Omesso inserimento della querela nel fascicolo del dibattimento: è onere del giudice acquisirla anche d’ufficio (Vincenzo Giglio)

Cassazione penale, Sez. 2^, sentenza n. 17493/2025, udienza del 16 aprile 2025, deposito dell’8 maggio 2025, ha chiarito che nell’ipotesi in cui nel fascicolo del dibattimento non sia stata inserita la querela e/o l’attestazione prevista dall’art. 337, comma quarto, cod. proc. pen., a suo tempo redatte, è onere del giudice acquisirle d’ufficio durante il giudizio anche nel corso dell’istruttoria dibattimentale.

Deve essere ricordato in primo luogo, che sotto il profilo normativo, ai sensi dell’art. 431 lett. a) cod. proc. pen.: “Nel fascicolo per il dibattimento sono raccolti: a) gli atti relativi alla procedibilità dell’azione penale e all’esercizio dell’azione civile” e da ciò consegue che l’atto di querela deve legittimamente fare parte degli atti sottoposti all’esame del giudice che procede. Chiamata ad interpretare detta norma, la giurisprudenza di legittimità ha chiarito che la produzione dell’atto di querela non rientra nella disponibilità delle parti, sicché in mancanza di iniziative delle stesse è onere del giudice che procede disporne l’acquisizione; si è in particolare affermato come in materia di atti relativi alla procedibilità, nella ipotesi in cui nel fascicolo del dibattimento non sia stata inserita la querela e/o l’attestazione prevista dall’art. 337, comma quarto, cod. proc. pen., a suo tempo redatte, queste potranno essere prodotte o acquisite d’ufficio durante il giudizio anche nel corso dell’istruttoria dibattimentale (Sez. 5, n. 31220 del 29/05/2013, Rv. 256088 – 01); in motivazione la suddetta pronuncia chiarisce che: la norma racchiusa nell’art. 431, lett. a), che annovera gli atti relativi alla procedibilità dell’azione penale tra quelli che devono comporre il fascicolo per il dibattimento, è disposizione di carattere funzionale ed ordinatorio, volta ad assicurare il regolare ed ordinato svolgimento del processo.

È significativo, in proposito, che lo stesso art. 491, comma 2, ultima parte, stabilisce che la preclusione sancita dal comma 1 si applica anche alle questioni concernenti il contenuto del fascicolo per il dibattimento, salvo, però, che la possibilità di proporle sorga soltanto nel corso del dibattimento, con ciò dettando una significativa deroga al rigore della stessa preclusione. Pertanto, nell’ipotesi in cui, nel fascicolo del dibattimento, manchi il documento che contenga la manifestazione di volontà della persona offesa di ottenere la punizione del responsabile, ovvero le prescritte formalità di cui all’art. 337, comma 4, una siffatta mancanza non autorizza il giudice a procedere senz’altro alle consequenziali determinazioni in ordine alla procedibilità dell’azione penale, non potendo esimersi dal compiere le indagini necessarie alla verifica dell’effettiva e rituale proposizione della querela, la cui documentazione, in ipotesi affermativa, va poi riversata nel fascicolo per il dibattimento.

Il principio, risulta ribadito e chiarito anche da quella successiva pronuncia a mente della quale spetta al giudice, nel caso in cui, nel fascicolo del dibattimento, sia presente la querela ma non la documentazione attestante la data della sua presentazione, disporne, anche d’ufficio ed in qualsiasi momento, l’acquisizione, in quanto, per la sua funzione tipica di impulso processuale, l’esistenza ed effettiva presentazione della querela non sono profili che possono essere rimessi alla disponibilità delle parti (Sez. 5, n. 14242 del 23/03/2015, Rv. 264081 – 01; ed anche più recentemente Sez. 5, n. 38354 del 11/07/2023 Ud.  (dep. 19/09/2023) Rv. 285770 – 02).

L’onere di acquisizione di ufficio dell’atto integrante la condizione di procedibilità risulta affermato anche in relazione al giudizio di appello, per il quale si è stabilito come in tema di condizioni di procedibilità, non trova applicazione la preclusione di cui all’art. 491 comma secondo cod. proc. pen.; ne consegue che il giudice d’appello ha l’obbligo di disporre, anche d’ufficio, l’acquisizione al fascicolo per il dibattimento dell’atto di querela, nel caso in cui sorgano questioni sull’accertamento della sua proposizione e non risultino dagli atti elementi decisivi tali da farla ritenere omessa (Sez. 2, n. 3187 del 28/11/2013, dep. 2014, Rv. 258534 – 01; nello stesso senso Sez. 3, n. 26162 del 09/03/2011, Rv. 250957 – 01). Ne deriva affermarsi che, venuto meno il giudizio di appello su impugnazione del PM nei casi di proscioglimento in primo grado per i reati a citazione diretta, legittimamente il PM medesimo in sede di ricorso per cassazione può, e deve, allegare all’impugnazione gli atti aventi ad oggetto la procedibilità oggetto di contestazione, che il giudice di legittimità ha l’onere di valutare ai fini di sindacare la dedotta violazione di legge. E poiché nel caso in esame il PM impugnante ha puntualmente indicato le querele erroneamente interpretate, ovvero mai acquisite, pur essendo presenti al suo fascicolo, l’impugnata sentenza deve essere annullata con rinvio al giudice di primo grado, trattandosi di impugnazione diretta in cassazione quale unico rimedio previsto avverso le sentenze di proscioglimento emesse dal tribunale per i reati a citazione diretta.