il reato di interruzione di pubblico servizio nella condotta di coloro che, anche attraverso l’uso del proprio corpo, avevano impedito la partenza in orario di un autobus di linea (Sez. 6, n. 1334 del 12/12/2018, Carannante, Rv. 274836–01), oppure nella ipotesi in cui un gruppo di persone avevano occupato, in forma collettiva e per un tempo prolungato, un intero tratto autostradale, determinandone la chiusura (Sez. 6, n. 5463 del 28/10/2020, Batzella, Rv. 280597-02) o, ancora, nella occupazione dei binari di una stazione ferroviaria, con conseguente impedimento della libera circolazione sulla strada ferrata e interruzione del servizio ferroviario (Sez. F., n. 37456 del 01/08/2019, Mirandola, Rv. 277289-01).

A seguito della penalizzazione del cd. “blocco stradale”, laddove si profilasse un concorso con la fattispecie di interruzione di pubblico servizio, dovrebbe applicarsi unicamente la norma di nuova introduzione, tenuto conto che l’art. 340 cod. pen. contiene un’espressa clausola di sussidiarietà («fuori dai casi preveduti da particolari disposizioni di legge»).

Deve ritenersi, invece, che il reato di “blocco stradale o ferroviario” possa concorrere con il delitto di violenza privata, laddove la condotta sia caratterizzata da violenza o minaccia, che può realizzarsi nel caso in cui l’impedimento alla circolazione avvenga non attraverso condotte di resistenza passiva, ma con modalità aggressive e/o minacciose o, comunque, tali da mettere in pericolo l’altrui incolumità (Sez. 5, n. 21228 del 07/02/2001, Moschella ed altri, Rv. 219028 01).

In ordine agli istituti processuali, i limiti edittali, anche nella descritta ipotesi aggravata, non permettono l’applicazione dell’arresto in flagranza o di misure cautelari personali.

La procedibilità del reato è di ufficio; l’autorità giudiziaria competente è il Tribunale monocratico e si procede a seguito di decreto di citazione a giudizio emesso dal pubblico ministero.

Profili problematici.

La proposta incriminazione del “blocco stradale”, sin dalla sua genesi parlamentare, è stata oggetto di penetranti critiche da parte dei primi commentatori e degli auditi in quanto si porrebbe in contrasto con la possibilità manifestare liberamente il proprio pensiero (e, quindi, anche il dissenso: sui rilievi problematici in tema di possibile violazione degli artt. 17, 21 e 40 Cost..

In effetti, le segnalate perplessità riguardanti la penalizzazione delle descritte condotte hanno riguardato la rilevanza penale che in tal modo viene riconosciuta a comportamenti che molto spesso sono costituiti da riunioni pacifiche e atti di resistenza passiva, con l’effetto di incidere profondamente sull’attività di pubblica manifestazione del dissenso.

Si è sostenuto, quindi, che la previsione della punizione di un comportamento di mera resistenza passiva, espressione di disubbidienza civile, impone di approfondire il tema della compatibilità costituzionale della norma, considerato che la descritta condotta è priva di offensività

Si è affermato che, prevedendo una forma di repressione penale della mera resistenza passiva, “si pretende di colpire proprio quei comportamenti non violenti, di per sé privi di effettiva offensività nei confronti di beni primari, attraverso i quali si esprime pacificamente il conflitto sociale”.

In tal modo, si è detto, “si incriminano indirettamente forme di protesta che, per quanto possano risultare moleste, sono sempre forme di espressione di dissenso che andrebbero affrontate sul piano del dialogo più che su quella della incriminazione

Si è anche sottolineato che il blocco stradale (o ferroviario) costituisce uno strumento utilizzato in occasione di scioperi o manifestazioni di protesta, e come tale è un mezzo attraverso il quale si esprimono il dissenso, il disagio sociale, il conflitto nel mondo del lavoro: attraverso “il presidio che si trasforma in corteo per le vie di una città, gli operai o i riders in agitazione, ma anche gli studenti in mobilitazione, bloccano la circolazione”, ponendo in essere forme di protesta strettamente correlate all’esercizio di diritti fondamentali, costituzionalmente garantiti, come lo sciopero (art. 40), la riunione (art. 17) e la manifestazione del pensiero (art. 21).