Pena pecuniaria sostitutiva: regime sostanzialmente immutato anche dopo le modifiche del d. lgs. n. 31/2024 (Vincenzo Giglio)

Cassazione penale, Sez. 2^, sentenza n. 18630/2025, udienza del 7 maggio 2025, ha chiarito che la disciplina della pena pecuniaria sostitutiva è rimasta sostanzialmente immutata dopo le modifiche introdotte dal d.lgs. n. 31 del 2024, che ha novellato il primo comma dell’art. 545-bis, cod. proc. pen., eliminando i riferimenti alla pena pecuniaria, ma ha contestualmente introdotto un terzo comma all’art. 58 L. 689/81 (“Potere discrezionale del giudice nell’applicazione e nella scelta delle pene sostitutive”) che limita la necessità del consenso dell’imputato, espresso personalmente o a mezzo di procuratore speciale, alle pene sostitutive della semilibertà, della detenzione domiciliare e del lavoro di pubblica utilità, in ragione della natura afflittiva delle stesse e del peculiare regime esecutivo, mentre la pena pecuniaria sostitutiva, estranea alla richiamata previsione, risulta applicabile anche officiosamente dal giudice che procede ove ricorra il presupposto oggettivo di cui all’ultimo comma dell’art. 20-bis, cod.pen., e cioè la condanna alla reclusione o all’arresto contenuta nella misura di un anno.

Provvedimento impugnato

Con la sentenza impugnata la Corte territoriale confermava la decisione del locale Tribunale che, in data 12/1/2023, aveva dichiarato BF colpevole del delitto di truffa, condannandola – previo riconoscimento delle attenuanti generiche equivalenti alla recidiva- alla pena di giustizia.

Ricorso per cassazione

 Ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell’imputata, il quale ha dedotto i seguenti motivi:

violazione degli artt. 20-bis, 133 cod. pen. e 25, comma 2, Costituzione nonché l’inesistenza della motivazione a sostegno del diniego della sostituzione della pena detentiva con la pena pecuniaria; il difensore lamenta che la Corte territoriale ha negato la sostituzione della pena detentiva con la pena pecuniaria valorizzando in senso ostativo i sette precedenti penali dell’imputata sebbene alla data del fatto ascritto in rubrica la ricorrente fosse gravata da due soli precedenti risalenti all’anno 2013 per reati diversi da quello a giudizio mentre le ulteriori condanne richiamate sono intervenute solo nel 2019 e non potevano, dunque, essere oggetto di valutazione;

violazione dell’art. 20-bis cod.pen. in relazione al diniego della sostituzione della pena detentiva con la pena pecuniaria per non avere la difesa formulato la richiesta in primo grado ma solo con i motivi d’appello, in contrasto con il dettato normativo e con i principi affermati dalla giurisprudenza di legittimità secondo cui la pena pecuniaria sostitutiva può essere applicata anche d’ufficio purché sussistano i presupposti oggettivi previsti dall’ultimo comma dell’art. 20-bis cod. pen. 

Decisione della Suprema Corte

Il ricorso è infondato.

Infatti, sebbene risulti erronea l’affermazione della Corte di merito circa l’asserita preclusione alla richiesta di applicazione della pena pecuniaria sostitutiva in appello per effetto della mancata formulazione della stessa in primo grado, l’assunto non ha comportato effetti pregiudizievoli per la ricorrente, avendo la sentenza impugnata esaminato la richiesta, disattendendola nel merito. 

La Corte territoriale ha omesso di considerare che la disciplina della pena pecuniaria sostitutiva è rimasta sostanzialmente immutata dopo le modifiche introdotte dal d.lgs. n. 31 del 2024, che ha novellato il primo comma dell’art. 545-bis, cod. proc. pen., eliminando i riferimenti alla pena pecuniaria, ma ha contestualmente introdotto un terzo comma all’art. 58 L. 689/81 (“Potere discrezionale del giudice nell’applicazione e nella scelta delle pene sostitutive”) che limita la necessità del consenso dell’imputato, espresso personalmente o a mezzo di procuratore speciale, alle pene sostitutive della semilibertà, della detenzione domiciliare e del lavoro di pubblica utilità, in ragione della natura afflittiva delle stesse e del peculiare regime esecutivo, mentre la pena pecuniaria sostitutiva, estranea alla richiamata previsione, risulta applicabile anche officiosamente dal giudice che procede ove ricorra il presupposto oggettivo di cui all’ultimo comma dell’art. 20-bis, cod.pen., e cioè la condanna alla reclusione o all’arresto contenuta nella misura di un anno.

Quanto all’ulteriore doglianza relativa alla valorizzazione ai fini del rigetto della domanda dei precedenti penali della prevenuta relativi anche a condanne successive alla consumazione del delitto ascritto, la censura non può trovare concordi.

In disparte il non puntuale richiamo a precedenti giurisprudenziali non massimati riferibili al pregresso regime delle sanzioni sostitutive, deve rimarcarsi che l’art. 58 L. 689/81, come modificato, impone al giudice nell’esercizio del potere discrezionale concernente l’applicazione delle pene sostitutive di tener conto dei criteri direttivi dell’art. 133, cod.pen. al fine di formulare la necessaria prognosi binaria circa la maggior idoneità delle stesse a favorire la rieducazione del condannato e a prevenire il rischio di recidiva.

Si tratta di una valutazione nella quale, ai sensi dell’art. 133, comma 2 n. 2, cod.pen., rientrano a pieno titolo i precedenti penali e giudiziari quali indicatori della capacità a delinquere dell’imputato che, sebbene non rivestano ex sé valenza ostativa alla sostituzione, possono legittimamente concorrere alla formulazione del giudizio prognostico in punto di idoneità della misura sostitutiva a prevenire il rischio di recidivanza.

Né persuade l’assunto secondo cui detto giudizio attitudinale debba essere limitato ai precedenti iscritti in epoca anteriore la commissione del reato per cui si procede, non ricavandosi detta limitazione dal tenore normativo che, come detto, richiama tutti i criteri enunziati nell’art. 133 cod.pen. e confliggendo la prospettazione difensiva con la proiezione temporale tipica del giudizio prognostico, nel quale le circostanze dell’illecito e la biografia dell’autore, adeguatamente scrutinate, devono ragionevolmente prefigurare il recupero dell’agente e l’elisione del rischio di ricaduta.

Nella specie la Corte di merito ha evidenziato che l’esistenza a carico della ricorrente di ben sette precedenti specifici non consente di pervenire ad un giudizio di maggiore idoneità della pena pecuniaria sostitutiva a fini rieducativi, con una valutazione che si sottrae a censura in quanto giuridicamente corretta ed adeguatamente argomentata.