Giudici d’appello che non scarcerano un imputato per il quale è decorso il termine di durata massima custodiale: è un fatto scarsamente rilevante se è unico e non c’è stata risonanza nell’ambiente giudiziario (Vincenzo Giglio)

La Sezione disciplinare del CSM, con l’ordinanza n. 90 del 29 luglio 2021 (tratta dal codice disciplinare annotato, pag. 33 del testo corrispondente a pag. 41 del file PDF, disponibile nella sezione giurisprudenza disciplinare del sito web istituzionale del CSM, scaricabile a questo link), ha affermato che “Non integra l’illecito disciplinare nell’esercizio delle funzioni per grave violazione di legge determinata da ignoranza o negligenza inescusabile, per scarsa rilevanza del fatto, la condotta del presidente del collegio di Corte di appello e del consigliere relatore che, in conseguenza della declaratoria di nullità del decreto di giudizio immediato, omettano di disporre la scarcerazione dell’imputato per decorrenza del termine di durata massima custodiale avuto riguardo all’unicità dell’episodio nella carriera dei magistrati e alla mancata risonanza dello stesso nell’ambiente giudiziario, circostanze idonee a determinare una mancata compromissione dell’immagine del  magistrato”.

E quindi:

  • il fatto è unico e conta poco;
  • non ha risuonato nell’ambiente giudiziario e così va bene;
  • non è stata compromessa l’immagine dei magistrati interessati e questo chiude il cerchio.

E l’imputato che è rimasto in galera più del giusto? Ci sarà rimasto un po’ male, ok, ma nulla di che alla fine.

E gli ambienti diversi da quello giudiziario, per esempio quello forense o quello carcerario o quello familiare del detenuto? Vabbè, ma che c’entra, non è che si può interpellare l’universo mondo per decidere una praticuccia da quattro soldi.

E l’immagine dei magistrati sbadati? È integra, quante volte lo dobbiamo ripetere? La questione è chiusa. Adesso, per favore, lasciateci lavorare che non è giornata.