La Cassazione sezione 6 con la sentenza numero 20123/2025 ha ribadito che per escludere l’applicabilità dell’articolo 131 bis c.p., non sia sufficiente la mera constatazione della presenza di denunzie nei confronti dell’imputato o di “precedenti di polizia“, di cui si ignora la sorte; il giudice investito della richiesta di applicazione della causa di non punibilità dovrà, dunque verificare, su richiesta della difesa o d’ufficio, l’esito di tali segnalazioni, per trarne l’esistenza di eventuali concreti elementi fattuali che dimostrino la abitualità del comportamento dell’imputato.
Fatto:
Il Tribunale aveva prosciolto l’imputato per particolare tenuità del fatto in ragione della quantità di stupefacente, per lo stato di incensuratezza formale e per l’assenza di carichi pendenti.
La Corte di appello nel riformare la sentenza, ha invece valorizzato:
a) il precedente specifico commesso il 3.9.2020, al quale è conseguita una sentenza di applicazione di pena;
b) le dichiarazioni del soggetto al quale l’imputato aveva ceduto sostanza stupefacente in occasione del fatto per cui si procede e che avrebbe riferito di avere acquistato droga anche in altre occasioni; c) l’essere stato arrestato nuovamente l’imputato 1’1.11.2022 sempre per detenzione illecita di sostanza stupefacente
Decisione:
La Suprema Corte, premette che quanto alla nozione di abitualità del comportamento, le Sezioni Unite con la sentenza n. 13681 del 25/2/2016, Tushaj, Rv. 266591-01 hanno spiegato come, ai fini del presupposto ostativo alla configurabilità della causa di non punibilità prevista dall’art. 131 bis cod. pen., il comportamento è abituale quando l’autore, anche successivamente al reato per cui si procede, ha commesso almeno due illeciti, oltre quello preso in esame.
In motivazione, la Corte ha chiarito che, ai fini della valutazione del presupposto indicato, il giudice può fare riferimento oltre che alle condanne irrevocabili ed alle precedenti pronunzie relative a reati in precedenza ritenuti non punibili ai sensi dell’art. 131-bis, cod. pen., anche agli illeciti il cui accertamento è ancora in fase di cognizione di cui il giudice è in grado di valutare l’esistenza.
Si afferma, infatti, che « la pluralità dei reati può concretarsi non solo in presenza di condanne irrevocabili, ma anche nel caso in cui gli illeciti si trovino al cospetto del giudice che, dunque, è in grado di valutarne l’esistenza».
Dunque, è sufficiente anche un accertamento incidentale da parte del Giudice che ha ad oggetto la commissione da parte dell’imputato di almeno altri due reati della stessa indole di quello per cui si procede e, in particolare, la sussistenza degli elementi costitutivi di detti due ulteriori reati.
Un accertamento, se possibile, in concreto, specifico, sul fatto reato, sulle sue coordinate spazio – temporali, nel contraddittorio delle parti e nel rispetto del diritto alla prova.
In tal senso la Corte di cassazione ha chiarito come non sia sufficiente la mera constatazione della presenza di denunzie nei confronti dell’imputato o di “precedenti di polizia”, di cui si ignora la sorte; il giudice investito della richiesta di applicazione della causa di non punibilità dovrà, dunque verificare, su richiesta della difesa o d’ufficio, l’esito di tali segnalazioni, per trarne l’esistenza di eventuali concreti elementi fattuali che dimostrino la abitualità del comportamento dell’imputato (Sez. 4, n. 51526 del 4/10/2018, Ben Brahim Ouissem, Rv. 274274-01).
In presenza, dunque, di precedenti di polizia a carico dell’imputato, il giudice potrà ritenerli sintomatici di una serialità ostativa alla concessione del beneficio solo all’esito della verifica:
a) del loro contenuto e degli elementi fattuali dalle stesse emergenti;
b) delle eventuali allegazioni difensive anche in ordine alla presenza di cause di giustificazione o di non punibilità della condotta;
c) degli esiti delle segnalazioni e, dunque, della loro iscrizione nel registro delle notizie di reato e dell’avvio di un procedimento penale (Sez. 6, n. 10196 del 16/02/2021, Sanfilippo, Rv. 280787)
La Corte di appello non ha fatto corretta applicazione dei principi indicati.
A fronte di una sentenza che aveva riconosciuto la causa di non punibilità, la Corte ha condannato l’imputato, escludendo la causa di cui all’art. 131 bis cod. pen, facendo riferimento, oltre che al precedente penale da cui è gravato, innanzitutto alle dichiarazioni rese nel corso del presente procedimento nella fase delle indagini dal soggetto cui lo stesso imputato aveva ceduto la sostanza stupefacente per la quale si procede: dichiarazioni non solo mai vagliate in contraddittorio, ma, rispetto alle quali, non è dato sapere nemmeno se esse abbiano dato origine ad un ulteriore procedimento penale, e, posto che ciò sia avvenuto, quale sia lo stato di detto procedimento.
La Corte di appello ha fatto inoltre riferimento ad un ulteriore arresto cui sarebbe stato sottoposto l’imputato per un fatto omogeneo a quello in esame.
Tutto questo non è sufficiente ad escludere l’applicabilità dell’articolo 131 bis c.p. senza approfondimenti sull’esito delle segnalazioni di polizia o di iscrizioni di notizie di reato sul registro degli indagati.
