Messa alla prova: al giudice è vietato ripensarci (Riccardo Radi)

La cassazione penale sezione 4 con la sentenza numero 10031/2025 ha stabilito che in tema di sospensione del procedimento con messa alla prova, costituisce causa di revoca ex art. 168-quater, comma primo, n. 2), cod. pen. la commissione da parte del soggetto ammesso, durante il periodo di prova, di un nuovo delitto non colposo o di un reato della stessa indole di quello per cui si procede e non anche la mera rivalutazione dell’originaria prognosi favorevole in ordine al pericolo di recidiva, fondata sull’analisi dei suoi precedenti penali.

Come evidenziato dal ricorrente, il giudice di merito, con ordinanza che non risulta essere stata oggetto di ricorso per cassazione ex art. 464-quater, comma 7, cod. proc. pen,, ha ammesso alla prova l’imputato, ritenuti sussistenti i presupposti di cui all’art. 168-bis cod. pen. e quindi formulando, per quanto maggiormente rileva ai presenti fini, una prognosi favorevole in ordine al futuro comportamento del prevenuto in considerazione dei parametri di cui all’art. 133 c.p.

A una successiva udienza è stata revocata la messa alla prova in considerazione dei plurimi precedenti penali del prevenuto.

Si è trattato di udienza originariamente fissata in attesa di interlocuzioni con l’UEPE sollecitate dal giudice, con riferimento ad ammissione alla prova comunque già intervenuta con provvedimento non impugnato, e poi destinata a una «nuova calendarizzazione del processo», in ragione del mutamento del giudicante.

Il provvedimento impugnato in questa sede, pur nella sua estrema sinteticità, concretizza dunque una revoca di ordinanza ammissiva della messa alla prova sostanzialmente in ragione di una rivisitazione della valutazione prognostica circa la commissione di ulteriori reati, emessa ex art. 464-octies, comma 1, cod. proc. pen.

Orbene, entrambi i motivi di ricorso, suscettibili di trattazione congiunta, sono fondati.

Quanto al dedotto error in procedendo, occorre difatti rilevare che il comma 2 dello stesso art. 464-octies cod. proc. pen. stabilisce che, ai fini di cui al primo comma dello stesso articolo, il giudice fissa l’udienza ai sensi dell’art. 127 cod. pen. per la valutazione dei presupposti della revoca, dandone avviso alle parti e alla persona offesa almeno dieci giorni prima.

In riferimento al disposto del predetto comma 2, la Suprema Corte, ha rilevato che il giudice può procedere alla revoca dell’ordinanza di messa alla prova solo previa interlocuzione con le parti, vale a dire con udienza camerale partecipata, fissata ai sensi dell’art. 127 cod. proc. pen., previo avviso alle medesime parti. Sicché non è possibile procedere alla revoca de plano (Sez. 5, n. 57506 del .4. 24.11.2017, Senatore, Rv. 271875 – 01), ovvero all’esito di una udienza fissata ma, come nella specie, per una diversa finalità, senza che sia preceduta da un avviso che consenta alle parti di partecipare al contraddittorio con cognizione di causa in merito alla specifica questione della ricorrenza dei presupposti per la revoca di cui all’art. 168-quater cod. pen. (Sez. 4, n. 8388 del 13/02/2024, Gentile, non massimata, e Sez. 6, n. 45889 dell’08/10/2019, Amoroso, Rv. 277387 – 01).

Trattasi di contraddittorio camerale finalizzato a consentire la valutazione dei presupposti della revoca, risultando quindi il confronto delle parti strumentale a fornire al giudice tutti gli elementi necessari per decidere sulla revoca (Sez. 6, n. 36573 del 28/06/2022, Esposito).

Ne consegue dunque che il provvedimento impugnato è affetto da nullità generale a regime intermedio, ex art. 178, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., in ragione dell’assenza di un avviso contenente l’indicazione, sia pure in forma succinta, dell’oggetto del procedimento, per la necessità di assicurare il rispetto del principio del contraddittorio (per la nullità generale a regime intermedio, Sez. 4, n. 8388 del 13/02/2024, Gentile, cit., e Sez. 6, n. 45889 dell’08/10/2019, Amoroso, cit.). 3.2. Parimenti fondato è il secondo motivo di ricorso.

L’art. 168-quater cod. pen. prevede che la sospensione del procedimento con messa alla prova sia revocata in tre ipotesi:

1) grave e reiterata violazione del programma o delle prescrizioni imposte;

2) rifiuto della prestazione del lavoro di pubblica utilità;

3) commissione, durante il periodo di prova, di un nuovo delitto non colposo o di un reato della stessa indole di quello per cui si procede.

Trattasi di ipotesi di revoca della sospensione del procedimento correlate all’accertamento dell’infedeltà dell’interessato rispetto all’impegno assunto e alla smentita della fiducia accordatagli dall’ordinamento circa il buon esito della prova.

L’ipotesi di revoca connessa alla commissione di un reato, durante il periodo di prova, è in particolare correlata alla palesata infondatezza della valutazione prognostica in punto di rischio di recidiva compiuta dal giudice in sede di applicazione dell’istituto (sul punto di veda Sez. 6, n. 28826 del 23/02/2018, Fiorani, in motivazione).

Quanto da ultimo evidenziato implica quindi che, nei limiti di interesse in questa sede, non rientra tra le cause di revoca di cui all’art. 168-quater cod. pen., una mera rivisitazione dell’originaria prognosi favorevole in ordine al pericolo di recidiva condotta, come nella specie, alla stregua dei precedenti penali del soggetto ammesso alla prova ma l’infondatezza della valutazione prognostica in punto di rischio recidiva palesata dalla commissione di un reato durante il periodo di prova.