Dalla pagina 110 (118 del file PDF) del Codice annotato della giurisprudenza disciplinare dei magistrati (consultabile a questo link) abbiamo estratto la sentenza n. 1416 del 18 gennaio 2019 delle Sezioni unite civili il cui testo è riportato qui di seguito in forma letterale e integrale:
“In materia di procedimento disciplinare a carico di magistrati, la causa di giustificazione di cui all’art. 3-bis del d.lgs. n. 109 del 2006 ha una valenza generale e trova applicazione quando – una volta che sia stata accertata, sul piano oggettivo e soggettivo, la specifica violazione disciplinare contestata – si ritenga che, in una valutazione complessiva della vicenda ed alla luce anche di altri profili caratterizzanti la figura e il percorso professionale del magistrato, il fatto, inteso nella sua globalità (e non, quindi, con riferimento al solo specifico addebito), non raggiunga quel livello di censurabilità tale da legittimare l’irrogazione di una sanzione disciplinare (nella specie, la S.C. ha confermato l’assoluzione, per scarsa rilevanza del fatto, di un presidente del collegio del riesame che aveva sottoscritto un’ordinanza depositata il giorno prima dell’udienza fissata per la discussione, sul rilievo che, nonostante la grave violazione dell’obbligo di controllo dell’atto processuale, connesso con la funzione presidenziale, tuttavia l’ordinario affidamento nella verosimile correttezza del provvedimento come redatto dal giudice estensore, unitamente al carattere episodico della condotta, legittimava, anche alla luce di un percorso professionale immune da censure, il riconoscimento dell’esimente)”.
Secondo le Sezioni unite, dunque, è scarsamente rilevante e perde per ciò stesso rilievo disciplinare il comportamento del presidente del collegio del riesame che sottoscrive un’ordinanza depositata con un giorno di anticipo rispetto alla data dell’udienza fissata per la discussione del caso.
Ciò perché il magistrato si è fidato della correttezza del provvedimento sottopostogli dal giudice componente del collegio, vanta un percorso professionale senza macchie, l’episodio di potenziale rilievo disciplinare è isolato.
Questa dilatazione dell’ambito applicativo dell’esimente della scarsa rilevanza del fatto, benché largamente diffusa, non finisce mai di stupire.
Le argomentazioni sulle quali le Sezioni unite hanno fondato la decisione paiono ben poco convincenti sia per ciò che ne ha formato oggetto, sia e ancor di più per ciò che non è stato preso in considerazione.
Si utilizza come primo parametro di minimizzazione l’affidamento dell’incolpato sull’operato del collega ma, così ragionando, si minimizza ben di più la responsabilità presidenziale dell’interessato; basti qui osservare l’ovvio: ciò che è sfuggito al controllo non è una sbavatura senza effetti pratici ma la sottoscrizione di un atto emesso prima e a prescindere dall’udienza in cui era programmata la discussione della procedura cui era riferito. Una negligenza grave, come tale considerata dalle Sezioni unite, che però, inspiegabilmente, non la considerano più tale quando devono trarne le conseguenze.
Si accenna poi all’esemplare percorso professionale dell’incolpato e all’episodicità della condotta ma, ancora una volta, si dimentica che la causa di giustificazione cui si fa ricorso attiene al fatto, non a profili soggettivi.
Se poi si allarga lo sguardo all’ambito nel quale si sono prodotti gli effetti nocivi della condotta oggetto di incolpazione, spicca l’assoluta indifferenza del giudice disciplinare: non un rigo per la perdita di credibilità dell’amministrazione della giustizia verso le parti e l’intera comunità nel cui nome opera la giurisdizione; non un minimo accenno alle ricadute negative della grave negligenza in ambito forense; nulla di nulla.
Sembrerebbe dunque, così stando le cose, che la grundnorm da cui parte l’intera architettura della giurisprudenza disciplinare dei magistrati sia che la giustizia appartiene non al popolo, non agli utenti ma solo ai magistrati stessi.
Non dovrebbe essere così ma così è.
