Concezione esistenziale fondata sulle attività illecite: non va confusa con l’unicità del programma criminoso e non giustifica il riconoscimento della continuazione (Vincenzo Giglio)

Cassazione penale, Sez. 1^, sentenza n. 18139/2025, udienza dell’8 maggio 2025, condividendo un consolidato orientamento di legittimità con specifico riferimento al vincolo della continuazione, ha individuato gli elementi da cui desumere l’ideazione unitaria da parte del singolo agente di una pluralità di condotte illecite, affermando che le violazioni dedotte ai fini dell’applicazione della continuazione, ex artt. 81, secondo comma, cod. pen., e 671 cod. proc. pen., devono costituire parte integrante di un unico programma criminoso, che deve essere deliberato per conseguire un determinato fine, per il quale si richiede l’originaria progettazione di una serie ben individuata di reati, già concepiti nelle loro caratteristiche essenziali (tra le altre, Sez. 1, n. 11564 del 13/11/2012, Rv. 255156 – 01; Sez. 1, n. 44862 del 05/11/2008, Rv. 242098 – 01).

L’unicità del programma criminoso, a sua volta, non deve essere assimilata a una concezione esistenziale fondata sulle attività illecite del condannato, perché, in tal caso, la reiterazione «della condotta criminosa è espressione di un programma di vita improntata al crimine e che dal crimine intende trarre sostentamento e, pertanto, penalizzata da istituti quali la recidiva, l’abitualità, la professionalità nel reato e la tendenza a delinquere, secondo un diverso ed opposto parametro rispetto a quello sotteso all’istituto della continuazione, preordinato al “favor rei”» (Sez. 5, n. 10917 del 12/01/2012, Rv. 252950 – 01).

La verifica di tale preordinazione criminosa, infine, non può essere compiuta dall’autorità giudiziaria sulla base di indici di natura meramente presuntiva ovvero di congetture processuali, essendo necessario, di volta in volta, dimostrare che i reati che si ritengono avvinti dal vincolo della continuazione siano stati concepiti ed eseguiti nell’ambito di un programma criminoso che, almeno nelle sue linee fondamentali, risulti unitario e imponga l’applicazione della disciplina prevista dagli artt. 81, secondo comma, e 671 cod. proc. pen. (tra le altre, Sez. 1, n. 37555 del 13/11/2015, Rv. 267596 – 01; Sez. 5, n. 49476 del 25/09/2009, Rv. 245833 – 01).