Giurisprudenza della Sezione disciplinare del CSM: il caso del magistrato che insulta pubblicamente i capi di Corte e offende un avvocato per la sua provenienza da una città “incivile” (Vincenzo Giglio)

Dal codice disciplinare annotato pubblicato il 4 aprile 2025 nella sezione dedicata alla giurisprudenza disciplinare del sito web istituzionale del Consiglio superiore della magistratura, si apprende che “Integra l’illecito disciplinare nell’esercizio delle funzioni per comportamenti gravemente scorretti nei confronti di altri magistrati la condotta del giudice che abbia con tono concitato attribuito un epiteto sconveniente (“merde”) al precedente Presidente del Tribunale e al Presidente della Corte in luogo pubblico e al cospetto di numerose persone e del Presidente del Tribunale in carica, ed altresì, in altra occasione nel corso di un’udienza, abbia richiamato il difensore ad accorciare i tempi della sua arringa alludendo in maniera denigratoria alla provenienza territoriale del professionista, di modo da evidenziare la inciviltà della città di provenienza”.

La massima è stata tratta dalla sentenza n. 178 del 5 novembre 2018 emessa dalla Sezione disciplinare del CSM che ha irrogato al magistrato incolpato la sanzione della censura.

Si apprende altresì che la pronuncia è stata impugnata e che le Sezioni unite della Suprema Corte, con la sentenza n. 19663 del 21 settembre 2020, hanno dichiarato cessata la materia del contendere per cessata appartenenza dell’incolpato all’ordine giudiziario.

La decisione del giudice disciplinare dei magistrati è ampiamente condivisibile, data la gravità delle condotte tenute in più occasioni dall’incolpato.

Comunque sia, la rozzezza dell’epiteto che l’interessato ha rivolto ai titolari di due importanti uffici giudiziari in un luogo pubblico, la gratuita offensività verso un difensore nell’esercizio delle sue funzioni e il substrato “razzista” degli accenni alla sua provenienza territoriale e all’inciviltà dei relativi luoghi sembrano inspiegabili ricorrendo a momentanee cadute dei freni inibitori e paiono piuttosto tracce personologiche che avrebbero potuto continuare a manifestarsi.

Fortunatamente, la cessata appartenenza all’ordine giudiziario, le cui ragioni non è dato conoscere, ha risolto il problema.