Revoca della liberazione anticipata conseguente a nuove condanne: illegittima senza un’adeguata considerazione della partecipazione del condannato all’opera di rieducazione (Vincenzo Giglio)

Cassazione penale, Sez. 1^, sentenza n. 20879/2025, udienza del 29 maggio 2025, deposito del 4 giugno 2025, ha ricordato, coerentemente alla sentenza n. 186/1995 della Corte costituzionale, che non è consentita la revoca del beneficio della liberazione anticipata allorché consegua automaticamente alla sopravvenienza di nuove condanne senza prendere in considerazione la partecipazione del condannato all’opera di rieducazione.

automatico dall’esistenza delle nuove condanne, ovvero proprio ciò che prevedeva in origine la norma dell’art. 54 ord pen. e che la pronuncia della Corte costituzionale sopracitata ha ritenuto non conforme a Costituzione.

Provvedimento impugnato

Con ordinanza del 26 febbraio 2025 il Tribunale di sorveglianza, in accoglimento della richiesta del PM, ha revocato il beneficio della liberazione anticipata che con precedenti ordinanze era stato concesso per 23 semestri al condannato GSL.

Il Tribunale di sorveglianza ha revocato il beneficio perché è emerso dagli atti che il condannato è stato raggiunto da due ulteriori sentenze di condanna (sentenza della Corte di appello del 14 febbraio 2013; sentenza della Corte di appello del 9 dicembre 2020) che lo hanno condannato per il reato di partecipazione ad associazione di tipo mafioso commesso durante e dopo l’esecuzione della pena; in particolare il reato è stato accertato esser stato commesso “da luglio 2008 ad ottobre 2009” nella prima sentenza e “da maggio 2012 ad aprile 2015” nella seconda sentenza; è pertanto evidente che il reo non ha partecipato all’opera di rieducazione commettendo per un lungo lasso temporale, anche mentre era in esecuzione pena, gravissimi reati associativi.

Ricorso per cassazione

Avverso il predetto provvedimento ha proposto ricorso il condannato, per il tramite del difensore, che, con un unico motivo, deduce che il provvedimento impugnato crea un automatismo tra commissione del reato e mancata partecipazione all’attività rieducativa che è stata ritenuta illegittima dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 186 del 23 maggio 1995, soprattutto per i semestri più lontani dal periodo in cui è stata accertata la partecipazione all’associazione a delinquere manca una motivazione sul rapporto tra avvenuta commissione dei reati e partecipazione all’opera di rieducazione.

Decisione della Suprema Corte

Il ricorso è fondato.

La motivazione dell’ordinanza impugnata si risolve nella citazione della norma dell’art. 54 ord. pen. attributiva del potere di revoca del beneficio, nella citazione della sentenza della Corte costituzionale n. 186 del 23 maggio 1995 – che ne ha dichiarato l’incostituzionalità nella parte in cui prevede la revoca della liberazione anticipata nel caso di condanna per delitto non colposo commesso nel corso dell’esecuzione successivamente alla concessione del beneficio anziché stabilire che la liberazione anticipata è revocata se la condotta del soggetto appare incompatibile con il mantenimento del beneficio -, nella citazione dei titoli di reato per cui il ricorrente è stato successivamente condannato, nella indicazione dei periodi di commissione di tali nuovi reati, e nella conclusione che il reo non ha partecipato all’opera di rieducazione.

In definitiva, nello schema dell’ordinanza impugnata la mancanza di partecipazione all’opera di rieducazione è stata desunta in automatico dall’esistenza delle nuove condanne, ovvero proprio ciò che prevedeva in origine la norma dell’art. 54 ord pen. e che la pronuncia della Corte costituzionale sopracitata ha ritenuto non conforme a Costituzione.

Ne consegue che l’ordinanza impugnata non resiste alle censure che le sono state rivolte e deve essere annullata con rinvio per nuovo giudizio sul punto.