Cassazione penale, Sez. 1^, sentenza n. 17186/2025, udienza del 17 aprile 2025, ha annullato con rinvio un provvedimento di un magistrato di sorveglianza di inusuale sciatteria sia per la motivazione della decisione sia, soprattutto, per avere di fatto omesso di rispondere all’istanza del condannato.
Provvedimento impugnato
Con decreto del 31 gennaio 2024 il magistrato di sorveglianza di xxx ha respinto il reclamo presentato il 16 ottobre 2023 dal condannato FT, in cui questi – dopo aver premesso che lo stesso è in attesa da circa sei mesi di ricevere dei tegami per cucinare, e, nonostante vari solleciti, continua a sentirsi dire di dover aspettare perché l’impresa fornitrice è in ritardo nelle consegne – chiede al magistrato di sorveglianza di intervenire.
Il magistrato di sorveglianza ha respinto l’istanza, in quanto ha ritenuto che il Tribunale avesse già provveduto con separate precedenti ordinanze.
Ricorso per cassazione
Avverso il predetto provvedimento ha proposto reclamo il condannato, per il tramite del difensore, riqualificato in ricorso per cassazione dal Tribunale di sorveglianza di xxx con ordinanza del 16 gennaio 2025.
Con il primo motivo deduce che il magistrato di sorveglianza non poteva provvedere de plano in materia in cui erano in gioco diritti soggettivi.
Con il secondo motivo deduce che la decisione del magistrato di sorveglianza è stata scritta a mano in calce al reclamo del detenuto, il che la rende non intellegibile.
Con il terzo motivo deduce che sul medesimo oggetto sono già stati celebrati procedimenti innanzi al Tribunale di sorveglianza ma questo non è ostativo all’accoglimento anche di questa nuova richiesta, perché il bollilatte e la pentola da 24 cm oggetto dell’istanza si sono resi necessari perché il condannato è risultato, successivamente alle precedenti istanze, allergico al nichel.
Decisione della Corte di cassazione
Il ricorso è fondato.
Il magistrato di sorveglianza ha respinto il reclamo ritenendo che sulle doglianze del detenuto si fossero pronunciate già due precedenti ordinanze del Tribunale, di cui ha citato gli estremi.
Non ha tuttavia indicato il contenuto delle due ordinanze, il che non consente di seguire adeguatamente il percorso logico del provvedimento impugnato e di comprendere, in particolare, perché esse siano state ritenute satisfattive, nonostante il ricorrente sostenesse, invece, di non essere per niente soddisfatto, e nonostante il difensore del detenuto avesse integrato il reclamo con la memoria del 10 gennaio 2025 in cui specificava che l’oggetto del precedente reclamo doveva ritenersi ancora attuale.
Il tipo di dispositivo del provvedimento impugnato (“rigetta il reclamo”), peraltro, sembra anche non coerente con il riferimento alle due precedenti ordinanze che avrebbero già deciso la questione, contenuto unico della motivazione del provvedimento impugnato, perché la valutazione del reclamo quale istanza meramente reiterativa avrebbe giustificato, invece, un non luogo a provvedere in ragione del ne bis in idem o per la insussistenza di ulteriori spazi di reclamo giurisdizionale di cui all’art. 35-bis ord. pen.
In definitiva, dalla sintetica motivazione del provvedimento impugnato non si riesce a comprendere se il magistrato ha ritenuto che il reclamo del detenuto fosse sussumibile nel reclamo generico di cui all’art. 35 ord. pen., come sembra opinare il Tribunale di sorveglianza nel momento in cui trasmette gli atti in Corte di cassazione riqualificando il reclamo proposto dal difensore, o se ha ritenuto che si trattasse di un reclamo giurisdizionale per il quale non vi era un interesse attuale alla decisione essendo stato già accolto un precedente reclamo avente il medesimo contenuto.
Di conseguenza, non si riesce a comprendere neanche con quale rito avrebbe dovuto essere trattato l’esame del reclamo dal magistrato e dal Tribunale.
Il decreto impugnato deve, pertanto, essere annullato, attesa la mancanza di una motivazione che permetta di comprendere il percorso logico seguito dal giudicante, con rinvio per nuovo esame.
