Cassazione penale, Sez. 4^, sentenza n. 16382/2025, udienza del 23 aprile 2025, propone una summa del percorso dimostrativo richiesto al ricorrente che eccepisca l’inutilizzabilità dei risultati di attività di intercettazione.
La consolidata giurisprudenza di legittimità, in tema di risultati delle intercettazioni, ha avuto modo di chiarire che l’inutilizzabilità è la sanzione che colpisce la conversazione, non il decreto.
Dunque, l’eccezione di inutilizzabilità formulata in ricorso è generica, proprio perché non indica quali sarebbero le intercettazioni affette dal vizio.
Si tratta di indicazione necessaria, in quanto l’inutilizzabilità può riguardare le singole intercettazioni e, nell’ipotesi qui ricorrente, in cui i gravi indizi si fondano su plurime intercettazioni, non è logicamente possibile procedere alla necessaria c.d. prova di resistenza.
Secondo il costante orientamento della giurisprudenza, nell’ipotesi in cui con il ricorso per cassazione si lamenti l’inutilizzabilità di un elemento a carico, il motivo di impugnazione deve illustrare, a pena di inammissibilità per aspecificità, l’incidenza dell’eventuale eliminazione del predetto elemento ai fini della cosiddetta «prova di resistenza», in quanto gli elementi di prova acquisiti illegittimamente diventano irrilevanti ed ininfluenti se, nonostante la loro espunzione, le residue risultanze risultino sufficienti a giustificare l’identico convincimento (Sez. 6, n, 18764 del 05/02/2014, Rv. 259452; Sez. 3, n. 3207 del 2 ottobre 2014, dep. 2015, Rv. 262011-01; nello stesso senso Sez. 5, n. 31823 del 6 ottobre 2020, Rv, 279829-01, sulla prova introdotta ai sensi dell’art. 507, cod. proc. pen.).
I motivi sono inammissibili anche per il difetto del requisito della specificità riguardo all’assenza di adeguata critica alle ragioni addotte dal Tribunale del riesame per disattendere le eccezioni di inutilizzabilità riproposte in sede di legittimità.
I motivi si sono infatti limitati a riprodurre le doglianze fatte valere in sede di riesame, giustapponendovi le motivazioni addotte nell’ordinanza del riesame per disattendere le stesse doglianze, e poi affermando che si tratterebbe di ragioni prive di specificità.
Tuttavia, i motivi di ricorso per cassazione sono inammissibili quando difettino della necessaria correlazione con le ragioni, di fatto o di diritto, poste a fondamento del provvedimento impugnato (Sez. 5, n. 28011 del 15 febbraio 2013, Rv. 255568).
L’atto di impugnazione non può infatti ignorare le ragioni dei provvedimento censurato (così in motivazione Sez. un., n. 8825 del 27 ottobre 2016, Galtelli, Rv. 268822.) in quanto la funzione tipica dell’impugnazione è quella della critica argomentata avverso il provvedimento cui si riferisce che si realizza attraverso la presentazione di motivi che, a pena di inammissibilità (artt. 581 e 591 cod. proc. pen.), debbono indicare specificamente le ragioni di diritto e gli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta.
Contenuto essenziale dell’atto di impugnazione è indefettibilmente il confronto puntuale, cioè con specifica indicazione delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che fondano il dissenso, con le argomentazioni dei provvedimento il cui dispositivo si contesta.
I motivi non sono neanche rispettosi dei parametri di autosufficienza richiesti.
In tema di intercettazioni, qualora in sede di legittimità venga eccepita l’inutilizzabilità dei relativi risultati, è onere della parte, a pena di inammissibilità del motivo per genericità. indicare specificamente l’atto che si ritiene affetto dal vizio denunciato, cui si accompagna l’ulteriore onere di curare la produzione dell’atto e delle risultanze documentali addotte a fondamento del vizio processuale, curando che l’atto sia effettivamente acquisito al fascicolo o provvedendo a produrlo in copia (Sez. 4, n, 18335 de! 28/06/2017, dep. 2018, Rv. 273261; Sez. 4, n. 2394 del 13/12/2011a dep. 2012, Rv. 251751, per cui il ricorso per cassazione per violazione delle regole di cui agli artt. 267 e 268, commi primo e terzo, cod. proc. pen, deve essere accompagnato, a pena di inammissibilità per genericità, dalla integrale produzione degli atti asseritamente affetti dai vizi denunciati.
Ciò non è avvenuto nel caso di specie. Il ricorrente, che ha calato nell’esposizione dei motivi ampi stralci selezionati dei contenuti della memoria difensiva prodotta dinanzi al tribunale del riesame, al cui interno sono pure riprodotte taluni brani delle conversazioni intercettate, non ha invece adempiuto all’onere principale di allegazione dei decreti di cui lamenta il vizio di motivazione, con ciò rendendo impossibile, anche per questo aspetto il vaglio di legittimità sull’adeguatezza della motivazione.
È appena il caso di ricordare che tale ultimo aspetto di inammissibilità delle doglianze in esame non è sanato dal deposito della documentazione allegata alla memoria del 15 aprile 2025.
Ciò in quanto, per consolidata e condivisa giurisprudenza, nel giudizio di legittimità, il quale anche nella materia cautelare non ammette la produzione di prove nuove, possono essere prodotti esclusivamente i documenti che l’interessato non sia stato in grado di esibire in precedenza (Sez. 2, n. 42052 del 19/06/2019, Rv. 277609 – 01).
Note di commento
La decisione annotata si conforma ad indirizzi interpretativi più che consolidati ed è radicalmente priva di innovatività.
Continua comunque a colpire quanto sia stato reso arduo il percorso dimostrativo richiesto al ricorrente che eccepisca l’inutilizzabilità dei risultati di una sequenza di intercettazioni e contesti l’uso che ne ha fatto il giudice che ha emesso il provvedimento impugnato.
L’attuale giurisprudenza di legittimità impone plurimi oneri così riassumibili:
- indicazione specifica delle conversazioni o comunicazioni che si assumono inutilizzabili, tanto più indispensabile se, come nel caso in esame, inserite in un contesto nel quale è stata attribuita gravità indiziaria fondata su un complesso di elementi conosciti tratti da intercettazioni;
- superamento della cosiddetta “prova di resistenza”, da intendersi come la dimostrazione dell’incidenza decisiva che le conversazioni o comunicazioni inutilizzabili avrebbero sul complesso indiziario:
- requisito della specificità, da intendersi come confronto critico dei motivi di ricorso con le ragioni addotte dal giudice a giustificazione del rigetto dell’eccezione di inutilizzabilità, essendo insufficiente la mera riproposizione delle stesse censure che questi ha respinto;
- autosufficienza del ricorso, da intendersi come l’onere, posto a carico di chi eccepisce l’inutilizzabilità di un atto, non solo di indicarlo specificamente ma anche di produrre copia integrale dello stesso unitamente a tutte le ulteriori “risultanze documentali” addotte a fondamento dell’asserito vizio;
- inammissibilità della produzione successiva degli atti necessari a soddisfare il requisito dell’autosufficienza, essendo precluso il recupero in extremis della documentazione che il ricorrente avrebbe potuto già produrre all’atto del deposito del ricorso.
Un cocktail variopinto che miscela fino a renderli indistinguibili oneri di fonte normativa (la specificità) e “pretese” di fonte giurisprudenziale (la prova di resistenza e l’autosufficienza), il cui effetto è spingere fino ai confini della diabolicità la dimostrazione richiesta al ricorrente.
