L’articolo 492 comma 2 cpp prescrive, dopo la dichiarazione di apertura del dibattimento, la lettura della imputazione da parte dell’ausiliario che assiste il giudice.
Mai norma è stata più disattesa, a qualcuno è mai capitato che l’ausiliario del giudice prenda la parola per leggere scrupolosamente l’imputazione?
L’inosservanza dell’articolo 492 comma 2 cpp ha delle conseguenze?
Ricordiamo che il codice del 1988 – nel Titolo I e nel Capo II del Titolo II del Libro VII – ha distinto due segmenti processuali (o sub-fasi che dir si voglia) dedicati, rispettivamente, agli «atti preliminari al dibattimento» ed agli «atti introduttivi».
Nel primo (artt. 465 – 469) sono stati collocati gli atti di natura organizzativa propedeutici alla celebrazione del dibattimento, oltre alla disciplina dell’assunzione delle prove non rinviabili e, per l’appunto, della sentenza anticipata di proscioglimento.
Il secondo (artt. 484 – 495) invece coagula in una fase organica una serie eterogenea di attività processuali – che vanno dalla verifica della costituzione delle parti e dalla deduzione, discussione e decisione delle questioni preliminari, alla formale dichiarazione di apertura del dibattimento ed all’assunzione dei provvedimenti del giudice in ordine alla prova – accomunate dalla strumentale funzione di garantire la regolare introduzione del dibattimento, ma soprattutto dalla circostanza che, al contrario di quelle menzionate nel Titolo I, si tratta di attività che vengono svolte nell’udienza dedicata alla celebrazione dello stesso dibattimento.
Mentre il primo segmento corrisponde sostanzialmente a quello degli «atti preliminari al giudizio» isolato nel Titolo I del Libro III del codice previgente, la formale configurazione di quello ulteriore è frutto di una inedita scelta del legislatore del 1988, posto che nell’assetto previgente le attività che al suo interno sono ora raggruppate non avevano una altrettanto definita sistemazione.
II carattere polisemico che assume nel lessico codicistico il termine “dibattimento” porta a ridimensionare la rilevanza dell’art. 492, da alcuni indicato come unico riferimento sistematico attendibile per individuare la cesura tra la fase predibattimentale e quella dibattimentale.
In proposito va anzitutto sottolineato che la formula «dichiara aperto il dibattimento» riproduce in maniera tralaticia quella del già citato art. 430 del codice del 1930.
Mentre però nell’assetto previgente l’apertura del dibattimento era preceduta esclusivamente dalla verifica della costituzione delle parti e dalla lettura delle imputazioni, in quello voluto dalla riforma del 1988, come si è già ricordato, la fase introduttiva del giudizio di merito ha assunto un ben più articolato contenuto, divenendo ad esempio la sede preposta alla proposizione e decisione delle questioni preliminari nel pieno contraddittorio di tutte le parti legittimamente costituite.
In tal senso all’adempimento di cui all’art. 492 sembra essere stato dunque assegnato il significato formale di riferimento temporale per l’attivazione di determinati poteri di carattere processuale e sostanziale (si pensi ad esempio alla domanda di oblazione) non più esercitabili nel prosieguo del dibattimento.
Ma anche a prescindere da tale annotazione non corrisponde al vero che nella traduzione normativa dei vari segmenti in cui si articola la sequenza procedimentale disciplinata nel Libro VII non siano espressamente descritte le cesure che consentano di identificare con certezza la loro estensione temporale.
Come ricordato da Sez. U, n. 6 del 24/03/1995, Marchese, Rv. 200821, infatti, la fase degli atti preliminari al dibattimento ha inizio non già con il provvedimento con il quale viene disposto il rinvio a giudizio dell’imputato, bensì con la sua effettiva ricezione da parte del giudice designato nello stesso per procedere al giudizio, come chiaramente si evince dall’art. 465 cod. proc. pen. Analogamente l’esordio degli atti introduttivi trova un preciso riscontro normativo nell’art. 484 cod. proc. pen., mentre l’istruttoria dibattimentale inizia non già con la dichiarazione di apertura del dibattimento, bensì, per come recita l’art. 496 cod. proc. pen., con l’effettiva assunzione delle prove richieste dalla pubblica accusa.
Ed è ovvio che ognuno di questi atti scandisce altresì l’esaurimento della sub-fase antecedente secondo la progressione cronologica che alla sequenza procedimentale è stata impressa dal legislatore.
In particolare, proprio l’art. 484 significativamente stabilisce che il giudice, «prima di dare inizio al dibattimento», proceda alla verifica della regolare costituzione delle parti, rivelando come all’adempimento di tale compito prenda avvio senza soluzione di continuità il dibattimento e debba dunque considerarsi esaurita la fase predibattimentale.
Dopo questa breve ricostruzione esegetica torniamo alla domanda iniziale: la mancata lettura dell’imputazione da parte dell’ausiliario comporta conseguenze?
Abbiamo verificato a livello giurisprudenziale e riportiamo la sentenza della cassazione penale sezione 1 numero 10107/1998 che ha stabilito che la mancata lettura dell’imputazione da parte dell’ausiliario che assiste il giudice, dopo la dichiarazione di apertura del dibattimento, non dà luogo ad alcuna nullità, in forza del principio di tassatività delle nullità e tenuto conto che detta violazione non può ricondursi nella categoria delle nullità di ordine generale previste dall’art. 178, lett. c) c.p.p., posto che essa non riguarda l’intervento, l’assistenza e la rappresentanza dell’imputato e che l’esigenza della contestazione è soddisfatta dalla notificazione del decreto che dispone il giudizio, corrispondente all’atto cui la legge processuale demanda la funzione della editio actionis, e non dalla lettura in udienza dell’imputazione.

mai sentita la lettura dell’imputazione e, in appello, ormai anche la relazione del consigliere relatore viene saltata senza nemmeno farne cenno……..abrogazione giurisprudenziale!
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