Cassazione penale, Sez. 2^, sentenza n. 20203/2025, udienza del 24 aprile 2025, deposito del 30 maggio 2025, ha ribadito, in conformità all’orientamento delle Sezioni uniti penali della Suprema Corte, che l’utilizzo, nella procura alle liti, di una formula anche generica e, potenzialmente, onnicomprensiva può configurare quella espressa volontà diversa che il comma 3 dell’art. 100, cod. proc. pen., richiede affinché il mandato defensionale non si debba presumere conferito soltanto per un determinato grado del processo.
Con la sentenza delle Sezioni unite Mazzarella (SU, n. 44712 del 27/10/2004, Mazzarella, Rv. 229179-01), è stato affermato il principio secondo cui l’utilizzo, nella procura alle liti, di una formula anche generica e, potenzialmente, onnicomprensiva può configurare quella «espressa volontà diversa» che il comma 3 dell’art. 100, cod. proc. pen., richiede affinché il mandato defensionale non si debba presumere conferito «soltanto per un determinato grado del processo».
Ciò sul presupposto che, per il rilascio della suddetta procura, non è prevista l’adozione di formule sacramentali, con la conseguente negazione della fondatezza dell’opposta tesi che, al fine di superare la menzionata presunzione semplice, esigeva la volontà espressa, cioè palese, evidente, volta a estendere la procura oltre il primo grado del processo.
Sulla base di tale principio, le Sezioni unite hanno affermato che formule quali «per tutti i gradi di giudizio», «in ogni stato e grado del procedimento» consentono di ritenere vinta la presunzione di cui al comma 3 dell’art. 100 cod. proc. pen., atteso che «[I]’impiego […] della stessa terminologia fatta propria dal tenore del terzo comma dell’art. 100 (“grado” di processo), ancorché non vi sia menzionata la parola “appello”, conferisce alla procura il potere di spiegare efficacia anche per l’ulteriore fase del procedimento» (pag. 11 della sentenza Mazzarella).
Nel caso in esame, la procura che era stata rilasciata al difensore in calce all’atto di costituzione di parte civile aveva il seguente tenore: «nomina proprio difensore e costituisce proprio procuratore speciale l’Avvocato […] affinché in suo nome e per suo conto […] lo assista e lo difenda nel procedimento penale R.G.N.R. n. 9559/12 – Udienza dibattimentale 2 ottobre 2015 dinanzi al Tribunale penale di A. – […] e le eventuali successive, oltre i gradi superiori di giudizio – con la costituzione di parte civile da effettuarsi nei confronti di E…]». Il mandato conteneva, perciò, in tutta evidenza, sia la procura alle liti («nomina proprio difensore»; «affinché lo assista e lo difenda»), sia la rappresentanza processuale ai sensi degli artt. 76 e 122 cod. proc. pen. («con la costituzione di parte civile da effettuarsi nei confronti di»).
Ciò posto, alla luce del trascritto contenuto complessivo dell’atto, l’interpretazione della Corte d’appello secondo cui la formula «oltre ai gradi superiori di giudizio» si riferiva al potere defensionale – e non, come è sostenuto dal ricorrente, esclusivamente all’immanenza” (o, meglio, permanenza) degli effetti della costituzione di parte civile – e conferiva al difensore anche la legittimazione a proporre appello, appare pienamente conforme al ricordato principio di diritto e del tutto priva di contraddizioni e di illogicità, tanto meno manifeste, sicché essa non è censurabile in sede di legittimità.
