Cassazione penale, Sez. 2^, sentenza n. 20994/2025, udienza del 28 maggio 2025, deposito del 5 giugno 2025, ha chiarito che il delitto di danneggiamento, mentre è punibile a querela nel caso in cui il fatto sia commesso su cose esposte per necessità o consuetudine alla pubblica fede, rimane punibile d’ufficio nelle altre ipotesi previste dall’art. 625 n. 7 cod. pen., compresa l’ipotesi in cui il fatto sia stato commesso su cose destinate a pubblico servizio o pubblica utilità.
In fatto
Il Procuratore generale presso la Corte di appello ricorre per cassazione avverso la sentenza del Tribunale che aveva dichiarato non doversi procedere nei confronti di SC per difetto di querela.
All’imputata era stato contestato il reato di cui agli artt. 61 n.1, 81 cpv., 635, comma 2 n. 3 in relazione all’art. 625 n. 7 c.p. perché per futili motivi danneggiava volutamente beni in dotazione ad un penitenziario.
Il ricorrente eccepisce che il reato era procedibile di ufficio perché commesso su cose esistenti in uffici o stabilimenti pubblici ai sensi e per gli effetti del combinato disposto dell’ultimo comma dell’art. 635 cod. pen. e dell’art. 625 primo comma n. 7 cod. pen.
Il Tribunale aveva erroneamente ritenuto che fosse stata contestata l’aggravante (rectius, ora elemento costitutivo) del fatto commesso su cose esposte per necessità o consuetudine a pubblica fede.
Decisione della Suprema Corte
Il ricorso è fondato.
L’art. 635, secondo comma, cod. pen. prevede che “Alla stessa pena soggiace chiunque distrugge, disperde, deteriora o rende, in tutto o in parte, inservibili le seguenti cose….n. 1) altre delle cose indicate nel numero 7) dell’articolo 625”; tale ultima norma si riferisce a “cose esistenti in uffici o stabilimenti pubblici, o sottoposte a sequestro o a pignoramento o esposte per necessità o per consuetudine o per destinazione alla pubblica fede, o destinate a pubblico servizio o a pubblica utilità, difesa o reverenza”; l’ultimo comma dell’art. 635 cod. pen. prevede che “Nei casi previsti dal primo comma, nonché dal secondo comma, numero 1), limitatamente ai fatti commessi su cose esposte per necessità o per consuetudine o per destinazione alla pubblica fede, ai sensi dell’articolo 625, primo comma, numero 7), il delitto è punibile a querela della persona offesa”.
Pertanto, solo nel caso in cui il fatto sia commesso su cose esposte per necessità o consuetudine alla pubblica fede è stata prevista la punibilità a querela, mentre il delitto rimane punibile d’ufficio nelle altre ipotesi previste dall’art. 625 n. 7 cod. pen., compreso quindi, come nel caso in esame, l’ipotesi in cui il fatto sia stato commesso su cose destinate a pubblico servizio o pubblica utilità.
Deve inoltre essere ribadito il principio secondo cui “la sentenza di proscioglimento, pronunciata in pubblica udienza dopo l’avvenuta costituzione delle parti, non è riconducibile al modello di cui all’art. 469 cod. proc. pen. ed è appellabile nei limiti indicati dalla legge, sicché, nel caso di annullamento a seguito di ricorso “per saltum” del pubblico ministero, il rinvio deve essere disposto innanzi al giudice di secondo grado” (Sez. 2, n. 16478 del 03/04/2024, Caminiti Rv. 286279-01).
Si deve infine rilevare che correttamente sia stato promosso dal PG ricorso immediato in cassazione: sebbene nel titolo del motivo sia stato denunciato vizio di motivazione (il che avrebbe comportato che, ai sensi dell’art. 569, comma 3, cod. proc. pen., si sarebbe dovuta disporre la conversione in appello), nell’esposizione dello stesso è stata eccepita soltanto violazione di legge, in particolare relativamente alla errata applicazione del combinato disposto degli artt. 635 e 625 comma 1 n. 7 cod. pen.
La sentenza impugnata deve essere pertanto annullata con rinvio alla Corte di appello per il giudizio.
