Scandalo a Corte…penale internazionale (Marco Eller Vainicher)

I fatti: nel maggio del 2024 una ‘anonima avvocato Malese dello staff del Procuratore presso la CPI’, il britannico Karim Khan, il cui nome è coperto dalla massima riservatezza, avrebbe denunciato quelli che vengono definiti dalla stampa comportamenti di molestia sessuale, ma descritti come palpeggiamenti ed atti sessuali.

La questione non ha un seguito perché la vittima avrebbe chiesto di non procedere sulla base della propria denuncia il che precluderebbe una indagine interna del Tribunale (è infatti richiesto il consenso della vittima).

La questione torna ai (dis)onori della cronaca nel mese di novembre 2024, quando la donna ha raccontato di aver subito per oltre un anno tentativi insistenti di instaurare una relazione sessuale e palpeggiamenti contro la sua volontà, ma ancora non succede niente.

Ovviamente l’Avvocato Kahn nega ogni addebito (ed essendo innocente fino a prova contraria, gli crediamo, cosa che normalmente non accade in questi casi e cosa che la stampa non sta facendo neppure ora).

Solo a maggio 2025 una fuga di notizie porta il Wall Street Journal a raccontare di una testimonianza resa ai funzionari delle Nazioni Unite in cui la vittima avrebbe dichiarato di essere stata costretta da Khan a rapporti sessuali.

Ma stranamente ancora nessun passo ufficiale e l’accusa resta meramente di molestie sessuali.

Se ci fermassimo qua potremmo dire che alla stampa questo magistrato proprio non piace, ma che, al di là delle indiscrezioni non ci sono prove.

Invece ieri il Procuratore Khan si è autosospeso a tempo determinato, ma il ‘per quanto tempo’ resta una notizia riservata (ufficialmente fino alla chiusura delle indagini), venendo così sostituito dai suoi vice, tuttavia continua a negare ogni addebito, mentre il suo ufficio, in un comunicato ufficiale parla di “condotta scorretta” e di “comportamento sessuale inappropriato“.

Fin qua la narrazione ufficiale e gli unici dati più o meno oggettivi a disposizione, tuttavia la stampa, soprattutto americana, evidenzia altri elementi, il cui valore è peraltro incerto: la denunciante che sporge denuncia, ma chiede che non si proceda, le scansioni del procedimento coincidenti con l’apertura di inchieste internazionali (Israele, Libia, Italia), le possibili pressioni per ottenere provvedimenti pro o contro un determinato soggetto.

E poi una inchiesta che non esiste, per cui non ci sarebbero i requisiti di procedibilità, ma per cui si compiono atti di indagine, inchiesta che sarebbe di competenza della CPI, ma che viene svolta dall’ONU, condotte che dovrebbero essere qualificate come violenza sessuale che però vengono rubricate come mere molestie.

E soprattutto nessuno che decide dell’opportunità di rimuovere, anche solo temporaneamente, il Procuratore dal suo incarico, lasciando alla sua buona volontà la decisione (prove poco convincenti?).

Se da un lato questi elementi non hanno alcun effettivo rilievo, dall’altro minano la già difficile posizione della Corte, di recente accusata di parzialità e di essere troppo vicina a questa o quella posizione politica.

Un buon giurista, peraltro, crede nella presunzione di innocenza e si basa solo su dati oggettivi e prove, non su pettegolezzi e sospetti e quindi non resta che attendere qualcosa di oggettivo.