Estinzione del reato per condotte riparatorie: non necessita della valutazione di congruità delle condotte da parte del Pm e della persona offesa (Riccardo Radi)

La Cassazione penale sezione 5 con la sentenza numero 23402/2025 ha stabilito che in tema di estinzione del reato per condotte riparatorie, la valutazione di congruità della condotta intervenuta prima dell’apertura del dibattimento ai sensi dell’art. 162- ter, comma 1, cod. pen., non è condizionata dall’opposizione delle parti e della persona offesa, dovendosi escludere che, in questa ipotesi, si applichi la sequenza procedurale prevista dall’art. 469 cod. proc. pen.

Nel caso esaminato, la Corte territoriale non ha applicato la causa estintiva prevista dall’art. 162- ter cod. pen., uniformandosi a una pronuncia della Seconda sezione di questa Corte (Sez. 2, n. 39252 del 22/06/2021, Cannizzo, Rv. 282133), secondo cui, in tema di estinzione del reato per condotte riparatorie, la procedura diretta alla valutazione di congruità della condotta è quella prevista dall’art. 469, cod. proc. pen., che è condizionata, a pena di nullità, alla mancata opposizione del pubblico ministero e dell’imputato.

Un più recente e condivisibile orientamento ha invece sostenuto che, in tema di estinzione del reato per condotte riparatorie, la valutazione di congruità della condotta intervenuta prima dell’apertura del dibattimento ai sensi dell’art. 162- ter, comma 1, cod. pen., non è condizionata dall’opposizione delle parti e della persona offesa, dovendosi escludere che, in questa ipotesi, si applichi la sequenza procedurale prevista dall’art. 469 cod. proc. pen. (Sez. 5, n. 41899 del 25/09/2024, Marini, Rv. 287171).

La Cassazione nella sentenza richiamata aderisce al secondo orientamento, ritenendo pienamente condivisibili gli argomenti, di natura testuale e sistematica, posti a suo fondamento.

In primo luogo, il dato letterale, perché l’art. 162- ter, comma 1, cod. pen. «impone al giudice di sentire le parti e la persona offesa, prima di pronunciare sentenza dichiarativa dell’estinzione del reato per effetto di condotta riparatoria, ma – a differenza di quanto espressamente previsto dall’art. 469 cod. proc. pen. – non fa dipendere la legittimità della decisione dal mancato dissenso delle parti». L’orientamento in questione «si allinea, del resto, all’indirizzo ermeneutico della giurisprudenza di legittimità che si è occupata dell’applicabilità dell’analogo, sia pur non sovrapponibile, istituto di cui all’art. 35 del d.lgs. n. 274 del 2000, in tema di estinzione dei reati di competenza del giudice di pace, in conseguenza dell’intervenuta riparazione del danno cagionato dall’illecito» (cfr. Sez. U, n. 33864 del 23/04/2015, Sbaiz, Rv. 264240).