Il Consiglio Nazionale Forense con la sentenza numero 436/2024 (allegata al post) ha sottolineato che l’articolo 65 cdf ha come ratio quella di contemperare le esigenze di difesa dell’assistito con il necessario rispetto dell’altrui libertà di determinazione.
Infatti, sebbene possa il difensore intimare alla controparte di adempiere sotto comminatoria di sanzioni, istanze o denunce, tale condotta non può assumere il carattere di minaccia di azioni o iniziative sproporzionate e vessatorie, specie se esclusivamente volte ad intimidire la controparte prefigurandole, in estremo dettaglio, conseguenze nefaste, tanto più se giuridicamente infondate o improbabili.
Nel caso esaminato, si rileva che “L’avv. [RICORRENTE] veniva tratto a giudizio disciplinare innanzi al CDD di Ancona ed incolpato per la: “violazione dell’art 9 cdf per non aver tenuto comportamenti rispettosi dei doveri di probità, dignità e decoro e art 65 cdf per aver minacciato azioni e iniziative vessatorie nei confronti del collega di controparte personalmente.
lL decisione del CDD di Ancona è stata resa sulla base di una corretta valutazione delle prove acquisite nel corso del procedimento ed, in special modo, sulle espressioni utilizzate dall’incolpato nella mail del 15 settembre 2017 ritenute, correttamente, sufficienti ad integrare la responsabilità disciplinare e la violazione del Cdf atteso che queste non sono rivolte alla controparte bensì al difensore di quest’ultima.
Sussiste, quindi, la prova documentale dei fatti contrastanti la regola deontologica addebitati all’incolpato e non emergono, inoltre, elementi sul piano probatorio, tali da escludere la responsabilità disciplinare dell’avv. [RICORRENTE], in quanto la pur severa reazione a fronte a condotte del collega giudicate illegittime non può soverchiare i limiti di un corretto rapporto di colleganza”
Consiglio Nazionale Forense (pres. Greco, rel. Cosimato), sentenza n. 436 del 23 novembre 2024
